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Malattia mentale e disagio psicologico richiedono risposte specifiche e diverse

di David Lazzari

24 OTT -

Gentile Direttore,
quanti sono i problemi di salute? Le situazioni per le quali il cittadino si rivolge ai servizi sanitari o si ricovera in ospedale? Quante di queste chiamano in causa l’intera persona e non solo il suo corpo? Quante di queste hanno aspetti psicologici rilevanti o richiedono una risposta psicologica?

Facciamo qualche esempio. Una coppia che ha problemi di sterilità o infertilità, che magari deve ricorrere alla procreazione assistita. Oppure che vuol fare un percorso di affido. Una donna che ha bisogno di aiuto psicologico nella gravidanza, dopo il parto o nei primi mesi o anni di vita del bambino, i famosi mille giorni così fondamentali per il futuro del bambino. L’accompagnamento nelle situazioni in cui il bambino ha una condizione particolare o difficile. Una donna che intende interrompere la gravidanza o che è costretta a farlo per motivi sanitari. Una donna che deve affrontare i problemi della menopausa. Una famiglia che si trova in condizioni di disagio, magari nel rapporto di coppia o nella relazione con i figli, un adolescente che vuole confrontarsi coi suoi problemi. Le diverse situazioni di disagio psicologico in cui una persona ancora non è malata ma non sta più bene.

Ma ancora, il campo delle malattie fisiche, l’intervento nella comunicazione di diagnosi gravi, il supporto e la preparazione negli inter diagnostici e terapeutici particolarmente invasivi, nella gestione delle nuove tecnologie, il supporto alle persone con malattie ad elevato impatto stressante e psicologico, come quelle oncologiche o molte cardiovascolari solo per fare un esempio, che richiedono importanti risorse soggettive per essere affrontate, ma anche dei familiari e dei caregiver. Il supporto alle persone malate, ai familiari e caregiver per la gestione delle situazioni, spesso croniche, nelle quali gli aspetti psicologici sono fondamentali per la gestione della malattia. La cura degli aspetti psicologici nelle terapie del dolore e nelle cure palliative.

L’esperienza recente della pandemia ci ha mostrato che nelle intensive, nei luoghi di cura, nelle RSA, a casa delle persone, gli interventi psicologici integrati con quelli medici e infermieristici, hanno costituito una parte importante della risposta sanitaria, ampliandola alla persona e ai suoi vissuti.

E dell’assistenza fa parte anche la prevenzione, la promozione di comportamenti e stili di vita, la psicoconsulenza ed educazione per migliorare l’aderenza e l’alleanza terapeutica, la riabilitazione sempre più diffusa grazie ai progressi nelle cure e che non è solo fisica.

I dati delle evidenze sono eclatanti: gli aspetti soggettivi e relazionali, ovvero ciò di cui si occupano gli psicologi, fanno la differenza in termini di successo delle cure, andamento delle malattie, qualità di vita e costi economici per i cittadini e per il sistema. L’impatto della psiche sul corpo e sul modo di affrontare le situazioni è spesso cruciale.

Infine, la gestione dei fondamentali aspetti psicologici nel personale sanitario, nel processo di cura, nella qualità delle relazioni, nell’umanizzazione, nella gestione delle emozioni, dello stress, delle criticità e delle emergenze. Avere un contesto di cure e operatori human oriented è ormai indispensabile, anche perché la sempre maggiore tecnologia richiede più psicologia.

Questo lungo ma non esaustivo elenco di problemi e situazioni non è scelto a caso: è’ solo una parte delle risposte psicologiche che il nostro SSN deve dare ai cittadini in base alle leggi vigenti.

Questo chiarisce, semmai ce ne fosse bisogno, la portata e la trasversalità delle attività psicologiche nel SSN. Una situazione che, soprattutto a risorse limitate, richiede una “cabina di regia” a livello di ciascuna azienda sanitaria ed ospedaliera per organizzare, distribuire, ottimizzare le risorse nei diversi dipartimenti, servizi e strutture che compongono l’azienda.

La mancanza di questo coordinamento nella maggior parte delle realtà ha penalizzato seriamente i cittadini e le stesse aziende. Ora finalmente c’è una legge che prevede una unica “funzione aziendale di Psicologia” per ciascuna azienda e c’è una linea di indirizzo frutto di una commissione del Ministero della Salute che ha visto la partecipazione di ISS, Regioni, Agenas e società scientifiche oltre che del CNOP.

Ogni Regione, nella sua autonomia, potrà dare la veste più adeguata a questa realtà, l’essenziale è che una lacuna organizzativa venga colmata facendo tesoro di molte altre iniziative simili, come quelle per le attività farmaceutiche, gli anestesisti negli ospedali, le professioni infermieristiche, tecniche e della riabilitazione. Il punto essenziale è mettere questa funzione al servizio dell’intera azienda, senza “sacrificarla” o comprimerla in un dipartimento settoriale. Basta leggere l’elenco dal quale siamo partiti per capire che in un ospedale o in una ASL non c’è un settore clinico che possa, da solo, fosse anche quello per la cura delle malattie mentali, coprire l’insieme.

Nei CSM/DSM gli psicologi ci devono essere e in numero adeguato perché anche le malattie mentali richiedono psicologia e psicoterapia e non solo farmaci. Ma ricondurre tutta la psicologia alla psichiatria e tutte le tematiche psicologiche ai servizi di salute mentale è un errore che non tiene conto della realtà. Non è un caso che meno del 40% degli psicologi del SSN lavora nei servizi di salute mentale. Gli stessi cittadini hanno oramai chiara la differenza.

Ci saranno resistenze perché spesso l’organizzazione dei servizi è guidata da logiche di potere ma se chi li organizza guarda alla realtà oggettiva questa legge, finalmente, troverà la sua applicazione.

David Lazzari

Presidente CNOP



24 ottobre 2022
© Riproduzione riservata

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