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Osteopatia. Adoe: “Definiamo finalmente le competenze”

di Luigi Ciullo

02 SET - Gentile direttore,
ad incentivo per il completamento dell'iter di legge che ha individuato le nuove professioni sanitarie, gli osteopati esclusivi indicano il riferimento alla legalità pedagogica come criterio per il riconoscimento dei titoli equipollenti e per la valutazione delle esperienze. Contrari a ulteriori sperequazioni contro i professionisti che svolgano solo questa attività, essi difendono con forza la tracciabilità della formazione e dei titoli di studio come premessa culturale per la gestione del rischio e per l'efficacia terapeutica.
 
La nuova Associazione Degli Osteopati Esclusivi (ADOE) sostiene senza ambiguità una definizione puntuale e incontestabile della figura professionale dell'osteopata, ovvero dell'autonomia di ruolo in virtù delle specifiche competenze. La stessa opzione appare più che mai inderogabile per garantire la sicurezza delle cure, l'inquadramento sanitario dei nuovi professionisti, ma anche per confutare legittime perplessità fornendo nuovo impulso all'iter legislativo di pertinenza.
 
A nostro avviso e in riferimento alla legge 3/2018, il momento della verità sarà rappresentato non tanto dalla definizione dei profili professionali per le medesime attività sanitarie, per altro pubblicati in molte lingue da autorevoli fonti internazionali (O.M.S. in primiis). Pensiamo, al contrario, che la fase cruciale della regolamentazione delle nuove professioni sanitarie sarà determinata dall'identificazione dei corsi di studi pertinenti e, in conseguenza, dalla verifica speculare delle competenze degli operatori il cui esercizio attuale è ancora oggi contestabile. Ovvero, la scelta essenziale che valorizzerà o meno l'istituzione di osteopatia e chiropratica in Italia sarà rappresentata dalla definizione delle modalità pedagogiche anche ai fini della verifica individuale delle competenze e del loro eventuale perfezionamento.
 
Al riguardo, non troviamo affatto singolare che i chiropratici si preoccupino di garantire in Italia lo stesso bagaglio di conoscenze che, per durata e contenuti, corrisponda a quanto previsto nel resto del mondo. Giustamente essi riferiscono le competenze acquisite con la formazione individuale alle capacità assistenziali più adeguate per assicurare efficacia e sicurezza delle prestazioni. Come dargli torto?
 
L'Associazione che rappresentiamo condivide la medesima preoccupazione, pur condividendo che l'autonomia professionale possa essere garantita anche da corsi di studi triennali, qualora completati da ulteriore formazione clinica biennale centrata sull'interdisciplinarietà sanitaria della terapia manuale osteopatica. E' vero anche che nuovi strumenti possono definire oggi le migliori prassi assistenziali e prevenire il rischio sanitario attraverso l'identificazione di linee guida proprie per ogni attività. Resta tuttavia il dato di fatto per cui, se vogliamo giungere alla migliore istituzione di osteopatia e chiropratica, occorra definire prioritariamente quantità e qualità delle rispettive formazioni , rendendo queste internazionalmente coerenti, ovvero professionalmente sicure. Infine, con modalità trasparenti e legalmente conformi, alle stesse definizioni dovrà riferirsi la selezione degli operatori da abilitarsi in prima istanza. E tale logica considerazione dovrebbe anche rassicurare le altre professioni sanitarie rispetto ai rischi di sanatorie indistinte e di sovrapposizione delle competenze.
 
Come i chiropratici, anche gli osteopati richiedono alle autorità nazionali una loro valutazione tecnico-scientifico-pedagogica in termini comparativi internazionali, la cui necessità viene spesso richiamata anche dalle altre rappresentanze sanitarie. Infatti, l'ineludibile riferimento degli osteopati esclusivi alla diagnosi medica non comporterà alcun pregiudizio sulle future relazioni interprofessionali, improntate fin d'ora al rispetto dei ruoli e alla proficua collaborazione. Nondimeno, la dignità internazionale della loro professione, l'efficacia delle cure, l'inserimento graduale ed efficiente nel sistema sanitario nazionale sono gli obiettivi che ne ispirano l'iniziativa pubblica.
 
La stessa abolizione delle sperequazioni tra prestazioni sanitarie analoghe sono un aspetto rilevante che testimonia la necessità immediata di un'accurata definizione di nuovi ruoli terapeutici, rigorosamente riferiti a competenze acquisite con modalità tracciabili e legali. Eloquente al riguardo è la recente sentenza della Corte di giustizia europea che ha riaffermato il principio della neutralità fiscale degli Stati, richiamando la necessità dell'esenzione IVA per le prestazioni di terapia manuale effettuate da chi risponde a criteri di idoneità per l'esercizio di una professione sanitaria, seppur non ancora regolamentata (chiropratici ed osteopati, nella fattispecie).
 
Tutto ciò premesso, gli osteopati esclusivi continueranno a fare la loro parte presso le autorità competenti, convinti che solo le integrazioni più qualificate nel sistema sanitario italiano potranno valorizzare gli attuali protocolli di cura e prevenzione.
 
Luigi Ciullo 
Presidente dell'Associazione Degli Osteopati Esclusivi (ADOE) 

02 settembre 2019
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