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Gli anziani e il diabete. Come gestire la malattia in un Paese che invecchia sempre di più


Due terzi dei malati hanno più di 65 anni e uno su quattro supera i 75. Dai farmaci alla coomorbilità. Quando si è in età avanzata il dibate richiede modalità di cura diverse rispetto alla popolazione più giovane. Il Rapporto "Anziani col diabete" dell’AMD.

05 DIC - Il fatto che il numero di persone diabetiche non faccia che crescere è ormai una realtà preoccupante da qualche anno. Ma la popolazione – soprattutto nei paesi occidentali – sta invecchiando progressivamente: così aumenta anche il numero di anziani con diabete. Oggi, nel nostro paese su circa 3 milioni di persone colpite da diabete di tipo 2, due terzi hanno un’età superiore ai 65 anni, con il 25% over 75. A dirlo il Rapporto “Anziani con diabete”, realizzato dall’Associazione Medici Diabetologi (AMD) con il contributo non condizionato di Novartis, nell’ambito del progetto Annali AMD. Il Rapporto analizza i dati relativi a 250 Centri di diabetologia diffusi su tutto il territorio nazionale, per un totale di quasi 415.000 persone con diabete di tipo 2. “Dobbiamo porre l’attenzione sulla cura e l’assistenza dell’anziano con diabete, ma soprattutto sulla prevenzione delle complicanze strettamente correlate alla malattia”, fanno sapere dall’organizzazione.
 
Il diabete, definito malattia del benessere, nel nostro Paese registra numeri e percentuali di incidenza sempre più preoccupanti. Quarta causa di morte a livello globale, il diabete colpisce più di 300 milioni di persone in tutto il mondo e, secondo le statistiche, questo numero è destinato ad aumentare nei prossimi 20 anni. Oltre a ridurre le aspettative di vita, il diabete è causa di serie complicanze: malattie cardiovascolari, renali, cecità, amputazioni, cardiopatia ischemica, neuropatie e retinopatia. “I dati raccolti ci forniscono una fotografia importante, e forse unica, sulla tipologia di assistenza riservata a questa particolare categoria di persone e ai loro bisogni ancora insoddisfatti”, ha detto Carlo B. Giorda, Presidente AMD e Direttore della Struttura Complessa Malattie Metaboliche e Diabetologie Asl Torino 5.
“I numeri parlano chiaro. La prevalenza del diabete ha un’impennata dopo i 65 anni. Tra i 65 e i 74 anni sale al 16,3% per arrivare al picco del 19,8% oltre i 75 anni. Sebbene il diabete sia oggi controllabile, va diagnosticato ed affrontato in tempo e soprattutto non sottovalutato in quanto, se mal curato, rappresenta un importante fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, per le infezioni, per le malattie oculari, per le malattie nervose, tutte fortemente invalidanti per la vita quotidiana e di relazione sociale della persona anziana diabetica, condizionando nel contempo anche i caregiver e i suoi familiari”, dichiara Roberto Messina, Presidente FederAnziani.
 
I dati emersi dagli Annali AMD documentano che nella popolazione anziana la qualità dell’assistenza è buona. Lo testimonia l’elevata quota di persone over 65, superiore agli under 65, che raggiunge valori di emoglobina glicata (HbA1c, il parametro che determina il grado di controllo della malattia e il cui valore normale dovrebbe essere 7% o meno) del 7-8%: 30% e 25% rispettivamente. Anche la quota di chi supera il 9%, un dato invece fortemente negativo, è migliore: 11% negli over 65, 16,5% negli under. Il processo di invecchiamento della popolazione sempre più rapido porterà nell’arco dei prossimi anni ad una crescita esponenziale delle malattie croniche e tra queste il diabete è la prima e la più temibile.
Tuttavia, emerge con chiarezza quanto sia difficile tracciare un identikit preciso dell’anziano con diabete, “mettendoci di fronte a due tipologie chiaramente identificabili: i ‘diabetici anziani’, più semplici da gestire perché hanno già ricevuto nel corso della loro malattia tutte le indicazioni sui corretti stili di vita e sulle cure da seguire e gli ‘anziani diabetici’ ossia persone che sono diventate diabetiche nella terza o quarta età, nelle quali è più difficile intervenire, migliorare lo stile di vita o cambiare abitudini radicate”, ha spiegato Maria Antonietta Pellegrini, Coordinatrice del Gruppo AMD “Diabete nell’anziano” e Dirigente Medico della SOC di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo – Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine.
 
Ma gestire in maniera efficace una persona anziana con diabete, indipendentemente dall’età di insorgenza della malattia, vuol dire anche confrontarsi con persone più fragili, che richiedono modalità di cura diverse rispetto alla popolazione più giovane e che spesso presentano altre malattie associate al diabete e un rischio più elevato di comorbilità. Gli anziani sono infatti soggetti alle comuni sindromi geriatriche come le reazioni avverse da politerapia, la depressione, il decadimento cognitivo e la demenza, i traumi da caduta, le compromissioni funzionali.
La complessità della cura di queste persone appare evidente laddove si consideri il numero dei farmaci assunti. “Il numero di farmaci aumenta all’aumentare dell’età: sopra i 65 anni oltre il 40% delle persone prende 5 o più farmaci, per il diabete e i disturbi concomitanti come pressione alta e ipercolesterolemia; e la situazione è analoga anche sopra i 75 anni”, ha continuato Pellegrini.
“La politerapia, con i rischi e le conseguenze ad essa associate, è una condizione tipica degli anziani e proprio per questo risulta difficile standardizzare obiettivi e schemi di trattamento”, ha aggiunto Giorda. “Emerge, dunque, la necessità di attuare scelte terapeutiche estremamente personalizzate, che permettano a noi medici di intervenire su ciascuno con un’associazione diversa di farmaci, in base alle caratteristiche del singolo individuo”.
 
Un altro dato particolarmente importante emerge dall’analisi dell’impiego dei farmaci. Negli anziani, farmaci tradizionali come le sulfaniluree risultano essere ancora tra i più utilizzati: mediamente nel 36% degli over 65. Questi farmaci, tuttavia, espongono a un rischio di ipoglicemia elevato e alle complicanze ad essa correlate. Per queste ragioni i trattamenti antidiabetici destinati a questa categoria di persone devono tenere conto dell’età e della loro fragilità, garantendo insieme all’efficacia un elevato profilo di tollerabilità. “Le crisi ipoglicemiche influiscono in maniera significativa sulla qualità di vita di queste persone. Non c’è dubbio, infatti, che l’introduzione delle terapie innovative, come le DPP-4, abbia portato un minor rischio di ipoglicemie e conseguentemente di disabilità”, ha spiegato il presidente AMD. “Si sospetta, per esempio, che una percentuale elevata di fratture del femore nell’anziano con diabete sia riconducibile proprio a episodi di ipoglicemia. Possiamo concludere quindi che le DPP-4, riducendo le ipoglicemie e i problemi ad esse legati, siano da ritenersi farmaci ideali per l’anziano”.

05 dicembre 2012
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