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Pensioni. Per i medici il futuro è già iniziato. Ma vogliono scriverselo da soli

di Eva Antoniotti

Cosa è venuto fuori dai due giorni di discussione serrata convocati a Roma dall’Enpam? Al centro del dibattito una super riforma della previdenza di medici e odontoiatri che investe tutto l’Ente, nel segno di una convinta autosufficienza professionale

07 NOV - Cosa è venuto fuori dai due giorni di discussione serrata convocati a Roma dall’Enpam? Al centro del dibattito una super riforma della previdenza di medici e odontoiatri che investe tutto l’Ente: la sua struttura di rappresentanza, la gestione del patrimonio e, soprattutto, le regole pensionistiche. Una super riforma che era la base della piattaforma sulla quale nel 2010 sono stati rinnovati i vertici della Fondazione, con l’obiettivo di superare alcune opacità nella gestione e rispondere ad una difficoltà dei bilanci prodotta dal combinato disposto fatto di regole nuove imposte dallo Stato (spostamento da 15 a 30 anni della copertura introdotta con la Finanziaria 2007), crisi economico finanziaria globale, crescita della speranza di vita.
Le linee di riforma che emergono da questi Stati Generali si riassumono in una parola: solo medici. Anzi, più precisamente: medici e odontoiatri, visto che la professione ormai si articola in questo modo, ma l’idea è comunque quella di un rafforzamento della centralità professionale.
Tra le possibili modifiche dello Statuto quella respinta più nettamente è stata infatti proprio l’ipotesi di allargare la Cassa ad altre categorie sanitarie. Un’ipotesi che rispondeva anche alle richieste di accorpamento avanzate da parte pubblica, ma che non ha riscosso quasi nessuna adesione. L’Enpam è dei medici, e così resta.
 
Centralità professionale anche nella gestione del patrimonio, in quella nuova “asset allocation strategica” che dovrebbe mettere al sicuro dalle tempeste finanziarie il cospicuo “gruzzolo” accantonato. Prestigiosissimi i consulenti interpellati per disegnare procedure e strategie, a cominciare da Mario Monti, ma con una forte sottolineatura della volontà di avere un CdA “professionale”, cioè costituito quasi esclusivamente da medici. Saranno le esperienze non proprio positive del passato, ma i medici vogliono decidere da soli dei propri investimenti: gli esperti, interni ed esterni, sono necessari, ma l’intenzione è lasciarli fuori dalla porta del CdA.
E sulle pensioni, la sottolineatura è sulla necessità che nell’Ente continuino ad esserci tutti i medici, senza incrinare l’unità della categoria. Anzi rafforzandola, prestando sempre più attenzione ai giovani colleghi, con la consapevolezza crescente che occuparsi dei giovani non è un atto di generosità: tutelare i loro redditi, non abbandonarli alle “modernizzazioni” selvagge, è l’unica strada per proteggere le proprie pensioni. E per farlo al meglio, conviene restare tutti insieme, compresi i medici dipendenti, che hanno altrove le proprie vere pensioni, ma che dall’Enpam possono comunque avere qualche vantaggio, a cominciare dalle micro aliquote contributive (2%, a fronte del 33% che pagherebbero altrove) sulle attività di libera professione intramoenia.
Basterà questo orgoglio medico (e odontoiatrico) a far digerire l’innalzamento dell’età di pensione, l’incremento delle aliquote contributive e la riduzione dei rendimenti che si dovranno introdurre, sia pure con misure diverse, un po’ per tutti, medici di medicina generale, specialisti ambulatoriali e liberi professionisti? Probabilmente sì, anche perché fuori la situazione sembra ancora più grave.
 
Eva Antoniotti
 

07 novembre 2011
© Riproduzione riservata

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