Il Coronavirus rischia di rendere le culle sempre più vuote. Istat: “Nascite potrebbero scendere sotto le 400 mila unità nel 2021”

Il Coronavirus rischia di rendere le culle sempre più vuote. Istat: “Nascite potrebbero scendere sotto le 400 mila unità nel 2021”

Il Coronavirus rischia di rendere le culle sempre più vuote. Istat: “Nascite potrebbero scendere sotto le 400 mila unità nel 2021”
Prima del Covid l'Isituto prevedeva che saremmo scesi sotto la soglia solo nel 2032 (ed era l'ipotesi più pessimistica). È quanto emerso oggi nell’audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sul Def. “Con emergenza prevista accelerazione del calo delle nascite”. Inoltre tra gli scenari anche uno che vedrebbe la speranza di vita alla nascita e a 65 anni scendere di quasi 1 anno. TESTO AUDIZIONEDOSSIER NASCITE E COVID 19

“I 435 mila nati in Italia nel 2019 e i 428 mila che si erano ipotizzati per il 2020 alle condizioni pre-Covid-19, dovrebbero scendere a circa 426 mila nel bilancio finale del corrente anno, per poi però ridursi a 396 mila, nel caso più sfavorevole, in quello del 2021”. È quanto ha sottolineato oggi in audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sul Def il Direttore del Dipartimento per la produzione statistica dell’Istat Roberto Monducci.
 
Calo nascite: nel 2021 potrebbero scendere sotto le 400 mila. “Un aspetto su cui potrebbe incidere – segnala l’Istat – l’attuale emergenza e la conseguente crisi economica è il comportamento riproduttivo della popolazione italiana.  Le simulazioni realizzate consegnano scenari che, pur senza sottoporci trasformazioni radicali, sottolineano l’accelerazione di quel processo che i media da tempo descrivono con l’immagine di un Paese “dalle culle sempre più vuote”. I 435 mila nati in Italia nel 2019 e i 428 mila che si erano ipotizzati per il 2020 alle condizioni pre-Covid-19, dovrebbero scendere a circa 426 mila nel bilancio finale del corrente anno, per poi però ridursi a 396 mila, nel caso più sfavorevole, in quello del 2021”.
 
In generale, il “superamento al ribasso del confine simbolico dei 400 mila nati annui, che originariamente nelle previsioni Istat del 2019 sarebbe avvenuto solo nel 2032 nell’ipotesi più pessimistica – senza per altro essere mai contemplato fino al limite delle previsioni (2065) nell’ipotesi etichettata come “mediana” – alla luce delle nuove simulazioni sembra invece possibile qualora si realizzasse un rapido raddoppio del tasso di disoccupazione, quand’anche seguito da un ritorno ai valori precedenti il marzo 2020 secondo un percorso di rientro spalmato nell’arco di circa un biennio”.
 
“Una eventuale accelerazione post Covid-19 – rileva l’Istituto – del declino strutturale della natalità, fenomeno del resto in corso da tempo nel nostro Pese, rappresenterebbe un’aggravante della cui entità è certamente utile avere un ordine di grandezza; quanto meno per poterle assegnare un adeguato grado di priorità, nelle azioni che dovranno portare, una volta fuori dall’emergenza, a un ritorno alla normalità”.
 
 
 
Speranza di vita: con lo scenario peggiore in calo quasi di 1 anno.
“A partire dai dati a disposizione – si legge nel testo dell’audizione – dell’Istituto è possibile prefigurare alcuni scenari demografici, in termini di mortalità e aspettativa di vita, in grado di fornire un primo quadro di quelli che potrebbero verosimilmente essere gli effetti sul piano demografico dell’emergenza sanitaria in atto”.
 
A tal fine “si rende necessario prospettare valide stime sia del bilancio finale circa il numero aggiuntivo di decessi prodotto dalla pandemia che stiamo vivendo, sia della loro diversa incidenza rispetto al genere e soprattutto alla classe di età. In tal senso, l’esercizio di simulazione che verrà ora introdotto si propone, per l’appunto, di delineare alcuni ipotetici (e ragionevoli) scenari su cui riflettere. Ad esempio, se ipotizzassimo che l’effetto Covid-19 possa determinare costantemente per tre mesi un incremento della probabilità di morte in corrispondenza delle età più anziane – qui convenientemente definite dal 60° compleanno in poi – partendo dal 44% osservato nel mese di marzo (per gli ultra 65enni) e immaginando una sua progressiva attenuazione nel tempo sino al rientro nei valori di norma”.
 
Ad esempio, “sempre con riferimento alla popolazione in età 60 e più, si potrebbero valutare gli effetti di un +44% nel rischio di morte per un mese, +22% per il mese successivo e ancora +11% per quello seguente.  Uno sviluppo di questo tipo porterebbe ad un aumento del numero di decessi annui pari a 38 mila unità, mentre le speranze di vita alla nascita e a 65 anni si ridurrebbero rispettivamente di 5,56 e 5,51 mesi. Come variante del precedente scenario si potrebbe ipotizzare una progressione più lenta nella attenuazione del rialzo del rischio di morte. In altri termini, si potrebbe pensare a un +44% persistente per un bimestre (marzo-aprile), seguito dal 22% per uno stesso periodo (maggio-giugno) ed infine un +11% per il trimestre che va da luglio a settembre. In questo scenario l’aumento del numero di decessi annui sarebbe pari a 81 mila unità e le speranze di vita alla nascita e a 65 anni si ridurrebbero rispettivamente di 11,46 e 11,36 mesi”.

28 Aprile 2020

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