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Emicizumab: la rivoluzione nel trattamento dell’emofilia A

di Maria Rita Montebelli

Il New England Journal of Medicine pubblica questa settimana uno studio che è già entrato nella storia del trattamento dell’emofilia A. Emicizumab, un anticorpo monoclonale bispecifico, oltre ad essere nettamente più efficace della classica terapia profilattica con fattore VIII, è il primo farmaco per questa patologia a somministrazione sottocutanea. Nello studio HAVEN 3 è risultata altrettanto efficace la schedula di somministrazione mono o bisettimanale.

02 SET - E’ il primo farmaco per l’emofilia A somministrabile per via sottocutanea (anziché endovenosa), è nettamente più efficace della classica terapia a base di fattore VIII e funziona sia che venga somministrato una volta a settimana che ogni due settimane. Queste in sintesi le caratteristiche di emicizumab il rivoluzionario trattamento per l’emofilia A testato nello studio HAVEN 3, pubblicato questa settimana sul New England Journal of Medicine.
 
Le persone affette da emofilia possono sanguinare non solo a causa di un trauma, ma anche spontaneamente; questo accade in genere a livello delle articolazioni (anche se può succedere praticamente ovunque nel corpo, nei muscoli come a livello del cervello o degli occhi). La patologia, che colpisce in genere solo i maschi (viene trasmessa dalle madri attraverso il cromosoma X), è caratterizzata dall’incapacità del corpo di formare coaguli, conditio sine qua non per bloccare le emorragie, in quanto manca un fattore della coagulazione (il fattore VIII nel caso dell’emofilia A).
 
La terapia consiste nel somministrare questa proteina in maniera profilattica (in passato si ricorreva anche alla terapia on demand, cioè solo in occasione di un episodio di sanguinamento importante). Un passo avanti importante nella storia del trattamento di questa condizione è stato l’introduzione in terapia del fattore VIII, anche se questa soluzione è tutt’altro che ottimale ottimale. Intanto perché la somministrazione di fattore VIII è possibile solo per via endovenosa e viene effettuata più volte a settimana, con tutti i problemi che questo comporta, in particolare nei bambini. Poi perché in una certa percentuale di pazienti, la somministrazione di fattore VIII induce, col passare del tempo, la formazione di anticorpi da parte dell’organismo che ne inficiano l’efficacia.
 
Ricercatori di tutto il mondo sono dunque alla ricerca di soluzioni per superare queste criticità. Una delle soluzioni più interessanti proposte negli ultimi tempi è quella dell’emicizumab, una terapia rivoluzionaria per l’emofilia A, testata nello studio multicentrico HAVEN 3 che il New England Journal of Medicine pubblica questa settimana.
 
Lo studio HAVEN 3
Lo studio ha arruolato 152 pazienti affetti da emofilia A senza inibitori, di età superiore ai 12 anni, assegnandoli a vari gruppi di trattamento. Al gruppo A il farmaco è stato somministrato una volta a settimana (al dosaggio di 1,5 mg/Kg peso corporeo); al gruppo B, il farmaco è stato somministrato una volta ogni due settimane (al dosaggio di 3 mg/Kg peso corporeo). Endpoint dello studio era il numero degli episodi di sanguinamento rispetto a pazienti non in profilassi (gruppo C).
In un confronto intra-individuale, che ha coinvolto 48 pazienti, emicizumab è stato somministrato al dosaggio di 1,5 mg/Kg peso corporeo una volta a settimana in pazienti precedentemente sottoposti a profilassi con fattore VIII (gruppo D).
 
“La somministrazione sottocutanea di emicizumab – afferma il primo autore dello studio, professor Johnny Mahlangu, dipartimento di medicina molecolare ed ematologia , Università di Witwatersrand, Johannesburg (Sud Africa) - ha ridotto il tasso di sanguinamento del 96% nei pazienti trattati con una somministrazione a settimana e del 97% in quelli che ricevevano una somministrazione ogni due settimane, rispetto ai pazienti non in profilassi”.
Il 56% dei pazienti trattati con emicizumab una volta a settimana e il 60% del gruppo a somministrazione bisettimanale non hanno presentato episodi di sanguinamento durante il trattamento.
Nei soggetti del gruppo D, in precedenza trattati con fattore VIII, il passaggio ad emicizumab monosettimanale ha prodotto una riduzione del 68% nel tasso di sanguinamento (rispetto alla profilassi con fattore VIII).
 
“Nel nostro studio – conclude Mahlangu – emicizumab ha determinato una riduzione clinicamente significativa dei sanguinamenti nelle persone con emofilia A senza inibitori del fattore VIII, offrendo al contempo una flessibilità nelle opzioni di posologia e la somministrazione per via sottocutanea”.
 
Emicizumab è un anticorpo monoclonale bispecifico che ripristina la funzione emostatica facendo da ponte tra il fattore IX attivato e il fattore X, rimpiazzando in questo modo la funzione del fattore VIII attivato, la proteina mancante nelle persone affette da emofilia A.
 
Maria Rita Montebelli

02 settembre 2018
© Riproduzione riservata

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