Sensibilizzare i professionisti sull'importanza della sostenibilità alimentare, fornire strumenti e conoscenze per integrare la sostenibilità nelle pratiche dietetiche e promuovere il dialogo e la collaborazione tra professionalità differenti. Sono questi i tre focus dell’evento “Sostenibilità e Pattern Alimentari: Quali orizzonti?”, tenutosi a Roma presso la Sala di Liegro a Palazzo Valentini.
In linea con l’approccio One Health, promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’evento formativo esplora i modelli da adottare per sensibilizzare ed educare la popolazione: “La sostenibilità alimentare è un tema di crescente importanza, che richiede un approccio multidisciplinare per affrontare le sfide ambientali, economiche e sociali”, spiega Giuliano Gillanti, Presidente della CdA Dietisti dell'Ordine TSRM e PSTRP di Roma e Provincia all’apertura dei lavori.
“Pattern alimentari e sostenibilità: stato dell’arte”
La prima sessione “Pattern alimentari e sostenibilità: stato dell’arte” è stata inaugurata dalla dottoressa Sara Carnevale, dietista e membro del Consiglio Direttivo ASAND, con la relazione “Stili alimentari a confronto”. L’intervento ha analizzato e messo a confronto i principali stili alimentari contemporanei - come la dieta mediterranea, la dieta vegetariana, la dieta vegana e la dieta occidentale – alla luce dei loro impatti nutrizionali, ambientali e socio-culturali. “L’obiettivo - spiega Carnevale - è fornire ai dietisti strumenti critici per valutare i diversi modelli alimentari, non solo dal punto di vista della salute individuale, ma anche della sostenibilità complessiva. Attraverso dati aggiornati e confronti su aspetti quali l’impronta ecologica, l’adeguatezza nutrizionale, la biodiversità alimentare e la fattibilità sociale, la relazione invita a riflettere su come promuovere scelte alimentari più consapevoli, salutari e sostenibili, valorizzando al contempo le specificità culturali e territoriali”, aggiunge la specialista.
Negli ultimi decenni, l’adozione di nuovi modelli alimentari, come la dieta occidentale, è diventata motivo di crescente preoccupazione, poiché favorisce l’infiammazione provocando cambiamenti strutturali nel microbiota intestinale. Questi cambiamenti, definiti con il termine ‘disbiosi’, sono associati non solo a disturbi intestinali, ma anche a numerose malattie extra-intestinali, come disturbi metabolici e neurologici. Studiare l’impatto dei singoli componenti alimentari - macronutrienti, micronutrienti, additivi alimentari - sulla composizione del microbiota è fondamentale per definire la dieta ottimale in grado di modulare il microbiota intestinale in modo sano. Un approccio basato sulla sostenibilità alimentare può contribuire a preservare la biodiversità del microbiota intestinale, favorendo scelte alimentari più equilibrate e riducendo l’uso eccessivo di additivi artificiali. Un microbioma intestinale sano è un ecosistema intestinale ricco di specie, più resistente ai fattori ambientali”, conclude Raoul.
La ristorazione scolastica
La seconda parte della Giornata è stata dedicata, attraverso il contributo di Giovanna Iafelice, tecnologa alimentare e DEC del servizio di Refezione Scolastica di Roma Capitale, alla ristorazione scolastica di che rappresenta un modello organizzativo volto alla tutela della salute, alla sostenibilità ambientale, e allo sviluppo sostenibile. “Nella consapevolezza che la mensa rappresenti un momento importante della vita scolastica ed educativa dei bambini, le scelte attuate possono promuovere appropriati modelli di educazione alimentare sostenibile”, sottolinea Iafelice.
Dell’importanza di promuovere pattern alimentari sostenibili ha parlato Silvia Santoloci, funzionario Dietista di Roma Capitale: “I pattern alimentari – ovvero le abitudini di consumo che caratterizzano popolazioni e individui – sono emersi come uno dei principali fattori determinanti dell’impatto ambientale, e rappresentano oggi uno snodo cruciale nelle strategie per garantire la salute del pianeta e delle persone. Negli ultimi decenni, la crescente preoccupazione per il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e il degrado delle risorse naturali ha posto l’attenzione sulla necessità di trasformare i sistemi alimentari globali in chiave sostenibile. L’agricoltura intensiva, la produzione di carne su larga scala, l’eccessivo sfruttamento del suolo e l’uso massivo di fertilizzanti e pesticidi chimici contribuiscono in maniera significativa alle emissioni di gas serra, all’inquinamento delle acque e alla deforestazione. Si stima che il sistema alimentare globale sia responsabile di circa il 25-30% delle emissioni di gas serra, con la produzione di carne, in particolare di manzo e agnello, in testa alla classifica per impronta carbonica e idrica. I pattern alimentari sostenibili sono, dunque, uno strumento strategico per affrontare simultaneamente le sfide ambientali, sanitarie e sociali del nostro tempo. Adottare una dieta sostenibile non è solo una scelta etica, ma una necessità collettiva per garantire la resilienza degli ecosistemi e il benessere delle generazioni future”, aggiunge l’esperta.
Proteine vegetali e ristorazione collettiva
Vittoria Magliocchetti, dietista esperta di alimentazione vegana e vegetariana, ha risposto ad alcune domande frequenti in tema di “Proteine Vegetali”, presentando le raccomandazioni sui fabbisogni proteici per la popolazione adulta, secondo i LARN. Ancora, offrendo una panoramica dei principali alimenti proteici vegetali ed esplorandone la densità e la qualità proteica, il loro ruolo nella dieta quotidiana, con un approfondimento sui prodotti vegetali confezionati di nuova generazione. Magliocchetti ha illustrato le metodologie per valutare il raggiungimento dei fabbisogni proteici nei pazienti, utilizzando strumenti pratici come l'analisi qualitativa del diario alimentare e modelli basati sulle porzioni, assicurando il rispetto delle frequenze settimanali, con attenzione anche alle proteine provenienti da alimenti non convenzionalmente considerati fonti proteiche. Il tema della “Ristorazione collettiva: formulare menù sostenibili” è stato affrontato da Daniele Belli, dietista presso il SIAN dell’ASL RM1, attraverso un focus sulle linee guida vigenti e sui Criteri Ambientali Minimi. Belli ha posto l’accento sul diffuso e poco sostenibile fenomeno degli sprechi alimentari, evidenziando le buone pratiche attuate sul territorio nazionale e fornendo spunti di riflessione che possano portare ad arginare questa problematica.
Sport e Dieta Plant based
A chiudere i lavori, il Dietista Francesco Fagnani, esperto di alimentazione e sport, con un intervento sulla “Dieta Plant based & Sport”. “Una dieta plant-based, oltre ai noti benefici per la salute, può sostenere le prestazioni sportive grazie all'elevato contenuto di carboidrati e alla quantità di antiossidanti e fito-composti che apporta. Tuttavia, molti alimenti di origine vegetale contengono anche fattori anti-nutrizionali, come ftati, tannini e ossalati che riducono la biodisponibilità di nutrienti chiave, come ferro, zinco, calcio, aminoacidi. Pertanto - aggiunge Fagnani - un’alimentazione a prevalenza vegetale dovrebbe essere attentamente bilanciata per garantire un adeguato in take calorico-nutrizionale e un assorbimento ottimale di tutti i nutrienti essenziali. La correlazione di questa dieta con gli effetti positivi sulla salute è data da un maggiore apporto di frutta, verdura e cereali integrali, piuttosto che dall'eliminazione o riduzione dei prodotti animali. Negli atleti, una dieta prevalentemente a base vegetale ben pianificata con ridotto consumo di cibi ultra-processati non ostacola né favorisce le prestazioni sportive, sebbene sia possibile adottare alcune strategie di integrazione per ottimizzare la performance e prevenire eventuali carenze nell’atleta evoluto.
Per questo motivo un atleta che segue una dieta plant-based dovrebbe lavorare a stretto contatto con un dietista specializzato in nutrizione sportiva al fine di garantire tutti gli effetti benefici, evitando di incorrere in deficit energetico-nutrizionali che inficerebbero la prestazione. Varie pubblicazioni mettono in risalto come non vi siano significative differenze in termini di forza, potenza e resistenza tra atleti che seguono una dieta onnivora e quelli che seguono una dieta plant-based, anche se quest’ultima può presentare il rischio di predisporre a livelli sierici significativamente inferiori di creatina e testosterone, nonché alla carenza di alcuni micronutrienti e ad un inadeguato apporto proteico. Per non incorrere in tali problematiche l’integrazione costituisce un valido supporto. Occorre quindi analizzare con accuratezza quelli che sono i nutrienti essenziali che devono essere attenzionati ed integrati all’occorrenza a scopo correttivo, preventivo e prestativo (proteine in polvere, creatina, beta-alanina, caffeina, vitamina B12, vitamina D, acidi grassi omega-3, zinco, calcio, ferro, iodio, vitamina K2, selenio, probiotici, nitrati, sodio, potassio, taurina, vitamina A e magnesio).
Pertanto, possiamo affermare la necessità di un doveroso distinguo tra popolazione generale e atleti: se nel primo caso, fatta eccezione per alcune condizioni cliniche specifiche, questo tipo di scelta alimentare (in ogni caso ben strutturata) non richieda ulteriori attenzioni particolari, nel secondo caso diviene essenziale affiancare la dieta con un corretto timing e con un’attenta e personalizzata supplementazione nutrizionale il cui obiettivo è quello di salvaguardare la salute, promuovere il benessere e sostenere la performance”, conclude Fagnani.