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Epatite C. Ok dal CHMP per il trattamento orale privo di interferone di AbbVie


Il Comitato Europeo per i Prodotti Farmaceutici per Uso Umano dell’EMA ha approvato il regime terapeutico AbbVie basato su tre farmaci in una sola compressa. Nel primo trimestre 2015 si attende la decisione definitiva della Commissione Europea. L’approvazione è basata sui risultati di un ampio programma clinico che mostrano elevati tassi di eradicazione del virus 

26 NOV - Il comitato CHMP (Comitato Europeo per i Prodotti Farmaceutici per Uso Umano) dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha rilasciato pareri favorevoli al trattamento sperimentale completamente orale e privo di interferone, composto da tre farmaci in una sola compressa (ombitasvir/paritaprevir/ritonavir) e dasabuvir, con o senza ribavirina (RBV). Messo a punto dall’azienda biofarmaceutica globale AbbVie, il trattamento è indicato in pazienti con infezione cronica da virus dell’epatite C (HCV) di genotipo 1 e di genotipo 4. Si tratta di un passo importante in avanti nell’iter regolatorio per ottenere l’approvazione nell’Unione Europea: infatti, tali pareri passeranno al vaglio della Commissione Europea, la cui decisione definitiva al riguardo è attesa per il primo trimestre del 2015.
 
“I pareri favorevoli rilasciati dal comitato CHMP rappresentano un traguardo molto importante per il nostro programma di sviluppo anti-HCV, ed è il riconoscimento dell’importanza che il nostro trattamento potrà rivestire per i pazienti che in Europa si trovano a dover affrontare questa patologia cronica,”spiega il dottor Michael Severino, Executive Vice President, Research and Development e Direttore Scientifico di AbbVie. “Il nostro trattamento è stato sviluppato per ottenere tassi elevati di guarigione delle diverse tipologie di pazienti con HCV di genotipo 1 e allo stesso tempo ridurre le percentuali di pazienti costretti a interrompere il trattamento ed i casi di recidiva della malattia.”
 
Nella formulazione dei pareri del comitato CHMP, sono stati determinanti i risultati di un solido programma di sviluppo clinico. Tale programma comprendeva sei sperimentazioni pivotali di Fase 3 (SAPPHIRE-I, SAPPHIRE-II, PEARL-II, PEARL-III, PEARL-IV e TURQUOISE-II), che hanno coinvolto oltre 2300 pazienti affetti da HCV di genotipo 1 in più di 25 paesi. Inoltre, i risultati dello studio di Fase 2 PEARL-I, realizzato in pazienti non cirrotici affetti da infezione di genotipo 4, hanno contribuito al rilascio del parere favorevole. Anche i dati preliminari generati da due sperimentazioni, lo studio  TURQUOISE-I che ha coinvolto pazienti con lo studio  TURQUOISE-I, che ha coinvolto pazienti con infezione HCV di genotipo 1 e co-infezione da HIV -1, e lo studio CORAL-I: quest’ultimo ha arruolato pazienti che in seguito a trapianto epatico hanno sviluppato infezione recidivante da HCV di genotipo 1 e che non avevano ricevuto alcun trattamento anti-HCV dopo l’operazione per il trapianto.
 
L'iter del farmaco  
Il 6 maggio 2014, le richieste di autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) sono state presentate all’agenzia europea EMA mediante la procedura accelerata prevista per i nuovi farmaci che rivestono particolare importanza per la salute pubblica, spiegano gli esperti. "L’esame delle richieste di autorizzazione all’immissione in commercio sarà realizzato nell’ambito della procedura centralizzata di registrazione dei farmaci che, se approvata, rilascia autorizzazioni all’immissione in commercio valide per tutti i 28 Stati Membri dell’Unione Europea oltre che per Islanda, Liechtenstein e Norvegia.
Inoltre, l’agenzia statunitense FDA (Food and Drug Administration) ha concesso priorità di valutazione al trattamento di AbbVie per i pazienti affetti da infezione cronica da virus dell’HCV di genotipo 1 il 13 giugno 2014. L’agenzia FDA ha inoltre concesso al trattamento di AbbVie la designazione di Breakthrough Therapy, ovvero terapia altamente innovativa. Tale designazione viene concessa a trattamenti sperimentali per patologie serie o potenzialmente fatali, e si basa su evidenze cliniche preliminari che ne dimostrano  la capacità di migliorare in maniera sostanziale almeno un endpoint clinicamente significativo rispetto alle terapie attualmente disponibili".

La malattia e i numeri
L’epatite virale è un’infiammazione del fegato causata da un virus, che può presentarsi in cinque forme differenti, A, B, C, D oppure E. Tutti questi virus possono causare infezione a breve termine o acuta. Inoltre, l'epatite B, C e D possono anche causare infezioni a lungo termine, cioè l’epatite cronica, che può portare a complicanze potenzialmente letali come la cirrosi (cicatrizzazione del fegato), l’insufficienza epatica e cancro al fegato. In Europa circa nove milioni di persone sono affette da infezione da virus dell’HCV; nel tempo, circa il 10-20% dei pazienti con infezione cronica da HCV presenterà l’insorgenza di cirrosi e insufficienza epatica[1] [2]. Il genotipo 1 è il genotipo più comune dell’virus HCV [1], ed è osservato nel 60% dei casi a livello mondiale [2], mentre in Europa, il genotipo 1b è il più prevalente (47% dei pazienti) [3]. Per quanto riguarda il genotipo 4, nonostante sia il genotipo più comune nel Medio Oriente, nelle regioni sub-sahariane dell’Africa ed in Egitto, si registra un aumento della sua prevalenza in diverse nazioni europee fra cui l’Italia, Francia, Grecia e Spagna [4].

 
[1] European Association for the Study of the Liver. Clinical Practice Guidelines: Management of hepatitis C virus infection. J Hepatol. 2014; 60: 392-420
[2]. Global Alert and Response (GAR): Hepatitis C. World Health Organization Web site. http://www.who.int/csr/disease/hepatitis/whocdscsrlyo2003/en/index2.html#HCV. Published 2003. Accessed November 2014 
[3]. O’Leary JG, Davis GL. Hepatitis C. In: Feldman M, Friedman LS, Brandt LJ, eds. Sleisenger and Fordtran’s Gastrointestinal and Liver Disease: Pathophysiology/Diagnosis/Management. 9th ed, Vol 1. Philadelphia, PA: Saunders Elsevier. 2010:1313-1335
[4]. Khattab MA, et al. Management of hepatitis C virus genotype 4: Recommendations of an International Expert Panel. J Hepatol. 2011; 54: 1250–1262


26 novembre 2014
© Riproduzione riservata

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