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Tumore seno. Al Regina Elena scoperto ‘tallone d’Achille’ delle cellule staminali tumorali per ridurre recidive e metastasi


Lo studio è stato pubblicato su Cancer Research identifica importante farmaco antitumorale. Luca Cardone, coordinatore del gruppo di scienziati italiani e internazionali che hanno svolto lo studio: "Le cellule aggressive si nutrono di glucosio, acidi grassi e colesterolo. Il lavoro con il supporto di tecnologie bio-computazionali mira a spezzare questo meccanismo”.

04 SET - Il cancro al seno triplo negativo (TNBC) rappresenta circa il 10-15% di tutti i tumori al seno ed è considerato tra i più aggressivi poiché cresce più velocemente e ha opzioni di trattamento limitate. I tassi di sopravvivenza a 5 anni sono del 90% per i tumori TNBC localizzati e senza alcun segno di metastasi, ma la percentuale scende drammaticamente all'11% per TNBC con metastasi al polmone, al fegato o alle ossa. Alla base dell’aggressività di tali tumori ci sono le cellule staminali tumorali che hanno un’ intrinseca forza di chemioresistenza e generano metastasi. Uccidere queste cellule con la terapia è fondamentale per migliorare la prognosi.

“Lo studio ha dimostrato che acidi grassi e colesterolo e la loro biosintesi sono essenziali per la sopravvivenza delle cellule staminali tumorali del tumore triplo negativo e possono rappresentare il tallone d’Achille per bloccare queste cellule aggressive," illustra Luca Cardone, ricercatore dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena e ora dell'Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbc), coordinatore del gruppo di scienziati italiani e internazionali che hanno svolto lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista americana Cancer Research.

Da diversi anni è noto che l'ipercolesterolemia o una dieta ricca di grassi e colesterolo rappresentano un fattore di rischio per forme aggressive di tumore al seno, sebbene i meccanismi biologici alla base di questa osservazione non siano ancora del tutto chiari. I risultati di questa ricerca forniscono un’importante chiave di lettura per la comprensione dei dati epidemiologici a disposizione.
 
“L’obiettivo del nostro studio – spiega Luca Cardone – è migliorare la terapia di pazienti affette da forme aggressive di tumore al seno attraverso un approccio di riposizionamento di farmaci, di cui il nostro laboratorio si occupa da tempo: trovare in pratica un farmaco già in uso clinico per altre indicazioni terapeutiche, e quindi utilizzabile in tempi brevi, per ridurre la capacità di generare metastasi e recidive, uccidendo selettivamente le cellule staminali responsabili. Abbiamo così identificato un farmaco, chiamato pyrvinium, con queste caratteristiche”.
 
E’ stato necessario capire quali fossero, tra le migliaia di reazioni che avvengono in una cellula, quelle controllate dal farmaco e identificare le tracce del meccanismo di azione delle molecole contro le cellule staminali. La soluzione dell’enigma avrebbe potuto richiedere anni ed enormi energie ma i ricercatori hanno utilizzato la biologia computazionale e l’intelligenza artificiale, generando in tempi brevi modelli matematici del metabolismo di una cellula staminale tumorale TNBC.
 
Lo studio ha dimostrato che queste cellule aggressive si nutrono di glucosio e lo convertono in acidi grassi e colesterolo per garantire le loro efficienti funzioni vitali. Il farmaco pyrvinium, attraverso un meccanismo di azione multifattoriale, è in grado di azzerare contemporaneamente più vie di sintesi dei lipidi a partire dal glucosio. In modelli preclinici, il farmaco ha dimostrato la sua efficacia: uccide le cellule staminali e riduce il numero di metastasi sia in trattamento neo-adiuvante sia adiuvante. I prossimi passi - sottolinea Cardone – saranno quelli di migliorare la biodisponibilità del farmaco e valutare la sua efficacia nei pazienti oncologici, in combinazione con le chemioterapie.


“Il lavoro - commenta Gennaro Ciliberto, direttore scientifico dell'Istituto Regina Elena - dimostra l’importanza della combinazione di approcci sperimentali basati sull’uso dei big-data e modelli bio-computazionali nella ricerca oncologica, senza dimenticare l’approccio multidisciplinare e la capacità di fare rete tra laboratori con diverse competenze e tecnologie al fine di comprendere sempre più nel dettaglio le cellule tumorali e definire le loro vulnerabilità per colpirle con terapie mirate.”


Lo studio, promosso e coordinato dai ricercatori dell’Istituto tumori “Regina Elena”, grazie a finanziamenti del Ministero della Salute, ha coinvolto anche l’Istituto dermatologico San Gallicano di Roma, il dipartimento di medicina e scienze dell’invecchiamento (CAST) dell’Università 'G. D'Annunzio' di Chieti-Pescara, e centri di ricerca internazionali come il VIB Center for Cancer Biology di Leuven in Belgio, e laboratori del National Cancer Institute (NIH) negli Stati Uniti.  

04 settembre 2020
© Riproduzione riservata

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