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Nuovo Codice deontologico Medico. Spinsanti: “Tanta ombra sotto il sole?”


Quale deve essere la relazione di un buon medico nei confronti del malato? Opportunamente il nuovo Codice ha enfatizzato il principio di scelte fatte dal medico in “scienza e coscienza”. E l’autonomia del paziente? Il commento del direttore dell'Istituto Giano per le Medical Humanities in un editoriale pubblicato sul sito internet dell’Aifa

13 GIU - Finalmente un po’ di ordine! In nome e per conto della Federazione italiana degli Ordini dei Medici. E’ stato pubblicato, infatti, il nuovo Codice deontologico dei medici italiani (18 maggio 2014), che porta chiarezza nelle regole che sovrintendono al comportamento dei medici. La confusione era stata creata dalla versione precedente del Codice, datata 2006. Ora prevale la chiarezza. A cominciare dalla questione centrale: quale deve essere la relazione di un buon medico nei confronti del malato? In base a quali criteri deve prendere le decisioni cliniche?

Rispetto alla linearità dell’etica medica tradizionale (il medico deve tendere a procurare al paziente ciò che lui, come professionista accreditato, sa essere il suo bene; alias: deve decidere per il paziente “in scienza e coscienza”), erano intervenute complicazioni. Il Codice del 2006 affermava che il buon medico (nel senso della qualità professionale: art. 6) doveva confrontare le sue decisioni con tre criteri: l’efficacia delle cure, l’autonomia del paziente e l’uso appropriato delle risorse. Si può supporre che gli estensori del Codice fossero stati influenzati dalla Carta della professionalità medica, redatta nel 2002 per conto dell’European Federation of Internal Medicine e dell’American College of Physicians. L’intento della Carta era quello di delineare il profilo del nuovo medico, all’alba del XXI secolo. Veniva esplicato, appunto, che ai nostri giorni il criterio unico della “scienza e coscienza” non basta più; oggi per fare buona medicina il medico deve fornire cure efficaci (principio etico di “beneficità”, ovvero ricerca del bene del paziente), rispettare il malato come persona autonoma  (principio di autonomia) e garantire a tutti i cittadini equa opportunità di trattamento (principio di giustizia).

Superfluo dire quanto questa impostazione fosse confondente ed estranea alla tradizione etica di casa nostra. Opportunamente, quindi, il nuovo Codice ha lasciato cadere il secondo criterio, quello del rispetto dell’autonomia del malato, ed ha enfatizzato il primo: “Il medico fonda l’esercizio delle proprie competenze tecnico-professionali sui principi di efficacia e di appropriatezza, aggiornandoli alle conoscenze scientifiche disponibili e mediante una costante verifica e revisione dei propri atti”. Dunque, sempre e ancor più “scienza e coscienza”!

Il terzo criterio è ancora presente mediante un monito all’”uso ottimale delle risorse”. Ma si sa: chi decide in questo ambito non è il medico, ma coloro che hanno  in mano le leve del budget e possono stabilire quali tagli debbano essere introdotti… Ad ogni buon conto, l’art. 6, dedicato alla “qualità professionale”, introduce un’aggiunta rispetto alla versione del 2006 sotto forma di un’esortazione all’“umanizzazione dei servizi sanitari”. Non che si pensi che i medici italiani aspirano a modellarsi sul Dottor House…

Tutto chiaro, dunque, con la cancellazione del criterio dell’autonomia del paziente dal nuovo Codice. Rimane solo un piccolo problema. Il volume edito dalla Fnomceo: Centenario dell’istituzione degli Ordini dei Medici (1910 – 2010) in numerosi contributi dava per avvenuto il cambio di paradigma nell’etica professionale dei medici. Riconosceva l’autonomia di chi ricorre alle cure; parlava di cittadini (con implicito richiamo ai diritti, evocati da questa parola) e non solo di “persone assistite”.  Se i medici italiani hanno fatto marcia indietro, verso la priorità del criterio di “scienza e coscienza”, bisognerà riscrivere quel volume.

Ma non sembra un problema insolubile.

Anche se si tratta di remare controcorrente rispetto alla direzione presa dalla medicina nel resto del mondo nella transizione dal XX al XXI secolo, abbiamo fiducia in coloro che hanno il mano il timone: non si lasceranno tentare dalle sirene del liberalismo. E noi cittadini - o piuttosto: noi “persone assistite” - potremo fiduciosamente affidarci ai medici, che hanno a cuore il nostro miglior interesse.

Sandro Spinsanti
Direttore Istituto Giano per le Medical Humanities



Fonte: Editoriali Aifa, 13 giugno 2014

13 giugno 2014
© Riproduzione riservata

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