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Influenza. Stagione ‘classica’ dopo 2 anni di picco precoce. Ma la vera novità è la marcata riduzione delle bronchioliti. Intervista ad Agostiniani, presidente Sip

di Barbara Di Chiara

E’ stato raggiunto il picco stagionale dell’influenza, con incidenza in aumento solo nelle fasce di età pediatrica, soprattutto nei bambini sotto i 5 anni di età. Il pediatra traccia l’identikit dell’epidemia 2024-2025.

24 GEN -

“Quella di quest’anno è stata una normale epidemia influenzale: siamo tornati alle caratteristiche pre-pandemia, con un picco fra gennaio e febbraio, mentre nei primi due anni dopo il Covid l’apice si raggiungeva prima: questo perché soprattutto bambini e ragazzi avevano perso due anni di ‘allenamento’ nei confronti delle infezioni virali, il loro sistema immunitario era più suscettibile e quindi il numero di casi aumentava più facilmente. Ora tutto è tornato alla normalità. Quello che ha caratterizzato questa stagione invernale è stata piuttosto la marcata riduzione di bronchioliti in funzione delle nuove strategie preventive messe in atto, se pur in modo diverso, dalle varie regioni”. A tracciare il quadro con Quotidiano Sanità è Rino Agostiniani, neo-presidente della Società italiana di pediatria e Direttore Area Pediatria e Neonatologia, Azienda USL Toscana Centro, dopo la pubblicazione degli ultimi dati ufficiali che confermano il probabile arrivo del picco di casi di influenza in Italia.

“Abbiamo avuto e stiamo avendo un’influenza come è sempre stata – spiega – con febbre prolungata anche 4-5 giorni, a volte nei più piccoli con disturbi gastro-intestinali oltre che respiratori, e forme più gravi osservate soprattutto nei soggetti fragili. Parallelamente circolano virus ‘classici’ come adenovirus, metapneumovirus e altre numerose famiglie che tendono a essere più presenti in questo periodo per le modalità del vivere sociale in ambienti chiusi. Per i ceppi influenzali abbiamo però una efficace strategia di prevenzione che è la vaccinazione, purtroppo le coperture non sono alte, anche se di certo quest’anno c’è stato un incremento grazie all’utilizzo del vaccino in spray nasale, ben accettato da bambini e genitori. Ma i numeri non sono alti, come purtroppo non lo sono nelle categorie a rischio degli anziani e degli anziani fragili”.

Da sottolineare quest’anno, evidenzia Agostiniani “la marcata riduzione delle forme più importanti di bronchiolite nei bambini più piccoli: i casi sono diminuiti in modo significativo, seppur con comportamenti diversi nelle varie regioni, che stiamo studiando come Sip attraverso una survey che a fine stagione epidemica andrà a fare un confronto e un’analisi di come sia cambiato l’andamento delle bronchioliti in Italia in funzione delle diverse strategie adottate. La Toscana per esempio ha iniziato a somministrare l’anticorpo monoclonale a inizio novembre a tutti i nuovi nati e ha accostato questo a un’attività molto ben fatta dalla pediatria di famiglia per il richiamo dei nati dal 1 aprile, con coperture importanti e risultati molti buoni. Ci sono state delle differenze nelle scelte in altre regioni, prevalentemente dettate dal ritardo nell’acquisto del farmaco e dalle decisioni di tipo economico. Sicuramente la migliore opzione è di assicurare la protezione con l’anticorpo a tutti coloro che nascono nella stagione epidemica e poi richiamare i nati nei mesi precedenti per coprire in questo modo tutti i bambini. Se a tutto questo si unisce la vaccinazione in gravidanza, sicuramente abbiamo strumenti per rendere poco pericoloso questo virus che ha sempre messo a repentaglio la salute dei bambini da 0 a 6 mesi in questo periodo dell’anno”.

Per quanto riguarda sintomi e trattamento dell'influenza “il mio consiglio è sempre quello di non farsi spaventare dalla febbre alta, perché è il più potente meccanismo di difesa per combattere le malattie. Ciò che bisogna osservare sono le condizioni generali del bambino: se la febbre scende con un antipiretico e il piccolo è in buone condizioni, anche se poi la temperatura risale questo non ci deve intimorire e dobbiamo dare tempo all’organismo di combattere l’infezione. Se invece è molto mogio, apatico, occorre farlo valutare dal pediatra. Ma spesso la gran paura della febbre che sale non corrisponde a un vero rischio per la salute del bambino, e soprattutto non va accostata alla necessità di terapie antibiotiche, che è priva di qualunque senso scientifico, se non in presenza di una diagnosi di forma batterica. In caso contrario è solo controproducente per la salute del bambino. Fra le forme virali fa poca differenza sapere se si tratta di influenza o di un altro virus, dato che la gestione dei sintomi è lo stessa. Una volta scesa la febbre – precisa il pediatra – non bisogna avere fretta di re-inserire il bambino a scuola o a sport: ognuna di queste malattie deprime un po’ le difese immunitarie, per cui se ci si reca in ambienti affollati e si è convalescenti è certamente più facile incontrare e contrarre altre forme virali. Piuttosto non avere paura del freddo: ci si può vestire adeguatamente e andare a fare un giro al parco”.


Barbara Di Chiara



24 gennaio 2025
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