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Sigarette elettroniche: studio americano getta seri dubbi sulla loro sicurezza

di Maria Rita Montebelli

I vapori delle sigarette elettroniche, secondo uno studio appena pubblicato su Oral Oncology, sarebbero citotossici per le cellule epiteliali e potrebbero causare la rottura dei filamenti del DNA, aprendo così la strada al cancro. Sono risultati preliminari, ancora da confermare; ma i ricercatori dell’Università della California di San Diego, autori dello studio, lanciano l’allarme e chiedono di fare luce al più presto sui potenziali effetti cancerogeni delle e-cig.

30 DIC - Il partito degli anti-svapatori, si arricchisce sul finire dell’anno, di nuovi supporti. Che vengono da una ricerca dei Veterans Affairs San Diego Healthcare System, appena pubblicata su Oral Oncology.
 
I ricercatori americani hanno testato due tipi di sigarette elettroniche e i relativi liquidi (anche la versione senza nicotina) su cellule in coltura, scoprendo così che queste possono danneggiare il DNA in modi che possono portare al cancro.
Il loro commento perentorio è dunque che questi risultati suggeriscono che le sigarette elettroniche non sono così sicure come il loro marketing vorrebbe presentarle al pubblico.
 
Negli USA, le e-cig non sono sotto la giurisdizione della Food and Drug Administration, che invece si occupa di regolamentare i prodotti a base di tabacco tradizionali; ciononostante in passato l’FDA ha emanato degli alert sui possibili rischi comportati dalle ‘svapate’ . Va precisato tuttavia che al momento non è del tutto chiaro cosa contengano le sigarette elettroniche e tanto meno se le sostanze chimiche contenute nei liquidi o prodotte dal loro riscaldamento siano sicure, in particolare sul versante del cancro.
 
“Finora – afferma Jessica Wang-Rodriquez dell’Università della California, San Diego - non abbiamo avuto a disposizione  studi di laboratorio di buon livello sugli effetti che questi prodotti possono avere su vere cellule umane”. Partendo da questa constatazione, il suo gruppo ha creato un estratto del vapore di due marche diffuse di sigarette elettroniche e l’ha utilizzato per ‘trattare’ cellule umane in coltura, su capsule di Petri.
Rispetto alle cellule non sottoposte a questo ‘trattamento’, le cellule ‘svapate’ mostravano con maggior frequenza danni al DNA o morivano. In particolare, nelle cellule esposte sono stati riscontrati una serie di danni, fino alla rottura dei filamenti del DNA. Se a seguito di questo tipo di danno, i sistemi di riparazione del DNA della cellula non funzionano a dovere, la strada per il tumore è praticamente spianata.
 
I ricercatori americani hanno notato anche che le cellule danneggiate dall’estratto di fumo elettronico vanno incontro con maggior probabilità ad apoptosi e a necrosi, cioè a morte cellulare. Le cellule utilizzate per l’esperimento sono state per lo più di tipo epiteliale (come quelle che rivestono bocca e apparato respiratorio).
 
I liquidi testati erano con o senza nicotina, la sostanza che determina la dipendenza alle sigarette e che può causare anche una serie di danni cellulari. Il team di ricerca di San Diego ha evidenziato che le versioni arricchite con nicotina determinano danni maggiori rispetto ai liquidi nicotine-free alle cellule in coltura.
 
“Diversi studi hanno già dimostrato che la nicotina può danneggiare le cellule – ricorda la Wang-Rodriguez – ma la nostra ricerca ha dimostrato che anche altre variabili entrano in gioco nel determinismo del danno cellulare. Di certo la nicotina non è estranea al danno, ma quella normalmente contenuta nelle sigarette elettroniche non è in concentrazione sufficiente per determinare da sola questi danni. Quindi devono esserci altri componenti cancerogeni, non ancora del tutto individuati e che il nostro team sta cercando di caratterizzare”.
 
Qualcuno di questi presunti colpevoli è già stato individuato, come la formaldeide, un noto cancerogeno. E un filone di ricerca suggerisce di utilizzare prodotti a basso voltaggio, per minimizzare il rischio di produzione di formaldeide. Un’altra sostanza sul banco degli imputati è il diacetile, un agente utilizzato per aromatizzare la svapata, che è stato però messo in correlazione con il cancro del polmone. Uno studio di Harvard lo ha ‘rintracciato’ in almeno tre su quattro sigarette elettroniche aromatizzate e nei liquidi di refill.
 
Al momento si contano almeno 500 marchi di e-cig sul mercato e oltre 7 mila ‘gusti’. Andare a ricercare la presenza di possibili cancerogeni in questo mare magnum è un lavoro quindi non da poco, che darà molto filo da torcere agli scienziati.
 
“Per il momento con la nostra ricerca siamo riusciti a evidenziare almeno che le sigarette elettroniche nel complesso hanno a che fare con un aumento della mortalità cellulare. Ora stiamo lavorando per individuare quali siano le sostanze responsabili di questo effetto. Va detto naturalmente che le cellule in coltura non sono proprio la stessa cosa, né si comportano alla stessa stregua di quelle in un essere vivente. Le linee cellulari utilizzate per questi esperimenti sono quelle ‘immortalizzate’ (cellule epiteliali normali e linee cellulari da carcinoma a cellule squamose di testa-collo, HNSCC) e può dunque darsi che i vapori delle e-cig in vivo abbiano effetti diversi. Diversa è anche la quantità di vapore al quale è esposto un fumatore vero, rispetto a quella racchiusa nell’estratto utilizzato per questo studio, più alta ed equivalente a ore e ore di svapate.
 
Nei prossimi esperimenti i ricercatori americani cercheranno di utilizzare degli estratti a concentrazioni più simili a quelle alle quali è esposto uno svapatore in carne ed ossa, anche per comprendere se si possa parlare di ‘effetto soglia’, superato il quale scatta il danno cellulare.
 
Insomma, la giuria non si è ancora del tutto pronunciata circa la dannosità o meno delle sigarette elettroniche, ma le evidenze ‘contro’, come quelle suggerite da questo studio, stanno aumentando di giorno in giorno.
 
Maria Rita Montebelli

30 dicembre 2015
© Riproduzione riservata

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