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Nuoro. Infermiere di Comunità da solo in turno presso la Guardia medica ad Aritzo. Il caso fa discutere

di Elisabetta Caredda e Lucia Conti

Il caso è stato sollevato dal capogruppo del PD, Gianfranco Ganau che su facebook annuncia un’interrogazione all’Assessore. Ma il Dg della Asl interessata chiarisce “l’Infermiere di Comunità fa parte di un progetto sperimentale comunicato ufficialmente”. Per capire meglio come stanno le cose QS ha sentito diversi esponenti locali e il presidente della Fnomceo Anelli. Ecco cosa hanno detto

15 DIC -

La carenza di medici sta creando non poche problematiche nel servizio di continuità assistenziale, quindi per la copertura delle guardie mediche, nelle comunità dei paesi più interni dell’isola. Ed a tal proposito, nella giornata di ieri infuria la polemica dopo un post facebook pubblicato dal capogruppo del Partito democratico, Gianfranco Ganau, che diventa virale, dove il consigliere denuncia che il turno di Guardia medica ad Aritzo è stato coperto da un infermiere e che parrebbe, che la retribuzione oraria riconosciutagli sia stata di gran lunga superiore a quella riconosciuta ai medici.

A stretto giro risponde con una nota il direttore generale della Asl 3 di Nuoro, Paolo Cannas, che spiega: “In riferimento ai recenti interventi postati sui social media, a seguito dell’avvio “sperimentale” dell’Infermiere di comunità (come da Decreto Ministeriale n. 77) nell’area distrettuale di Sorgono, la Direzione dell’ASL n. 3 di Nuoro comunica che il Servizio di Continuità Assistenziale deve essere certamente garantito e su questo la ASL sta continuando a investire tempo e risorse al fine di implementare il personale medico”.

“Altra cosa è, invece, la sperimentazione – voluta e concordata con l’Assessorato regionale alla Sanità - dell’Infermiere di Comunità. Sperimentazione di una figura peraltro prevista dal DM 77, che – insieme alla Teleassistenza e alla Telemedicina - fa parte di un progetto che prevede la presa in carico globale del paziente nel modello medicina di prossimità. Tale modello sperimentale prevede che vi siano più servizi nel territorio, che completano l’offerta sanitaria, ovvero:

  1. la Teleassistenza, ossia il monitoraggio del comportamento di pazienti “fragili”, con una assistenza alle persone che vivono da sole e devono essere costantemente monitorate e seguite nei comportamenti e stili di vita;
  2. la Telemedicina, che invece monitora a distanza i parametri vitali di particolari categorie di pazienti: a tal proposito l’ASL di Nuoro sta partendo con 400 pazienti affetti da scompenso cardiaco, ai quali sarà garantito questo servizio innovativo, capace anche di migliorare nettamente la qualità della vita;
  3. infine gli infermieri di comunità, che completano una presa in carico moderna e funzionale sul territorio, ed effettuano un “triage” necessario per indirizzare il paziente.

Per quanto concerne i parametri della remunerazione di infermieri, medici o ingegneri che si occupano di questo progetto, sono quelli regolamentati dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. L’infermiere nella giornata di ieri ha semplicemente svolto il suo normale servizio di lavoro, nel proprio turno di attività, oggi rientrante anche nel progetto sperimentale che abbiamo attivato”, conclude la nota della Asl.

Quotidiano Sanità ha approfondito sull’argomento e sentito diversi interlocutori. Il capogruppo Pd, Gianfranco Ganau, che è anche componente della commissione Sanità, puntualizza: “Non chiariscono però il ruolo di "sostituzione" in un servizio di Guardia Medica. L'infermiere di comunità in assenza del medico può solamente fare un triage a seguito del quale deve necessariamente rinviare il paziente ad un medico per la diagnosi e cure del caso. A meno che non si assuma responsabilità non proprie che sconfinano nell'abuso di professione medica. Se è così che tipo di risposte può dare ai pazienti che si rivolgono ad un servizio di continuità territoriale che ha come fine la sostituzione del medico di base nelle ore notturne e festive? Poi, siamo sicuri che non siano state riconosciute come "prestazioni aggiuntive" quelle dell'infermiere?”

Il Sindaco di Aritzo, Paolo Fontana, ci spiega: “Sapevamo che a Dicembre alcune giornate erano scoperte, abbiamo anche provato a cercare altri medici disponibili, senza però alcun risultato. La situazione ad esempio a Desulo è anche più grave. Relativamente all'infermiere è stato attivato in via sperimentale il progetto dell'infermiere di Comunità, che non sostituisce la guardia medica, ma andrà a potenziare i servizi alla Comunità”.

Per Maria Maddalena Giobbe, Presidente OMCeO – Nuoro -: “Avevo letto la notizia circa un mesetto fa sul fatto che la Asl di Nuoro avesse avviato il progetto sperimentale dell’Infermiere di comunità, per lavorare su turni scoperti riguardo all’assistenza sanitaria nei paesi facenti parte dell’area di Sorgono. Questo è stato divulgato come progetto sperimentale per sopperire alla carenza dei medici. Il che mi ha lasciato un po' perplessa”.

“L’infermiere di comunità va benissimo per quelli che sono i suoi compiti assistenziali – commenta la presidente OMCeO -. Ma non si può dire che si sopperisce alla carenza dei medici con l’infermiere di comunità. Perché questo non è accettabile. A ciascuno il proprio ruolo! Benissimo nel 2022 la presenza della figura infermieristica in percorsi innovativi così come tutte le altre professioni. Anche il medico non è più quello che c’era 50 anni fa. Sono evolute le competenze, le tecnologie, e tanto altro. Quindi anche nella professione infermieristica si sono fatti dei passi in avanti, enormi. Però non confondiamo i ruoli. Questo è importante ribadirlo. Perché se si dice che l’infermiere di comunità ha il compito di fare prelievi, medicazioni, rilevazione dei parametri vitali, terapie infusionali, chi è però che prescrive queste cose? E’ il medico”.

“Certamente l’infermiere non è prescrittore – prosegue Giobbe -. Anche se su questo punto bisogna rilevare un’altra cosa, che si sta facendo strada. Ossia, da un articolo recente leggevo che solo l’Italia non ha l’infermiere prescrittore. Stiamo quasi arrivando alla prescrizione dei farmaci da parte degli infermieri. Stiamo arrivando al trasferimento delle competenze da una figura professionale a un’altra che non ha la medesima formazione. Il paziente non può andare nella guardia medica e trovare l’infermiere. Può trovare l’infermiere, ma ci deve essere il medico. Ed è questa una questione auspicabile, così come è auspicabile che un domani ci possa essere ad affiancare il medico di base, l’infermiere di famiglia. Questo è assolutamente accettabile. Si parla di competenze di équipe che, come avviene in ospedale, si integrano, ma certamente l’una non sostituisce l’altra. Ognuno ha fatto una scelta professionale e ciascuno è stato formato per quelle competenze specifiche, così come tra medici, uno specialista di una data disciplina non può sostituire un’altro specialista di specializzazione medica differente, conclude la presidente OMCeO.

Sul caso abbiamo sentito anche il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, secondo il quale “se c’è una grave carenza di medici e la Asl ritiene necessario aprire un ambulatorio di questo tipo per dare risposta alle persone, è chiaramente libera di farlo”, ma “va assolutamente evitato di mettere in atto una sovrapposizione di competenze, contraria anche alla legge”. Per Anelli, però, va anche allontanato il rischio di “aprire una questione tra professioni”, perché “la carenza dei medici non dipende dalle professioni, che si stanno piuttosto facendo carico di una difficoltà causata dalle Regioni. La Regione Sardegna avrebbe potuto fare una precisa programmazione, formando più medici di medicina generale per assicurarsi un ricambio di professionisti”.

“I medici e gli infermieri fanno due lavori diversi - ha spiegato il presidente della Fnomceo -. La cosa ottimale sarebbe se potessero lavorare insieme, ciascuno per le proprie competenze”. Sul caso della Sardegna, ha concluso Anelli, “la Asl ha il dovere di essere chiara nei confronti dei cittadini e spiegare che lì non potrà ricevere diagnosi e prestazioni mediche, bensì infermieristiche, che sono importanti ma sono un’altra cosa”.

Sulla vicenda interviene infine anche l’assessore alla Sanità, Carlo Doria, “Nessun infermiere con tutta la sua professionalità può sostituire un medico in nessuna organizzazione. Esistono purtroppo realtà che ho ereditato dove abbiamo carenze di figure mediche con difficoltà nella copertura dei turni di guardia nel servizio di continuità assistenziale che va completamente rivisitato e rinnovato come anticipato nella scorsa audizione in commissione sanità con Gianfranco Ganau presente”.

“L’infermiere di cui si parla non vuole sostituire alcun medico – prosegue l’esponente di Giunta - ma rappresenta il primo “esperimento” della figura di infermiere di comunità presente in realtà sanitarie evolute nazionali ed estere, che ha come mission quella di “prendersi cura” dei pazienti, soprattutto anziani andando al domicilio per garantire quei servizi che altrimenti il paziente dovrebbe ricercare lontano dal domicilio (es. prelievi ematici, terapie farmacologiche intramuscolare ed endovenosa, misurazione pressione arteriosa, stick glicemici etc.); sempre dietro prescrizione ed indicazione medica”.

“Il futuro immediato, come detto in commissione, dovrà prevedere una profonda riorganizzazione della continuità assistenziale per portare la sanità territoriale nel terzo millennio arricchita anche della tecnologia (vedi telemedicina), di tanto si parla ma che nessuno ha messo in pratica. In questo progetto avranno un ruolo importantissimo le energie e l’entusiasmo dei giovani colleghi delle USCA con cui ho già avuto vari incontri e che entreranno con piacere nel progetto di cura dei cittadini Sardi”, conclude Doria.


Per Marina Fancellu, segretario regionale Sardegna del Sindacato Medici Italiani (Smi), “nell’utilizzo dell’infermiere di comunità (o di famiglia che a dir si voglia ma ancora non istituzionalizzata a livello regionale e, a detta dei responsabili della ASL nuorese, in forma sperimentale) nella sede della Continuità Assistenziale di Aritzo, in provincia di Nuoro, come anche in altre sedi quali Sedilo,ci sono diverse incongruenze. A partire dalla presenza degli infermieri nelle stesse sedi e locali in uso alla Continuità Assistenziale con lo stesso orario notturno”.

Per Fancellu “si corre il rischio di generare confusione nei pazienti che accedono al servizio convinti di trovare un medico. Grande rispetto per la professionalità degli infermieri ma devono essere chiari i limiti tra le due professioni che hanno compiti diversi e ben specifici. Gli infermieri non possono avere compiti diagnostici e prescrittivi, si travalicherebbe nell’abuso di professione. È chiaro che siamo in presenza di una comunicazione non del tutto limpida e trasparente da parte della direzione dell’ASL n. 3 di Nuoro”.

“Vorremmo - prosegue la sindacalista dello Smi - che le autorità politiche ed amministrative responsabili della sanità in Regione Sardegna ci spiegassero perché le attività degli infermieri vengono proposte, in questo caso, di notte e non di giorno con ovvio disagio per i pazienti che certo non vanno a chiedere prestazioni tipo medicazione o monitoraggio della glicemia in tarda notte. Tutto ciò appare come un tentativo maldestro di sostituire il medico di Continuità Assistenziale (ex guardia medica) e conseguente azzeramento delle prestazioni mediche. Non vorremmo - aggiunge Fancellu - che il caso della Continuità Assistenziale di Aritzo fosse un escamotage, il tentativo, appunto maldestro, di sopperire alla mancanza di medici e poi applicarlo in caso di necessità su più ampia scala. Per rispondere alla mancanza di medici di continuità assistenziale e di medicina generale sono due i versanti su cui si deve urgentemente provare una soluzione condivisa: nuove politiche retributive con scelte chiare su diritti e tutele della categoria e andare all’origine di questo problema che riguarda tutte le categorie dei medici ossia una revisione dell’accesso alla facoltà di medicina”.

Per lo Smi, “la Regione Sardegna, per la Continuità Assistenziale in tutte le sedi con simili condizioni di disagio, avrebbe dovuto raccogliere i segnali di allarme che avevamo già inviato come Sindacato a suo tempo prevedendo maggiori e realistici incentivi per i medici che operano in quelle aree, in modo da attrarre i medici e così garantire l’assistenza medica anche nelle zone disagiate”.

Elisabetta Caredda e Lucia Conti



15 dicembre 2022
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