Si è svolto presso la Commissione Affari costituzionali del Senato il ciclo di audizioni sul disegno di legge in materia di fine vita. Quattro autorevoli giuristi – Mario Esposito, Lorenza Violini, Giuliano Amato e Vladimiro Zagrebelsky – hanno offerto interpretazioni articolate e non sempre convergenti, toccando aspetti di principio, profili giuridici e implicazioni costituzionali della proposta normativa. I nodi centrali: il ruolo del Servizio sanitario nazionale (Ssn), la natura del Comitato nazionale di valutazione, la distinzione tra ambito sanitario e non sanitario dell’aiuto al suicidio e la coerenza del testo con i principi della Carta.
Esposito: “Un possibile arretramento della tutela costituzionale della vita”
Il professor Mario Esposito, dell’Università del Salento, ha sollevato una critica di fondo: l’introduzione normativa dell’aiuto al suicidio richiederebbe una seria verifica di compatibilità con il principio di solidarietà conservativa sancito dalla Costituzione, in particolare dall’articolo 38. “La legge segnerebbe un lecito arretramento della tutela della vita e della sua indisponibilità – ha detto – introducendo concetti come quello di ‘vita degna’, che vanno definiti con estrema cautela”. Esposito ha inoltre puntualizzato che il Parlamento non può porsi come mero esecutore delle decisioni della Consulta: “L’articolo 136 è chiarissimo, le sentenze della Corte non sono atti di indirizzo vincolanti per l’attività legislativa”.
Violini: “Non si trasformi in un diritto alla prestazione da parte del Ssn”
Per Lorenza Violini, costituzionalista dell’Università di Milano, il cuore del problema risiede nell’equilibrio tra supporto alla persona e sostenibilità costituzionale del sistema. Se da un lato ha ribadito l’importanza delle cure palliative e del rapporto medico-paziente come espressione della solidarietà costituzionale, dall’altro ha sottolineato che l’intervento del medico – previsto nel testo in forma volontaria – non può essere trasformato in una prestazione retribuita obbligatoria da parte del Ssn. “Il legislatore potrà eventualmente prevedere un supporto pratico in casi specifici, ma non deve diventare un diritto soggettivo alla prestazione”.
Amato: “Si tenga aperta opzione di intervento del Ssn”
Decisamente più aperto al coinvolgimento del Ssn si è mostrato Giuliano Amato, presidente emerito della Corte costituzionale ed ex premier. Per Amato, “l’attuale formulazione del testo non esclude il ruolo di verifica e controllo del Ssn, che è richiesto dalla sentenza della Corte”. Ma soprattutto ha evidenziato come l’esclusione assoluta del Ssn rischi di configurare una discriminazione in violazione dell’articolo 3: “Chi non può usare mano o voce per morire subisce un trattamento deteriore rispetto ad altri. La tecnologia può risolvere il problema, ma è impensabile che strumenti così delicati siano solo nelle mani di cliniche private. Il Ssn deve poterne disporre”. Amato ha anche proposto un approccio più umano e meno burocratico del Comitato nazionale: “Serve un’interazione personale, non un rapporto cartolare. Meglio organismi regionali che parlino con i pazienti”.
Zagrebelsky: “Testo ambivalente e rischio di disparità economiche”
Vladimiro Zagrebelsky, ex giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo, ha criticato la coerenza interna del ddl. Pur restando nel titolo la formula “assistenza medica al suicidio”, secondo Zagrebelsky “di medico non c’è più nulla dopo l’accertamento del Comitato nazionale”. Il rischio è che l’aiuto al suicidio venga esternalizzato in forme non sanitarie, persino cruente, come viaggi all’estero o pratiche estemporanee. Inoltre, ha posto l’accento su un’altra possibile deriva: “Con l’esclusione del Ssn c’è il rischio teorico di discriminazione per censo. Chi può permettersi il trattamento ha accesso alla legge, chi no resta escluso. Anche questo potrebbe sollevare questioni di costituzionalità”.