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Cassazione. Se il medico prende soldi per prescrivere farmaci è corruzione


Non solo "comparaggio" ma vera e propria "corruzione in atti d'ufficio". Questo il verdetto della Cassazione sul caso di alcuni medici che  percepivano denaro (all'epoca dei fatti 2-3 mila lira a pezzo) da alcune case farmaceutiche per ogni farmaco prescritto. Ecco la sentenza.

18 GEN - Il medico convenzionato con la Asl che prescrive i farmaci segnalati dai rappresentanti farmaceutici dietro compenso di denaro risponde del reato di corruzione. Lo stabilisce la sentenza n.1207/2012 della Corte di Cassazione rigettando la tesi del collegio difensivo, che sosteneva invece che si fosse in presenza della più lieve fattispecie contravvenzionale di cui articolo 123 del d.lgs 219/2006, ovvero “Concessione o promessa di premi o vantaggi pecuniari o in natura”.

Ecco i fatti. Nel 2007  il Tribunale di Pisa dichiarava responsabili del delitto di corruzione continuata quattro medici per avere, nella loro qualità di medici convenzionati con il Ssn, prescritto ai pazienti farmaci segnalati da promotori di ditte farmaceutiche dietro compenso di somme di denaro pari (all'epoca dei fatti contestati) a circa 2-3 mila lire per ogni singolo pezzo prescritto.
Impugnata la sentenza, la Corte di appello di Firenze, ritenuto configurabile per tutti i fatti il delitto di corruzione di atti di ufficio, dichiarava comunque la prescrizione dei reati confermando però la condanna al risarcimento dei danni in favore delle parti civili.
 
I medici ricorrono per Cassazione e i legali della difesa sostengono che la condotta dei loro assistiti sia penalmente irrilevante da sussumere al più nella fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 123 d. lgsl. 24 aprile 2006, n. 219, tenuto conto anche della esiguità delle somme. Deduzione "infondata", secondo la Suprema Corte, perché "la condotta presa in esame dalla disposizione deve ritenersi "prodromica" rispetto a quella denominata di comparaggio (...), dato che in questa è contenuto l'ulteriore elemento dello scopo dell'agente di «agevolare la diffusione di specialità medicinali»; sicché (...) il rapporto tra le due fattispecie si configura secondo lo schema del c.d. reato necessariamente progressivo, che rende applicabile solo la fattispecie più ampia".
 
"In rapporto alla fattispecie di corruzione impropria ravvisata dalla Corte di appello - continua la Cassazione - va considerato, in primo luogo, che quella di comparaggio, prevede che "se il fatto violi pure altre disposizioni di legge, si applicano le relative sanzioni secondo le norme sul concorso dei reati'': sicchè se la stessa condotta è inquadrabile in quella di altra fattispecie incriminatrice (nel caso, in quella della corruzione), in deroga ai principi che regolano il concorso di norme, e in particolare il principio di specialità, sono applicabili entrambe le fattispecie penali”.

Ma a prescindere da questa impostazione, secondo la Cassazione “sarebbe comunque configurabile nel caso in esame la fattispecie di corruzione, data la qualità soggettiva di pubblico ufficiale rivestita dai medici, in quanto inseriti nel Ssn, che costituisce elemento specializzante, sotto il profilo della qualità dell’agente, rispetto al reato di “comparaggio”, che ha come destinatari indifferenziatamente quanti esercitino una professione sanitaria”.

La sentenza della Corte di Appello però, secondo i giudici della Cassazione, “è gravemente carente in punto sia di conferma della responsabilità civile sia della individuazione del danno conseguente alle condotte contestate”. Per questo la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata rinviando il caso al giudice civile competente per grado di appello “il quale, esaminate approfonditamente le censure degli imputati in punto di responsabilità per le condotte loro addebitate, dovrà anche - subordinatamente all'accertamento della responsabilità civile - affrontare il punto relativo alla quantificazione dell'eventuale danno”.

 

18 gennaio 2012
© Riproduzione riservata

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