Schillaci: “A volte cambiare può provocare disturbo ma sanità basata sui ‘gettonisti’ non è modello da difendere”

Schillaci: “A volte cambiare può provocare disturbo ma sanità basata sui ‘gettonisti’ non è modello da difendere”

Schillaci: “A volte cambiare può provocare disturbo ma sanità basata sui ‘gettonisti’ non è modello da difendere”
Il Ministro della Salute durante il Question Time rispondendo ad un’interrogazione di Italia Viva: “Considerare i medici come beni e servizi, invece che come professionisti del Servizio sanitario nazionale, non è proprio quello che definirei un modello da difendere. Noi abbiamo scelto: investire nel pubblico, sui professionisti stabili, sulla continuità assistenziale”.

“Qualcuno forse preferiva il sistema precedente? Quello dove si urlava contro le privatizzazioni di giorno e si firmavano contratti milionari con le cooperative di notte? Si teme, giustamente, per il periodo estivo, questo è comprensibile. Ma forse dovremmo chiederci perché siamo arrivati al punto di dipendere dai gettonisti per garantire le ferie al personale. Non è una cosa accaduta in una notte, è frutto di anni di sbagliata organizzazione. Capisco che a volte cambiare può provocare disturbo; capisco che ci sia chi, forse, preferiva il vecchio sistema. Ma permettetemi di dire che considerare i medici come beni e servizi, invece che come professionisti del Servizio sanitario nazionale, non è proprio quello che definirei un modello da difendere. Noi abbiamo scelto: investire nel pubblico, sui professionisti stabili, sulla continuità assistenziale”. È quanto ha detto il Ministro della Salute, Orazio Schillaci durante il Question Time rispondendo ad un’interrogazione di Italia Viva sullo stop ai gettonisti dal 31 luglio e sulle iniziative per contrastare la carenza di personale.

La risposta integrale del Ministro Schillaci.

Ringrazio gli onorevoli per l’interrogazione che mi permette di fare chiarezza su un tema che, obiettivamente, dovrebbe vederci compatti verso un’unica direzione.

Comprendo la preoccupazione per i medici gettonisti. Del resto, è curioso come ci si accorga improvvisamente dell’importanza di questi professionisti, proprio quando decidiamo di regolamentare un fenomeno che – mi permetto di ricordare – fino a ieri veniva definito da molti come una deriva privatistica della sanità. Il fenomeno dei gettonisti, che preferisco chiamare con il suo vero nome, “esternalizzazione selvaggia”, nasce in un contesto ben preciso: anni di mancata programmazione, tagli lineari, scarsa attrattività del servizio sanitario nazionale.

La nostra visione non è quella di medici che lavorano contemporaneamente in tre ospedali diversi, che magari non conoscono i protocolli delle strutture, che costano il doppio o più di un dipendente strutturato. Da parte nostra c’è l’impegno verso una direzione molto chiara: sostenere il servizio pubblico e non le cooperative private. Abbiamo incrementato il Fondo sanitario nazionale; abbiamo ridotto la tassazione sulle prestazioni aggiuntive dal 43 per cento al 15 per cento per i medici che lavorano nel sistema; abbiamo rifinanziato, con 100 milioni di euro in due anni, l’aumento dell’indennità di specificità per chi lavora in pronto soccorso, quei reparti che dovrebbero collassare senza i gettonisti, secondo alcuni. Curioso come, poi, nessuno menzioni che alcuni di questi gettonisti garantiscono sì il 60 per cento dei turni, ma a che prezzo. E poi con quale continuità assistenziale. Mi si dice che le aziende sanitarie usano i gettonisti perché rientrano nella voce beni e servizi invece che nel capitolo personale. Trasformiamo i medici in beni, esattamente il tipo di creatività contabile che ha portato il servizio sanitario nazionale dove si trova oggi.

Le nostre linee guida stabiliscono regole precise: massimo 12 mesi; tariffe calmierate ad 85 euro l’ora per i servizi critici, non 150, non 200 euro come accadeva. Ma non ci fermiamo qui, con un emendamento al disegno di legge sulle prestazioni sanitarie, che stiamo portando avanti: permettiamo alle regioni e agli enti del Servizio sanitario nazionale di assumere direttamente professionisti con contratti di collaborazione – attenzione, non con cooperative, ma è direttamente il sistema sanitario nazionale che assume e non le agenzie private: è una differenza sostanziale -; reinternalizziamo i servizi; riportiamo i medici dentro il sistema pubblico. Un percorso ponte verso le assunzioni stabili e non l’ennesima scorciatoia per arricchire gli intermediari.

Ma il punto vero è un altro. Vogliamo davvero un sistema sanitario che dipende da professionisti, senza alcun legame con le strutture dove operano? Dove un paziente può essere visitato da 5 medici diversi in 5 giorni? Gli specializzandi che scelgono le discipline critiche già dal prossimo anno accademico vedranno aumenti importanti. Dal 2025 gli infermieri pagano solo il 5 per cento di tasse sugli straordinari. Abbiamo aumentato l’indennità di specificità medica e non. Sono scelte. Preferiamo investire su chi resta, su chi crede nel Servizio sanitario nazionale.

Qualcuno forse preferiva il sistema precedente? Quello dove si urlava contro le privatizzazioni di giorno e si firmavano contratti milionari con le cooperative di notte? Si teme, giustamente, per il periodo estivo, questo è comprensibile. Ma forse dovremmo chiederci perché siamo arrivati al punto di dipendere dai gettonisti per garantire le ferie al personale. Non è una cosa accaduta in una notte, è frutto di anni di sbagliata organizzazione.

Poi abbiamo il disegno di legge delega sulle professioni sanitarie, che abbiamo preparato, che guarda al futuro, non al passato. Vogliamo procedure concorsuali più snelle, sviluppo delle carriere e incentivi: politiche strutturali, non misure emergenziali.

In conclusione, capisco che a volte cambiare può provocare disturbo; capisco che ci sia chi, forse, preferiva il vecchio sistema. Ma permettetemi di dire che considerare i medici come beni e servizi, invece che come professionisti del Servizio sanitario nazionale, non è proprio quello che definirei un modello da difendere. Noi abbiamo scelto: investire nel pubblico, sui professionisti stabili, sulla continuità assistenziale.

La replica di Davide Faraone (IV). Presidente, quest’uomo che ha risposto, il Ministro della Salute, è un uomo che, oltre a non leggere l’interrogazione, oltre soprattutto a non ascoltare quello che ho detto – perché ha risposto ad un’interrogazione forse scritta da qualcun altro, perché nessuno ha detto che non dovesse essere abolita la figura del medico gettonista, anzi, l’ho detto e l’ho definita addirittura immorale – mi ha risposto come se avessi detto che dovessimo mantenere i gettonisti. Ma ciò che è peggio è che quest’uomo è un uomo che non gira gli ospedali. Perché, fin quando non legge le mie interrogazioni e risponde ad altro, io posso anche prenderne atto, ma il fatto che sconosca la crisi dei nostri pronto soccorso e descriva una situazione idilliaca, come quella che ha descritto poco fa, vuol dire che è un Ministro che non svolge la sua funzione, se non chiuso nella sua stanza. Perché non abbiamo detto che quella dei gettonisti non doveva essere interrotta come professione; abbiamo semplicemente detto che, per farlo, andava gestita la transizione. Perché quando mancano 60.000 infermieri e 15.000 medici, quando i gettonisti, in alcuni ospedali e in alcuni pronto soccorso, occupano l’80 per cento del personale, se uno scienziato, chiuso al Ministero, decide d’emblée che il 31 luglio, in piena stagione estiva, quando quei pochi medici vanno in ferie, di interrompere quel percorso, almeno doveva dare un’alternativa. Invece ha detto agli ospedali e ai reparti: io vi tolgo i gettonisti dal 31 luglio e voi non avete nessuna arma per trovare i sostituti.

Quindi, di fatto, è sicuro che questa estate… Avrà letto quello che è accaduto a Stromboli: quella persona che si frattura il femore e viene imbarcata su una motoape, perché non ci stanno le autoambulanze, e poi viene portata da due muratori marocchini all’ospedale Papardo di Messina. Stiamo parlando di follie che accadono oggi, Ministro Schillaci. Si svegli! Lei ha una visione dei pronto soccorso in Italia che non esiste.

Per cui, i provvedimenti, Ministro, fateli per bene, non raffazzonati, mettendo in difficoltà medici, infermieri e, naturalmente, ledendo la possibilità per i pazienti di avere una cura opportuna rispetto al non rischiare la vita in luoghi dove, purtroppo, si muore perché si staziona costantemente in pronto soccorso, mentre bisognerebbe soltanto andarci per un’emergenza

06 Agosto 2025

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