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Riforma Pa. Sul pensionamento i dirigenti medici non sono tutti uguali

di Carlo Palermo

Il Dl 90/14 prevedendo il pensionamento forzato dei direttori delle strutture complesse ospedaliere, ma non di quelle universitarie, dimostra una scarsa attenzione alle conseguenze a breve e medio termine sulla perdita di importanti competenze professionali nelle Ao. Un'iniquità tollerata dalle Regioni

14 LUG - Dopo il decreto legislativo 517/1999 si è lentamente ma inesorabilmente determinata nelle Aziende Ospedaliero- Universitarie una grave asimmetria di potere che, giustificata con l’inscindibilità fra assistenza, didattica e ricerca, le sta trasformando in Policlinici a gestione universitaria, fermo restanti gli oneri di finanziamento a carico dei vari Servizi Sanitari Regionali.
 
Le modifiche strutturali e organizzative che hanno investito il Ssn sono state tali che, di fatto, in molte realtà, i posti letto assegnati alle strutture a direzione universitaria arrivano ad includere tutti, o quasi, quelli dell’Azienda Mista. Inoltre, con la riduzione delle Uu.Oo. a direzione ospedaliera avviata negli ultimi anni all’insegna della lotta ai doppioni, ovviamente sempre e soltanto strutture ospedaliere, e lucrando su un differenziale di età di quiescenza di 5 anni, che le Regioni intendono mantenere, il Direttore generale dell’Azienda mista si troverà a governare, in un futuro più o meno prossimo, un sistema che vedrà nei posti apicali di strutture e dipartimenti solo medici universitari. La manovalanza agli specialisti in formazione ed ai Medici dipendenti del Ssn.
 
Curiosamente, anche in tempi di politiche fortemente indirizzate verso la trasparenza e l’accountability dell’apparato statale, a nessuno viene in mente di porre attenzione sul grande conflitto d’interesse che grava sull’Universitàrelativamente alla governance delle Aziende miste.
Il Rettore dell’Università eletto dal personale universitario, e quindi anche dai medici universitari, partecipa alla designazione del Direttore generale dell’azienda mista. I medici universitari hanno, quindi, notevole influenza nella scelta di chi li dovrà governare, e valutare, e anche sul fatto che questi mantenga il suo ruolo. Di fatto esercitano un controllo su chi a sua volta controlla il controllore generale.
 
Il caso paradigmatico è rappresentato dalle procedure di nomina dei Direttori di struttura complessa. Nel caso si debba scegliere un Direttore di una struttura complessa a direzione ospedaliera vi è l’obbligo di applicare una normativa para concorsuale volta a garantire una scelta motivata sulle capacità clinica e gestionale del responsabile della struttura. Nel caso si debba nominare il Direttore di una struttura complessa universitaria, è il Rettore che, sic et simpliciter, lo indica al Direttore generale dell’Azienda mista che provvede a nominarlo, senza nemmeno una verifica del curriculum professionale. L’ipocrisia del rapporto fiduciario che le Regioni hanno protetto alla stregua di un valore indisponibile nei confronti degli ospedalieri, fino a provocare un grave conflitto con il Parlamento, non ha mai trovato spazio in questo ambito. Tutto questo non sarebbe rilevante se non fosse che queste strutture erogano prestazioni assistenziali per il Ssn.
 
È quindi evidente che le strutture a direzione universitaria delle Aziende miste non sono direttamente governate dal Ssn, pur essendo l’ente pagatore, avendo questo sempre come interfaccia, nell’attribuzione, nella rimozione e nella valutazione del personale universitario, il Rettore. Non è un caso se ogni tanto, nelle leggi finanziarie spuntino finanziamenti aggiuntivi per vari Policlinici universitari, tra le lacrime e sangue riservate ai comuni mortali. E non è un caso se l’aziendalizzazione, dal 1999 ad oggi, sia stata fatta valere solo sulla componente ospedaliera delle Aziende miste.
 
Questo quadro è destinato ad aggravarsi per le disposizioni del decreto legge 90/2014 sulla semplificazione e trasparenza della Pubblica Amministrazione che, prevedendo il pensionamento forzato dei direttori delle strutture complesse ospedaliere, ma non universitarie, dimostra una scarsa attenzione alle conseguenze a breve e medio termine sulla perdita di importanti competenze professionali. Ma questo non preoccupa “le Regioni” che intendono aggiungere la ulteriore riduzione della età di quiescenza dei solo medici ospedalieri, ma non di quelli convenzionati o universitari, disinteressandosi del conseguente impoverimento professionale della sanità pubblica e del trasferimento di saperi ed abilità a vantaggio della sanità privata.
 
In tutte le Regioni, di qualunque colore politico, l’Università si comporta, ed è autorizzata a comportarsi, come variabile indipendente del sistema sanitario, sostanzialmente al riparo da tagli ed estranea ad ogni progetto di riorganizzazione, priva di limiti e di obblighi sociali. Subordinando le necessità assistenziali a quelle didattiche, vere o presunte, i ruoli istituzionali sono stati confusi e sovrapposti, sotto la pressione di un mondo che si assegna una alterità assoluta, nella quale intravede il solo modo di sopravvivere, che si ritiene e vuole essere "a parte", sciolto da ogni legge, ordine, regole confidando nel pensiero debole della politica. Che in maniera latente o manifesta si dichiara impotente nei suoi confronti. “Le Regioni” non sono spettatori innocenti ma coautori di uno stato di cose iniquo, costoso, inefficiente e fonte di sprechi culturali ed economici.
 
Eppure nella narrazione di Matteo Renzi non sono mancate critiche al potere intoccabile delle "baronie" universitarie. Non è ancora arrivato il momento di cambiare verso anche nel fondamentale settore della formazione dei medici e del governo delle Aziende Ospedaliero - Universitarie, incominciando a riflettere sulle ricadute negative di comportamenti amministrativi e di determinate proposte di legge in questo complesso mondo?
 
Carlo Palermo
Vice Segretario Nazionale Vicario ANAAO ASSOMED

14 luglio 2014
© Riproduzione riservata

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