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Comma 566. Cosa potrebbe cambiare con l’apertura del ministro alla concertazione

di Ivan Cavicchi

Nonostante non posso che guardare con favore a questa apertura esplicita del ministro Lorenzin, resto dubbioso sugli esiti finali. O la concertazione, se si farà, sarà una intesa banale che non cambierà sostanzialmente nulla dello stato delle cose e che tutti si venderanno come una grande vittoria. O il comma 566 sarà dimenticato perché come certi “nei” non vale la pena di sfrugugliare dal momento che potrebbero degenerare

18 MAG - Le interviste di QS sono scrabble cioè appalesanti come quel gioco nel quale si compone una parola di senso compiuto con delle lettere estratte a sorte.

Due le interviste scrabble più recenti quella:
• alla vice presidente della commissione Igiene Sanità del senato la senatrice Rizzotto che in “opposizione” (è il caso di dire) alla presidente PD della stessa commissione, l’onorevole De Biasi, dice no all’ universalismo selettivo.
• alla ministra Lorenzin nella quale, a parte il suo ingiustificato ottimismo su patto per la salute, finanziamenti del fsn e ticket, per la prima volta prende posizione sul comma 566 parlando di concertazione ma inclusiva anche dei medici.

Con la prima, e ne sono molto compiaciuto, siamo come nel romanzo fantascientifico di Christopher Priest “Inverted World” (mondo alla rovescia) dove ad appalesarsi è uno scambio tra ciò che tradizionalmente era una linea contro l’universalismo ben rappresentata dal libro bianco di Sacconi e ciò che tradizionalmente era una linea di difesa dell’universalismo tout court del Pd. Con la seconda siamo in pieno Leopardi: "Passata è la tempesta...odo augelli far festa, e la gallina....tornata in su la via...che ripete il suo verso...”.

Sul comma 566 la tempesta è passata, almeno per ora, perché l’istituzione pubblica:
• ha recuperato finalmente la terzietà perduta, cioè la ministra in prima persona si propone rispetto al consociativismo PD (vero padre degenere del comma 566) questa volta in modo politically correct;
• non cita, e quindi si può dedurre, non dà affatto per scontata la bozza di accordo di aprile 2014 sulle competenze avanzate;
• ha interpretando finalmente il comma 566 non più come una conventio ad escludendum a danno dei medici ma questa volta come un negoziato per migliorare l’intero sistema delle professioni. Quindi viva la coevoluzione.

Ma con la quiete dopo la tempesta, come dice Leopardi: “...il carro stride... del passegger che il suo cammino ripiglia”.
Con la “quiete”, che a dir il vero ora mi sembra immobilità, acquista particolare significato la sentenza del Tar del Lazio, regione ormai diventata terra di discordia tra infermieri e medici, che ha bocciato la delibera che affidava ai dirigenti delle professioni sanitarie la direzione dell’attività assistenziale. La sentenza stabilisce che “clinica e assistenza non possono essere separate” (QS 15 maggio 2015). Vi ricordate quando su questo giornale scrivevo che il rischio del comma 566 era quello di segare “a metà i malati” (QS 4 gennaio 2015)?
 
Questa sentenza, al di la delle obiezioni “tecniche” dell’Ipasvi di Roma, ha un solo rilevante significato politico: senza un accordo nazionale tra professioni il conflitto anche legale tra di loro potrebbe espandersi a macchia d’olio, soprattutto causato dalle aporie giuridiche, non solo politiche, del comma 566. Una sentenza che, neanche a farlo apposta, risponde per me ai sofismi un po' di maniera di coloro che, senza capire l’importanza politica di un accordo (senza del quale non si va da nessuna parte), hanno storto il naso quando ho proposto di definire dei confini chiari tra “governo clinico” e “gestione dell’assistenza” convinti che per l’infermiere la gestione autonoma dell’assistenza fosse troppo poco e nonostante mi sia sforzato, come ho potuto, di ridefinire l’assistenza quale “cura”.

Ora, dopo la tempesta:
• i sindacati confederali, non possono (perché nessuno li capirebbe) protestare contro il metodo della concertazione, di cui sul piano generale lamentano la soppressione, e al quale si riferisce la ministra Lorenzin;
• l’Ipasvi nazionale, ora che il PD ha capito che la spallata è “politicamente” pericolosa, non può rifiutarsi ad un confronto sugli “orti” con gli “ortolani” confinanti (QS 31 marzo 2015).

Si pone quindi la questione di come fare la concertazione. Per me è gioco facile richiamare la “tripletta” di proposte che ho pubblicato su questo giornale (QS 2 aprile7 aprile9 aprile 2015) e che, nell’indifferenza generale (solo Cassi/Cimo e Bottega Nursind, Mauro Quattrone e pochi altri ne hanno compreso il valore politico), vi prego di rileggere. La “tripletta” (documento obiettivi comuni, ridefinizione confini clinica e assistenza, protocollo riorganizzazione del lavoro), ne sono consapevole, è meno facile della scorciatoia del 566, ma è pertinente con i problemi da risolvere per far coevolvere davvero tutte le professioni. Lo scoglio non è accordarsi su una redistribuzione di mansioni (nella realtà le situazioni concrete sulle quali agire sono chiare), ma è riformare il modo di cooperare delle professioni tra di loro e quindi le attuali organizzazioni del lavoro concepite per divisioni che si sommano in insiemi e non per relazioni che si integrano in sistemi.

Il comma 566 ragiona per mansioni a organizzazioni invarianti perché chi lo ha voluto non ha idea di cosa voglia dire riformare il lavoro. Redistribuire qualche mansione a organizzazione invariante serve solo alla propaganda dell’Ipasvi, che da anni è senza risultati, ma non agli infermieri che resterebbero per la maggior parte demansionati, e meno che mai ai medici la cui grave situazione di crisi anche se mollano qualcosa non cambierebbe più di tanto. Quindi il difficile è passare da un modo di cooperare tayloristico basato su compiti e mansioni ad un altro modo di cooperare interconnessionale basato sul valore dell’engagement. E’ per non aver sciolto questo nodo che la L. 42 è rimasta lettera morta e i medici oggi hanno il problema della burocratizzazione e della medicina amministrata. Per sciogliere questo nodo ci vuole una idea altra di lavoro che il comma 566 e i suoi epigoni non hanno.

Con ogni probabilità:
• o la concertazione se si farà sarà una intesa banale che non cambierà sostanzialmente nulla dello stato delle cose (il topolino partorito dalla montagna) e che tutti si venderanno come una grande vittoria;
• o il comma 566 sarà dimenticato perché come certi “nei” non vale la pena di sfrugugliare dal momento che potrebbero degenerare.

In entrambi i casi avremmo degli sconfitti:
• la faciloneria neo corporativa del Pd, cioè di tutti coloro (non pochi) che usando irresponsabilmente i loro ruoli nelle istituzioni e nel loro partito, non hanno esitato a fare una cordata e con il comma 566 a lanciare una specie Opa per scalare le competenze professionali dei medici;
• il sindacato e l’ipasvi, che non essendo riusciti ad attuare la L42 hanno pensato, meschini, di surrogare questa importante riforma con il comma 566...cioè di scambiare il nuovo con il vecchio aggiungendo qualche mansione in più;
• la Fnomceo che non solo si è rovinata la credibilità e la reputazione a causa di accordi sottobanco, ma oggi paga al suo interno un dissenso che se fossi nella Chersevani non sottovaluterei e che a parte gli ordini provinciali è amplificato da tutti i sindacati medici a partire dall’Anao, dalla Cimo, dalla Fimmg..ecc.

Una riflessione scrabble finale: “L'ordine del discorso” è una delle opere più significative di Foucault. Essa pone al centro della riflessione la questione dei rapporti tra discorso, verità e potere. ve lo aspettavate che la ministra Lorenzin intendendo “concertazione” nel suo significato autentico, facesse sparire come per magia il comma 566? Quando scrissi “il comma 566 è una schifezza, ma non va abrogato” (QS 18 febbraio 2015) disorientando qualche mio amico abrogazionista pensavo “all’ordine del discorso” e al confetto Falqui: perché abrogare ...basta la parola.. no?

Ivan Cavicchi  

18 maggio 2015
© Riproduzione riservata

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