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Diabete. Se i medici sono i primi a non seguire i consigli per prevenirlo 


Più della metà dei medici diabetologi non fa i 30 minuti di attività fisica quotidiana consigliati. Quasi 1 su 2 è in sovrappeso o obeso. Questi i dati che emergono da un’indagine AMD: più della metà degli specialisti necessiterebbe di un controllo approfondito per scovare la patologia che curano nei pazienti.

01 FEB - Talvolta quella dei medici che non si prendono cura di se stessi come dicono di fare ai propri pazienti è presa come una leggenda metropolitana. Eppure, da una ricerca realizzata dall’Associazione Medici Diabetologi (AMD) tra i suoi iscritti sembrerebbe emergere che nella leggenda ci sia ben più di un fondo di verità. I medici, invitati a rispondere al questionario Diabetes Risk Score (DRS), che raccoglie informazioni circa età, familiarità per diabete, indice di massa corporea, circonferenza vita, utilizzo di farmaci per l’ipertensione arteriosa, storia anamnestica di iperglicemia, attività fisica e consumo quotidiano di verdura, hanno infatti dimostrato di essere spesso in sovrappeso e di mantenere stili di vita sbagliati, ad esempio non facendo attività fisica. Abitudini sbagliate, che li mettono a rischio di sviluppare diabete di tipo 2, e che – possiamo facilmente immaginarlo – chiedono ai loro pazienti di perdere.
 
All’indagine AMD hanno risposto 597 diabetologi (sugli oltre 2.200 associati) di entrambi i sessi, compresi in un’ampia fascia di età (23% ≤ 44 anni; 33% compresi tra 45 e 54 anni; 40% compresi tra 55 e 64 anni; 4% ≥ 65 anni). Tra questi, il 58% presenta almeno un familiare diabetico (di primo o di secondo grado), assodato fattore di rischio per lo sviluppo di diabete di tipo 2.
Dai risultati ottenuti si potrebbe forse dire che i medici diabetologi predichino bene e razzolino male: la ricerca evidenzia infatti che circa il 40% dei medici esaminati ha indice di massa corporea (BMI) compreso tra 25 e 30 (è sovrappeso), mentre l’8% è francamente obeso (BMI oltre 30).
Ma non solo. Tra le domande cui bisognava rispondere, due riguardavano espressamente lo stile di vita: “In particolare il consumo giornaliero di frutta e verdura e l’attività fisica svolta giornalmente, il cui effetto protettivo sull’incidenza del diabete tipo 2 è ormai assodato”, ha chiarito Elisa Nada, ricercatrice del team che ha eseguito l’indagine. Bene, meno della metà dei diabetologi (45%) che hanno partecipato dichiara di svolgere esercizio fisico per almeno 30 minuti al giorno; va sicuramente meglio per quanto riguarda frutta e verdura, consumata giornalmente da più del 90% degli intervistati.
 
L’analisi dei punteggi complessivi ottenuti con il questionario mostra inoltre che circa il 56% dei diabetologi ha totalizzato un valore maggiore o uguale a 9 (su una scala da 0 a 24) nel questionario DRS, che li renderebbe sicuramente meritevoli di un esame di approfondimento con il dosaggio della glicemia a digiuno. “La somministrazione del questionario unita agli esami di laboratorio permetterebbe l'identificazione della stragrande maggioranza delle persone con diabete tipo 2 e oltre il 50% di quelle con ridotta tolleranza al glucosio, una sorta di pre-diabete”, ha spiegato Lelio Morviducci, componente del team di diabetologi “inquisitori”.
 
“I risultati di questa indagine vanno letti sotto due diverse prospettive”, ha commentato Carlo B. Giorda, Presidente AMD. “Quella  autoironica che ci porta a sorridere dei nostri comportamenti, ma soprattutto a farci riflettere, come diabetologi, sull’esempio che trasmettiamo a chi si affida alle nostre mani. Quella scientifica che ci permette di confermare e affermare che il DRS - altrimenti noto come FINDRISC o Finnish Diabetes Risk Score - è un prezioso e semplice strumento di screening. I risultati emersi tra i diabetologi italiani sono infatti del tutto sovrapponibili a quelli della popolazione generale italiana. Il DRS si dimostra un questionario veloce ed economico, che non contempla nessuna determinazione di laboratorio specifica - e in ultima analisi costi - e ha il vantaggio di mostrare una buona resa nell’identificare persone a rischio di diventare diabetiche.”
                                                                                             
Un problema che potrebbe ripercuotersi anche sulla qualità della cura. “Vale la pena ricordare che molti studi hanno dimostrato che medici con sane abitudini personali sono più propensi a incoraggiare i propri assistiti ad adottare tali abitudini e risultano più credibili e più motivanti ai loro occhi”, ha poi aggiunto Titti Suraci, un altro esperto che ha seguito l’indagine. “Per questa ragione – ha concluso Vincenzo Paciotti consigliere nazionale AMD - la nostra associazione, anche facendo tesoro di questi risultati, ha dato avvio al programma di formazione ExtraSUBITO! in cui i diabetologi, già oltre 100 hanno aderito, apprendono a motivare i pazienti all’attività fisica sperimentandola prima su se stessi.”

01 febbraio 2013
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