12° Forum Risk Management. Terza giornata/1. Ecco cosa intendiamo con universalismo

12° Forum Risk Management. Terza giornata/1. Ecco cosa intendiamo con universalismo

12° Forum Risk Management. Terza giornata/1. Ecco cosa intendiamo con universalismo
Il significato da attribuire  alla parola è fondamentale per capire le scelte politiche e organizzative che dovranno essere prese a breve termine. Il problema del Ssn infatti non è solo di tipo economico, ma anche “filosofico”. Se ne è parlato nella terza giornata del Forum Risk in corso a Firenze.

Come continuare a garantire l’universalismo del Servizio sanitario nazionale con le risorse disponibili? Quali scelte – politiche e organizzative – sono necessarie per continuare a permettere un accesso equo alla salute?
Sono queste due delle macro-questioni discusse nel panel sui cambiamenti e le riforme possibili per superare la crisi dell’universalismo al Forum Risk Management di Firenze giunto alla terza giornata di lavori.

“Dal punto di vista della sostenibilità, il sistema non ha mai goduto di così buona salute come in questo momento – afferma Federico Spandonaro, professore aggregato dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata – Il problema vero è l’universalismo: dobbiamo capire che cosa intendiamo con questa parola”. I sistemi sanitari regionali sono in sostanziale equilibrio finanziario, ma la sfida per il futuro è capire come declinare il termine universalismo: “Significa garantire una copertura minima, equa o uguale per tutti? E ancora: con quale livello di servizi? E infine: con quale composizione del pubblico-privato?”.

Le risorse a disposizione hanno chiaramente un peso e, come ricorda Gabriele Pellissero dell’Università di Pavia e Presidente Aiop “stiamo andando verso il 6,5% del Pil per spesa pubblica sanitaria, indicato come punto di rottura dall’Oms nei sistemi sanitari universalistici. L’aspetto centrale è capire se riusciremo a mantenere questo livello di Lea”.

“In Italia non si investe più in sanità – sostiene Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – Nel G7 siamo ultimi per spesa pubblica e intermediaria ma primi per quella out-of-pocket. Questo significa scaricare i problemi sui cittadini”. L’ultimo rapporto della fondazione che Cartabellotta presiede ha evidenziato quattro determinanti che stanno contribuendo alla crisi di sostenibilità del Ssn: i nuovi Lea, “che da grande traguardo politico rischiano di trasformarsi in illusione collettiva, perché all’aumento del paniere di prestazioni corrisponde un definanziamento”, la riduzione appunto del finanziamento pubblico, gli sprechi che permangono in alcune Regioni e l’ipotrofia della sanità integrativa, “legata a una normativa frammentata e disordinata”.

Su quest’ultimo punto esprime alcune perplessità Giovanni Bissoni, membro del Comitato scientifico della Fondazione Sicurezza in Sanità: “Mi sembra che ci sia un’eccessiva enfatizzazione nel cercare le risorse che servono al Ssn dal pilastro esterno della mutualità integrativa – osserva – Credo che questo c’entri poco con la sostenibilità del sistema”.

“Il dibattito sulla sostenibilità del Ssn non può esaurirsi in un’analisi di tipo economico perché è cambiato lo scenario sociale – afferma Nello Martini, direttore Drugs&Health – Le colonne su cui ricostruire devono essere fattori di contesto: prima di tutto una riorganizzazione del Ssn che porta a una riduzione delle spese sui ricoveri ospedalieri e sugli accessi al Pronto soccorso; in secondo luogo occorre investire su personale e formazione”.

“Dobbiamo recuperare un po’ di orgoglio per il nostro Ssn introducendo premialità nei meccanismi di finanziamento e iniziando a considerare il privato che funziona come una risorsa, aprendo all’interno delle Regioni tavoli seri di confronto e collaborazione – afferma dal palco Federico Lega di Cergas Bocconi – Occorre poi lavorare sugli sprechi che ancora esistono, soprattutto quelli legati alla gestione del personale”. Sul nodo delle risorse umane, Lega insiste sulla necessità di “introdurre figure nuove, che aiutino le aziende a usare al meglio le risorse disponibili”.

“Spero che i nuovi contratti introducano anche elementi di maggiore flessibilità organizzativa – auspica Fulvio Moirano, Dg dell’Ast Sardegna – solo così potremmo fornire risposte più tempestive ai cittadini”.

 

30 Novembre 2017

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