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Sindacati. Abbiamo un gatto che i topi non li prende più

di Giuseppe Imbalzano

31 OTT - Gentile Direttore,
ho letto con interesse la nota di Ivan Cavicchi, da sempre dirompente, stimolante, vivace e acuto commentatore della Sua rivista. Credo che abbia dimenticato gli altri sindacati (Fimmg- Snami - oltre ai sindacati ospedalieri di settore- veterinari- psicologi e i sindacati confederali Cisl- Cgil- Uil etc. etc.) e comunque ha dato una lettura particolare del ruolo sindacale, quando, come appare evidente, in questi anni, non sempre si è tenuto conto dei bisogni dei Cittadini e nel settore della sanità si è spostato l’obiettivo verso gli “sprechi” presunti (sino al 20% della spesa!!!!) che troppi sbandierano in modo autolesionistico con i risultati che vediamo.
 
Gli sprechi ci sono, e sono evidenti. Sprechi quantitativi e qualitativi. Modelli economici e di gestione che nessuna Azienda privata in qualsiasi Paese del terzo mondo applicherebbe, nonostante i rigorosi richiami alla meritocrazia e che riescono a creare, almeno in alcune Regioni, danni economici non indifferenti.
 
Non è compito dei sindacati organizzare le Aziende. E ancora meno modificare indirizzi economici e gestionali che non sempre hanno obiettivi di corretta spesa e risposta ad effettivi bisogni dei Cittadini. E le manifestazioni di critica e di protesta, sempre presenti, danno scarsi risultati.
 
Ma non voglio difendere i Sindacati, sapranno farlo per loro conto.
 
È la difficoltà a gestire il rapporto tra Lavoratori ed Aziende, tra Cittadini ed Aziende che è critico e senza prospettive. Purtroppo, frequentemente, chi gestisce, ha più interesse a realizzare quanto richiesto dalla politica che lo ha inserito nel sistema che garantire soluzioni e cambiamenti utili, e che appaiono persino strumenti di base, spesso ignorati, per la normale attività aziendale e, qualche volta, anche per la sicurezza della Comunità. E la contabilità analitica, utile nelle aziende da libero mercato, tende a ridurre persino l’esecuzione di prestazioni necessarie perché non convenienti.
 
E come potremmo valutare l’obbligo al pareggio di bilancio meneghino che impone alle Aziende pubbliche a non superare lo sbilancio aziendale e che comporta, per la Regione Lombardia, la copertura di un “deficit” programmato delle Aziende stesse (che viaggia oltre 1 miliardo di euro annuo- ed era di 1,5 negli anni trascorsi) che impedisce di incrementare l’attività per recuperare produttività ed efficienza, che costringe le Aziende a ridimensionare le assunzioni, ridurre i ricoveri, le prestazioni di base e le spese per i ricoveri stessi (che sono una quota minima di incremento di spesa rispetto ai costi fissi, e che potrebbero consentire di recuperare una produttività aziendale che diventa sempre più modesta per operatore impiegato).
 
E non si vuole entrare nei comportamenti di altre Regioni, con organizzazioni molto casuali (in Calabria ci sono più medici di guardia medica che in Lombardia, ma sono quisquilie). E di certo non sono i sindacati che hanno promosso questo ed altri comportamenti (il pubblico ha perso oltre il 40% dei letti mentre il privato accreditato ha incrementato, nel frattempo, i letti disponibili, in particolare in alcuni specifici, remunerativi, settori specialistici).
 
Una volta era il Sud a svolgere belle funzioni di copertura del pubblico sempre in deficit.
 
Proposte di riordino, per dare produzione ed efficienza.
In questi anni (ormai molti) sono stati ridotti i fattori di produzione (il personale in particolare- nel pubblico quasi il 10% del personale medico- almeno 30/ 40 milioni di mancate visite specialistiche potenziali/ anno, oltre ai servizi vari) incrementando l’inefficienza del sistema (personale non sempre sufficiente neanche per le attività di base o per l’urgenza) e riducendo l’accesso ai servizi (tempi di attesa incrementati- riduzione della offerta specialistica relativa a carico del SSN (comprese le strutture private accreditate)).
 
Efficientamento (non efficienza) infinito. Incremento dei controlli. Ospedali con meno letti ma costo per prestazione incrementato. Limitazione all’accesso e alla soddisfazione dei bisogni sanitari dell’utenza ben oltre i 5- 6 milioni di mancati utenti “classici” (che o mangiano o si curano) che sono già un enorme numero di persone escluse da un servizio essenziale per la propria (e altrui) salute.
 
Forse sarebbe stato più utile incrementare le prestazioni cliniche e ridurre i costi per riscaldamento, pulizie, manutenzione, ristorazione, lavanderia, appalti vari, project financing, inutili ristrutturazioni di ospedali locali indispensabili per qualche politico e migliorare tempestività e qualità dei servizi offerti, anche a domicilio.
 
Ecco, cosa si può fare per migliorare sia l’efficienza che l’efficacia del sistema?
Il diritto alla Salute va recuperato per quei 5 e più milioni di Italiani che hanno difficoltà, e nel conto totale vanno eliminati i ticket che impediscono l’accesso ai servizi diagnostici e terapeutici. Ed è base del cambiamento organizzativo l’eliminazione delle attività inutili o inappropriate che non aggiungono qualità ed efficacia ai servizi offerti, semplificando il sistema.
 
Territorio- Area negletta in questi anni di Riforma. È necessario creare una integrazione e il recupero di tutte le attività, preventive, educative, cliniche, diagnostiche ed assistenziali nei confronti del singolo e della comunità assistita. Coordinamento, programmazione e funzione comune di risposta ai Cittadini assistiti da parte di tutti i servizi che non svolgano servizi con ricovero ospedaliero, con una comunità significativa (15- 20.000 abitanti), da parte dei medici di famiglia, pediatri, specialisti, infermieri etc. associati che garantiscono un servizio H24 e relazione con l’intero sistema sanitario con un ruolo di responsabilità preventiva, clinica, assistenziale, di primo soccorso ed economica nei confronti dei propri assistiti. Si dà risposta ai bisogni diagnostico terapeutici a bassa intensità assistenziale e si riducono gli accessi inappropriati al pronto soccorso ospedaliero. Si rendono più appropriati i servizi specialistici e assistenziali domiciliari.
 
Con la creazione di un’unica entità funzionale e organizzativa territoriale si eliminano inutili (e costose) funzioni amministrative e si crea una relazione operativa diretta tra i diversi professionisti, con responsabilità clinica e di spesa, e si consente di eliminare in modo corretto prestazioni e organizzazioni del tutto inutili per il benessere dei Cittadini stessi. Le spese per attività non indispensabili vengono investite in servizi e qualità di assistenza di gran lunga più adeguata ai bisogni dei Cittadini. E le Farmacie, che devono essere coinvolte nella gestione della qualità assistenziale e di promozione della salute della Comunità assistita, ampliano il quadro dell’offerta territoriale integrata. Informatizzazione di alto profilo e relazione clinica ed educativa diretta e più intensa con i propri assistiti possono ridurre gravità e frequenza delle patologie acute e croniche.
 
Ospedale e servizi di degenza prolungata. Due livelli assistenziali, per pazienti acuti, con differenti funzioni e risposte e supporto con assistenza prolungata per pazienti che non possono essere assistiti al proprio domicilio.
 
Diversa e più corretta valutazione dei drg ospedalieri con verifica di mix e qualificazione degli interventi assistenziali (un paziente a rischio che viene dimesso, grazie alle cure e l’assistenza, senza ulcere da decubito “vale” meno di uno che viene trasferito con questa condizione invalidante e di sofferenza), età e complessità relativa della attività svolta, modalità di gestione e di soddisfazione dell’assistito, oltre a parametri di merito rispetto al risultato ottenuto.
 
Due livelli ospedalieri, con accesso “regolato” e “organizzato” che evita confusioni assistenziali e organizzative, il primo con basso medio livello assistenziale e primo soccorso locale. Il secondo ad alto e medio livello assistenziale, per acuti e gravi.
 
Considerato che il 60- 70% dei nostri ospedali ha oltre 70 anni, sarebbe ben utile ridurre, per costi e servizi, il numero degli ospedali stessi del 30% e ricondurre queste strutture ad attività e funzioni sanitarie a minore intensità di cura.
 
Anche qui i risparmi sarebbero notevoli e l’efficienza del sistema non potrebbe che migliorare, con l’acquisto di tecnologie più moderne ed efficienti da utilizzare per 12/ 14 ore al giorno, sabato e domenica compresi, attività possibili visto che il personale verrebbe concentrato negli ospedali utili e ben funzionanti.
 
Va modificato il modello finanziario e premiale e garantito il budget minimo per una assistenza adeguata in tutte le strutture di ricovero.
 
Questo modello rappresenta un mix tra l’organizzazione dipartimentale e per livelli di assistenza, ma con ospedali già orientati a tale attività e non incoerenti modelli di organizzazione funzionale privi degli organici necessari per dare risposta ai bisogni dei malati. Con questi modelli certamente l’efficienza (e l’efficacia) sarebbero incrementati e risparmi potrebbero essere utilizzati anche per i contratti del personale dipendente e convenzionato, valutato con un sistema complesso di indicatori di qualità e di soddisfazione.  
 
E forse potremmo anche investire qualcosa nella ricerca applicata e valutazione dei risultati, con uno sviluppo culturale e scientifico di alto profilo. Ma non possiamo pensare che non vengano investiti ulteriori fondi per garantire età e complicazioni relative determinate dall’invecchiamento della popolazione, oltre a settori (molto) trascurati (odontoiatria, salute mentale, prevenzione primaria, riabilitazione etc.).
 
Ma questi non sono compiti del sindacato ma di chi dirige e gestisce il sistema sanitario, pubblico e privato, a tutti i livelli.
 
Rubo una considerazione da un giornale:
“Ecco cosa c’è di sbagliato nella parola meritocrazia. Il merito non è il motore delle azioni che caratterizzano la nostra vita, è un concetto che serve come analgesico dei sistemi lavorativi e accademici malati. Nessun imprenditore o artigiano sceglierebbe la propria cugina al posto di un bravo professionista per gestire il proprio business” (Massimo Temporelli).
La saluto e La ringrazio, come sempre, con molta cordialità
 
Giuseppe Imbalzano
Medico

31 ottobre 2017
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