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Un’intelligenza artificiale per analizzare il pianto dei neonati

di Camilla de Fazio

Un team di medici e ricercatori del Centro NINA di formazione neonatale, dell’Ospedale S. Chiara di Pisa e dell’Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione del Cnr ha realizzato un algoritmo di Intelligenza Artificiale, reso disponibile in maniera aperta e gratuita, il cui scopo è di permettere a qualunque ospedale di creare automaticamente e in maniera semplice una base di dati di campioni di pianto neonatale

13 FEB -

Il pianto dei neonati è una sorta di linguaggio con cui il bambino cerca di comunicare le proprie esigenze, e l’intelligenza artificiale può aiutarci a decodificarlo.

Un team di medici e ricercatori del Centro NINA di formazione neonatale, dell’Ospedale S. Chiara di Pisa e dell’Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione del Cnr ha realizzato un algoritmo di Intelligenza Artificiale, reso disponibile in maniera aperta e gratuita, il cui scopo è di permettere a qualunque ospedale di creare automaticamente e in maniera semplice una base di dati di campioni di pianto neonatale.

A partire dal database, secondo i ricercatori, sarà possibile addestrare un software a distinguere un pianto fisiologico da un pianto patologico e in futuro, magari, arrivare a una diagnosi precoce di specifiche patologie. Per il momento, in uno studio pubblicato dalla rivista Neural Computing and Applications i ricercatori hanno mostrato l’efficacia del loro sistema nel riconoscere il pianto del neonato in stanze d’ospedale rumorose per la creazione di database.

“Quello che stiamo cercando di fare usando l’Intelligenza Artificiale per la decodifica del pianto, avviene normalmente in natura”, racconta il Dott. Armando Cuttano, Direttore del Centro NINA. “Nei primi giorni di vita del bambino, le madri non riescono a distinguere i tipi di pianto e ad attribuire loro un significato. Con il tempo poi imparano ad associare alla prosodia del pianto - alle pause, al tono, al “colore” del pianto, abbinati ai movimenti del neonato - particolari significati. Un neonato che si fa male piange in un modo acuto e disperato e mette la madre in allerta. In caso di febbre, invece, il pianto diventa più cupo e lamentoso. La fame, le coliche, la paura, sono associati tutti a un tipo di pianto particolare. Sono convinto che la stragrande maggioranza delle madri arrivi ad acquisire un’importante capacità di percezione e comunicazione con il proprio bambino. Ecco, a partire da questa consapevolezza ci siamo chiesti: se la madre riesce a dare significato alla prosodia dei vari pianti, potrebbe riuscirci anche una rete neurale?”


I bambini piangono “in lingua”
Diversi ricercatori hanno già messo a punto algoritmi di IA che analizzano il pianto ed assistono i medici nella diagnosi precoce di patologie neonatali. La maggioranza degli esperimenti si concentra su patologie come sordità, segni di asfissia, ipotiroidismo, insufficienza respiratoria e infezioni. Il compito degli algoritmi è di identificare segni patologici nelle frequenze caratteristiche del pianto e segnalare ai medici le anomalie identificate. I sistemi moderni riescono a raggiungere delle ottime prestazioni di diagnosi precoce su singoli neonati, ma non riescono a coprire tutta l’ampia variabilità del pianto. Mettere a punto database di questo tipo è molto dispendioso e non esistono banche dati di pianto neonatale aperte e condivise tra équipe mediche di Paesi diversi.

Inoltre, come spiega Gianpaolo Coro, Ricercatore dell’Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione del Cnr e primo autore dello studio, anche se questi database fossero open source difficilmente potremmo usarli in Italia. “La maggior parte delle banche dati è stata messa a punto in altri Paesi, come il Messico o il Canada, e contiene pianti di bambini del posto. Il problema è che diversi studi cognitivi hanno dimostrato che i bambini piangono… in lingua”. Sembra che l’intonazione, il ritmo e la durata del pianto dipendano dalla lingua parlata dalla madre e vengano apprese prima della nascita, nell’ultimo trimestre di gestazione.
Per questo è importante e utile mettere a punto un database, di libero accesso, in Italia.

Un sistema semplice ed economico
“Noi abbiamo proposto un sistema intelligente che si adatta alle condizioni in cui opera”, dice Coro. Nello studio - condotto in collaborazione con l’ingegnere del Centro Nina Serena Bardelli, con la Dott.ssa Rosa Teresa Scaramuzzo e con il Dott. Massimiliano Ciantelli, neonatologi del Centro Nina - i ricercatori hanno posizionato dei cellulari all’interno di una stanza rumorosissima in tre ambienti diversi: un nido, una terapia sub-intensiva e una terapia intensiva, in cui erano presenti in totale 20 bambini e circa 16 operatori sanitari.

“I cellulari hanno registrato i suoni e il nostro software ha individuato efficacemente il pianto dei neonati distinguendolo dagli altri rumori e lo ha isolato. La selezione stessa ha permesso al sistema di auto-addestrarsi per riconoscere sempre meglio il pianto dei bambini”.
Si tratta di un sistema semplice e poco costoso, ancora in corso di sperimentazione.
Al momento è possibile selezionare dei momenti di pianto ed estrarli per sottoporli ai neonatologi oppure usarli per creare database di pianto neonatale che poi potrà essere sfruttato dai clinici o da altri sistemi di IA per una diagnosi precoce.

Campionamento in live
“Io credo che la marcia in più del nostro studio consista nella possibilità di effettuare un campionamento in live, registrando direttamente nelle stanze. A partire dal database così creato potremmo poi distinguere un pianto fisiologico da un pianto patologico”, dice Cuttano.

Attualmente i ricercatori stanno lavorando per mettere in produzione questo sistema. La prima sperimentazione, oggetto dell’articolo pubblicato, è stata effettuata usando strumenti molto semplici, dei cellulari appunto. “Aspettiamo l’approvazione della ricerca da parte di un comitato etico per poter effettuare registrazioni su singoli bambini, posizionando dei microfoni sulle incubatrici. Con il tempo speriamo di identificare il pianto patologico e forse, in futuro, anche di riuscire a distinguere, usando l’IA, i diversi tipi di patologia”, osserva Coro.

Entrambi gli autori, sottolineano comunque che l’IA non dovrà mai sostituirsi ai medici o ai genitori, ma potrà essere uno strumento di supporto.
“Quando il sistema verrà messo a punto, in futuro, potrei immaginarlo inserito in un Device come quelli che permettono di tracciare l’elettrocardiogramma o la saturazione”, conclude Cuttano. “Potrebbe esserci uno strumento che monitora il pianto e decodifica lo stato del neonato”.

Camilla de Fazio



13 febbraio 2023
© Riproduzione riservata

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