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Coordinatori infermieristici. “La dirigenza è il nostro obiettivo finale, ma fin d’ora vogliamo un salto di livello nel comparto”. Governo, Regioni, Aran e Sindacati ne discutono in vista del contratto 

di Gennaro Barbieri

Maria Gabriella De Togni, presidente nazionale Cnc, spiega: “Ci vengono richieste sempre maggiori responsabilità che comportano competenze di natura manageriale e organizzativa. Occorrono interventi normativi ad hoc”. Gianfranco Rucco, direttore della Direzione Contrattazione presso l’Aran, sottolinea: “I contratti stabiliscono il trattamento economico e normativo, ma non possono garantire la dirigenza a nessuno”. De Filippo: “Il contratto sarà l'occasione per il rilancio della categoria”

03 MAR - I coordinatori, figura apicale della professione infermieristica, ovvero gli ex "capo sala", svolgono funzioni sempre più complesse alla luce di una realtà attraversata da radicali trasformazioni che hanno rimodellato ruoli e competenze in sanità. Nonostante la dichiarata importanza della loro attività da parte delle aziende sanitarie, si sentono tuttavia ancora sviliti sul piano giuridico, normativo ed economico. Questione che ha rappresentato il fulcro del convegno ‘Le nuove responsabilità del coordinatore nell’attuazione del Patto per la Salute. Competenze e valorizzazione’ che ha chiamato a raccolta i principali attori del sistema presso l’Auditorium del ministero della Salute di Lungotevere Ripa.

“Nella realtà odierna - ha introdotto i lavori Maria Gabriella De Togni, presidente nazionale Cnc – ai coordinatori vengono richieste sempre maggiori responsabilità che comportano competenze di natura manageriale e organizzativa. In particolare sostengono nuovi modelli dell’assistenza con il loro team professionale e operano in molteplici sedi come: dipartimenti Unità operative complesse, accorpamenti di più U.O.C (anche tre o quattro, con altrettanti direttori), Case della Salute, hospice, RSA, ospedali di comunità. In questo contesto, inoltre, troppo spesso sono oberati da pesanti incombenze in ambito amministrativo”. L’appello lanciato da De Togni è quindi finalizzato a porre rimedio tra qualità delle attività esercitate e riconoscimento della funzione.

Il coordinatore è infatti collocato nella Categoria D, dove sono inseriti i propri coordinati, e la cui declaratoria del profilo “non corrisponde assolutamente – sottolinea - alle funzioni svolte dal coordinatore: lo colloca nelle unità operative semplici quando oggi i coordinatori coordinano unità operative complesse, spesso anche U.O.C. aggregate fra loro (due, tre o quattro) con altrettanti direttori/primari a cui rispondere. Inoltre la loro posizione è revocabile a prescindere da quanto prevede il contratto creando situazioni di mortificazione professionale e demotivazione”.
Sulla base di questi elementi i coordinatori chiedono nel breve periodo “l’abrogazione della revoca dell’incarico di coordinamento che non esiste neppure per la dirigenza, se non in quella complessa, infatti chi entra nella dirigenza non torna più nel comparto” e di “attivare la progressione in categoria Ds degli incaricati di coordinamento, oggi inquadrati in categoria D”. Nel medio periodo l’obiettivo è “la collocazione in Categoria E”.

In questo contesto occorre assolutamente valorizzare le opportunità del contratto, senza fossilizzarsi sul profilo economico: questa la rotta tracciata da Massimo Garavaglia, assessore all’Economia in Lombardia e Presidente del Comitato di Settore-Sanità in Conferenza delle Regioni. “La priorità risiede in un’azione che affronti – ha osservato – i nodi dell’organizzazione e gli inquadramenti normativi. Anche perché le risorse messe a disposizione dal governo per i contratti sono davvero esigue. La posizione sempre più di primo piano assunta dalla territorialità pone i coordinatori come riferimenti oggettivi: per tutelarli realmente è necessario ristabilire un po’ di ordine, sfoltendo gli eccessi burocratici”.
 
Le responsabilità attribuite ai coordinatori assumono una valenza sempre più dirimente: ne è convinto Stefano Venturini, vice presidente nazionale Cnc. “Tutte le attività innovative adottate dalle direzioni aziendali – ha fatto notare – passano necessariamente per loro, che in molti casi si fanno carico di una mole di lavoro non codificata, come per esempio le attività legate ai nuovi modelli assistenziali oppure far rispettare le rotazioni e gli orari di lavoro alla luce della direttiva europea”.

Un modello concreto per valorizzare concretamente la figura del coordinatore potrebbe essere identificato in quello proposto in Veneto come ha illustrato Claudio Costa, Coordinatore del Gruppo Tecnico Interregionale ‘Risorse Umane’ della Conferenza delle Regioni in Commissione Salute. “Abbiamo attribuito all’infermiere una vera e propria funzione di care manager – ha spiegato – propria nell’ottica di un’efficace valorizzazione del personale. In particolare è stata accresciuta l’area di competenza gestionale. Spartiacque di questo percorso è lo scorso 23 febbraio, quando è stata approvata una delibera, ancora da pubblicare, che definisce il profilo di competenze del coordinatore afferente alle professioni sanitarie: in questo modo viene garantito uno standard di riferimento per tutte le aziende venete da adattare in seguito alle peculiarità locali. Allo stesso tempo è stato adottato un progetto di formazione ad hoc per i circa 350 coordinatori titolari di posizione organizzativa, con circa 80 ore gratuite”.

Annamaria Guarnier, Responsabile del Servizio Governance Processi assistenziali presso l’Azienda Provinciale per i Servizi sanitari di Trento, ha ricordato che “non è semplice garantire le più elementari condizioni di sicurezza in un contesto di tagli e spending. Oggi, infatti, i coordinatori devono integrare l’azione dei familiari affinché sia di supporto e non sostitutiva, tenendo costantemente ben presenti tre elementi chiave: complessità, fragilità e cronicità. Si sta quindi parlando di un vero e proprio ruolo dirigenziale abilitato a funzioni direttive, non dissimile da quello direttore dell’unità operativa”.

Un ragionamento di sistema e ad ampio respiro è stato formulato da Vito De Filippo, sottosegretario alla Salute. “Il percorso che porterà al contratto dovrebbe registrare un’impennata entro fine anno – ha valutato – Nel frattempo è necessario promuovere un grande sforzo in termini di efficacia e appropriatezza che consenta di rimuovere le difformità che attraversano la nostra penisola. La stagione contrattuale rappresenta una partita determinante, ma sarebbe importante evitare che le discussione fosse improntata soltanto sulle questioni finanziarie, anche perché il Fsn è stato aumentato di 1 mld, dopo che vari governi che ci hanno preceduto lo avevano puntualmente abbassato”.

"Il nuovo assetto della sanità che si sta costruendo nelle Regioni – ha poi aggiunto il sottosegretario - relativo alla valorizzazione delle cure primarie con una sanità sul territorio 24 ore al giorno 7 giorni alla settimana ed il nuovo assetto dell'ospedale per intensità di cura non possono che avere come protagonisti centrali e strategici proprio i coordinatori infermieristici e delle altre professioni sanitarie, ai quali compete il ruolo di registi e gestori di questo processo innovativo. Il contratto dovrà dare risposte adeguate alla valorizzazione del ruolo dei coordinatori, dando chiarezza e certezza nell'affidamento dell'incarico ai coordinatori, un preciso inquadramento normativo ed economico degli stessi coordinatori, oggi diversificato, partendo dall'esperienza positiva già attuata nelle Regioni cosiddette più avanzate, realizzando un vero e proprio inquadramento manageriale".

Il presidente della Fiaso, Francesco Ripa di Meana, ha posto l’accento sugli aspetti più controversi della questione. “Bisogna innanzitutto ricordare – ha riflettuto – che esistono ancora situazioni in cui il coordinatore preferisce operare all’ombra del primario. E’ inoltre evidente una contraddizione tra l’idea e l’applicazione pratica dei nuovi modelli nei diversi contesti: continui cambiamenti stanno generando ripetute sofferenze. La grande sfida per i coordinatori deve essere quella di comprendere che l’orizzontalità organizzativa è la nuova frontiera e quindi devono riuscire a costruire meccanismi di responsabilità orizzontale”.

Netta la presa di posizione di Adele Schirru, vice presidente dell'Ipasvi. “Occorre inserire il coordinatore in un ruolo preciso – ha affermato – Da parte mia, lo ritengo un vero e proprio dirigente. A dimostrazione di ciò il fatto che in alcune situazioni, se il coordinatore non è d’accordo, non si procede: questo significa che è un regista, un perno ineludibile del sistema. Noi stiamo ancora lottando, mentre spesso i medici diventano dirigenti di default: è una dinamica paradossale”.

Un intervento che è risuonato come un richiamo collettivo a tener presente tutti gli ingranaggi normativi del sistema: le parole di Gianfranco Rucco, direttore della Direzione Contrattazione presso l’Aran, rappresentano una bussola indispensabile per orientare tutti gli attori in gioco. “Al tavolo negoziale – ha precisato – bisogna sempre misurare le cifre e valutare le compatibilità economico-finanziarie. I contratti servono per stabilire il trattamento economico e normativo, ma non possono garantire la dirigenza a nessuno”. In merito alla questione della revocabilità “occorre tener presente che ogni incarico, per definizione, è a termine. La revoca organizzativa è infatti fisiologica ed è prevista ovunque”. Per quanto riguarda la tempistica che porterà alla chiusura del contratto “il percorso è ancora da scrivere, ma la prossima settimana dovrebbe andare in porto la composizione dei comparti”.Rucco ha poi assicurato che “non c’è preclusione aprioristica per la valorizzazione degli incarichi, ma bisognerà in primis valutare il contenuto degli atti di indirizzo e la sostenibilità dello scenario. Nel complesso è imprescindibile ammodernare le strumentazioni contrattuali”.

L’importanza di effettuare una riflessione sul contratto inteso come strumento è stata indicata anche da Daniela Volpato, segretario nazionale Cisl. “In caso contrario si rischia – ha avvertito – un vuoto regolatorio rispetto allo sviluppo delle competenze. Il contratto è infatti lo strumento principale del governo dei servizi alla salute. La questione delle risorse per i contratti è da inserire nel Def, non può slittare alla prossima Stabilità”.
 
La questione delle cifre è nodale per Maria Vittoria Gobbo, segretario nazionale Uil Fpl. “In Italia il Fsn in proporzione al Pil è del 2% più basso rispetto alla maggior parte degli altri Paesi europei: questa parte in meno si scarica tutta sul personale, a causa del blocco dei contratti e del turn over. Persistono, invece, gli sprechi”. Per quanto concerne la revoca “la legge la prevede soltanto in caso di valutazione negativa e di soppressione dell’incarico. La revocabilità generica è, invece, deleteria per il clima organizzativo che si respira in azienda. Auspico, oltre a uno sblocco dello stallo per i contratti, anche una ripresa di investimenti a beneficio del personale”.

Per Giovanni Recchia, segretario nazionale Fials, la priorità è “potenziare le funzioni di coordinamento delle risorse umane per razionalizzare i processi organizzativi. In questo contesto – ha osservato – il medico non può più essere l’unico leader con responsabilità sugli operatori. E’ quindi nodale la funzione manageriale dei coordinatori che siano appunto dotati di una formazione specifica a livello di management. La loro durata non deve però essere misurata sulla base di un termine di fine incarico, ma in relazione alla verifica degli obiettivi raggiunti”.

E’ quindi non più procrastinabile uno sviluppo di carriera aperto alla dirigenza che riguardi anche gli operatori: non ha dubbi Adamo Bonazzi, segretario generale Fsi. “Ad alcune professioni sanitarie è precluso ogni iter di avanzamento dirigenziale e restano loro riservati soltanto infimi pertugi – ha evidenziato – Nel complesso però il problema è di natura giuridica, prima che contrattuale. Emerge poi il problema di definire un accordo sui comparti, soprattutto a causa del numero eccessivo di pastoie legislative”.

“L’attività burocratica sta comprimendo sempre di più il lavoro nella gestione degli esiti – è l’allarme lanciato da Andrea Bottega, segretario nazionale Nursind – Viviamo in una fase in cui gli accorpamenti delle unità operative hanno generato numerose difficoltà di carattere organizzativo e professionale. La figura del coordinatore è sempre più decisiva per la risoluzione di questi problemi. Ci sono però due nodi da sciogliere: bisogna chiarire le modalità di affidamento dell’incarico di coordinatore e il trattamento economico, che deve necessariamente essere diverso”.
 
Per Cesare Choffer, consigliere referente del Nursing Up per la P.A. di Trento, “non è più sufficiente il concetto di coordinamento, occorre invece parlare di funzioni direttive e dirigenziali. Siamo, inoltre, l’unico caso in cui dopo la valutazione veniamo retrocessi. Il contratto dovrà sanare questa contraddizione”.

Bilancio e conclusioni dei complessi nodi sul tappeto sono stati affidati a Saverio Proia, consulente per le relazioni sindacali del Sottosegretario De Filippo. “Nel passato sono stati commessi vari errori nel corso della contrattazione – ha ammesso – Oggi però Governo e Regioni hanno messo in moto innovazioni senza precedenti e trasformazioni epocali nel settore della sanità. E’ infatti in atto un cambiamento dell’organizzazione del lavoro come in nessun altra pubblica amministrazione”. Per quanto concerne la questione dell’inquadramento dei coordinatori “è necessaria una risposta normativa certa e stabile, che sia graduata nel tempo”. In relazione alla revocabilità, ha concluso, “potrebbe essere utile una circolare ministeriale che chiarisca gli aspetti dirimenti”.
 
Gennaro Barbieri

03 marzo 2016
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