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Melanoma. Nel 2020 stimati in Italia 14.900 nuovi casi, 2.600 in più dello scorso anno


I motivi dell’incremento, registrato in quota minore anche negli anni precedenti, sarebbe da ricercare da una parte nella disponibilità di migliori strumenti per la diagnosi e nella maggiore sensibilità della popolazione sulla malattia, ma anche alla scorretta esposizione al sole e all’utilizzo delle lampade solari. Ma probabilmente anche la riduzione delle visite durante il lockdown ha avuto il suo impatto. Per questo, secondo gli esperti, è “necessario implementare gli interventi tempestivi di prevenzione primaria”. La buova notizia è che la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è pari all’87%.

12 NOV - 
In un anno i nuovi casi di melanoma, in Italia, sono aumentati del 20%, da 12.300 nel 2019 a quasi 14.900 nel 2020. I motivi? “Da un lato la disponibilità di migliori strumenti per la diagnosi e la maggiore partecipazione dei cittadini alle campagne di sensibilizzazione per il controllo dei nei. Dall’altro lato, si osservano sempre più le conseguenze negli adulti della scorretta esposizione al sole da adolescenti e dell’utilizzo delle lampade solari, inserite dall’Agenzia internazionale della ricerca sul cancro (IARC) nella categoria di massimo rischio delle sostanze cancerogene, al pari del fumo di sigaretta”. A spiegarlo sono stati oggi alcuni tra gli esperti del nel trattamento del tumore della cute in occasione di un media tutorial virtuale. A fare il punto su quanto emerso è una nota diramata a margine dell’icontro.

“Nel nostro Paese, il melanoma è il secondo tumore più frequente negli uomini under 50 e il terzo nelle donne in quella fascia d’età – ha affermato Paola Queirolo, Direttore Divisione Melanoma, Sarcoma e Tumori rari all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano -. Il rischio di insorgenza è legato a fattori genetici, fenotipici e ambientali. Il più importante è identificato nell’esposizione ai raggi UV, in rapporto alle dosi assorbite, al tipo di esposizione (intermittente più che cronica) e all’età (a maggior rischio i bambini e gli adolescenti). L’incremento stimato quest’anno è in linea con la tendenza che osserviamo da tempo. Nel periodo 2008-2016, infatti i melanomi sono stati i tumori che hanno registrato il maggior incremento medio annuale, sia negli uomini (+8,8% in totale, +9,1% negli over 70) che nelle donne (+7,1% in totale, +7,6% nelle under 50) e in tutte le fasce di età. Si tratta di una crescita molto sostenuta che, sebbene rispecchi esposizioni volontarie ai raggi UV iniziate nei decenni scorsi e la recente disponibilità di tecniche diagnostiche sempre più accurate, indica la necessità di implementare interventi tempestivi di prevenzione primaria, proprio per invertire questa preoccupante tendenza nei prossimi anni. Le regole da seguire sono semplici: non bisogna esporsi al sole nelle ore centrali della giornata, la crema protettiva deve sempre essere applicata e le lampade solari vanno assolutamente evitate. E ogni anno è necessario sottoporsi al controllo dei nei da parte del dermatologo”.

La buona notizia è che la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è elevata, pari all’87% (89% donne e 85% uomini). E nel nostro Paese vivono quasi 170mila cittadini (169.900) dopo la scoperta della malattia. “Se individuato precocemente ed eliminato con una corretta asportazione chirurgica durante la fase iniziale, il melanoma è del tutto guaribile – spiega Michele Del Vecchio, Responsabile S.S. Oncologia Medica Melanomi, Dipartimento di Oncologia Medica ed Ematologia, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano -. Purtroppo una parte delle diagnosi avviene già in fase avanzata o evolve in questo stadio progressivamente. A maggio 2016, l’agenzia regolatoria europea (EMA) ha approvato la combinazione di due molecole immuno-oncologiche, nivolumab più ipilimumab, per il trattamento del melanoma avanzato (non resecabile o metastatico). Questa approvazione è scaturita dai risultati ottenuti dallo studio internazionale di fase III, CheckMate 067, che ha coinvolto 945 pazienti: la combinazione nivolumab più ipilimumab ha mostrato una sopravvivenza a 5 anni del 52%. Inoltre, recentemente sono stati riportati i risultati di uno studio di fase II con la combinazione nivolumab più ipilimumab nei pazienti con metastasi cerebrali asintomatiche. In considerazione della percentuale di risposte intracraniche ottenute (54%) e dell’82% dei pazienti ancora vivi a un anno (e del 75% a 18 mesi), a livello internazionale si ritiene che la combinazione di nivolumab più ipilimumab sia la prima opzione di trattamento per le persone con metastasi cerebrali asintomatiche indipendentemente dallo stato mutazionale BRAF. In Italia, al momento, la combinazione nivolumab più ipilimumab non è rimborsata dal Servizio Sanitario Nazionale. Le metastasi cerebrali rappresentano un’importante causa di morte dei malati con melanoma avanzato. È necessario che la combinazione sia rimborsata anche in Italia, come in altri Paesi europei, per offrire soprattutto a questi malati un’efficace alternativa terapeutica”.

“Anche le linee guida della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) indicano la combinazione nivolumab e ipilimumab come standard di cura del melanoma in fase avanzata – continua la Prof.ssa Queirolo -. L’elemento chiave dell’immuno-oncologia è stata la scoperta dei checkpoint, molecole coinvolte nei meccanismi che permettono al tumore di evadere il controllo del sistema immunitario. Posti sulla superficie delle cellule tumorali, i checkpoint agiscono come un ‘segnale di stop’, impedendo al sistema immunitario di distruggere le cellule tumorali. Queste proteine possono diventare bersaglio di anticorpi monoclonali che, inibendo i checkpoint, riattivano la risposta immunitaria antitumorale. La combinazione nivolumab più ipilimumab ha l’obiettivo di migliorare la sopravvivenza a lungo termine, grazie all’azione sinergica delle due molecole che agiscono su diversi checkpoint, rispettivamente PD-1 e CTLA-4”.

“Una parte dei pazienti, soprattutto nella prima ondata della pandemia, ha evitato le cure in ospedale per timore del contagio – continua il Prof. Del Vecchio -. La continuità terapeutica è fondamentale.  È importante che negli ospedali vengano attivati percorsi dedicati e separati, con l’obiettivo di assicurare la gestione della patologia oncologica con il massimo della continuità e della sicurezza, anche in corso di emergenza sanitaria”.

“Anche la prevenzione non deve fermarsi, perché è la vera arma per sconfiggere il cancro – conclude la Prof.ssa Queirolo -. Il cambiamento nella forma, dimensione o colore di un neo rappresenta un segnale d’allarme da non sottovalutare. È necessario investire in campagne di prevenzione, seguendo l’esempio dell’Australia, in testa alla classifica mondiale per incidenza. Oggi, grazie all’impegno delle Istituzioni nei progetti di informazione, è l’unico Paese al mondo in cui il numero dei nuovi casi di melanoma è in diminuzione”.

12 novembre 2020
© Riproduzione riservata

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