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Aifa: "Vitamina D sorvegliato speciale. Boom di consumi e prescrizioni poco appropriate"


In Italia il consumo di Vitamina D è cresciuto del 17,6% rispetto al 2012, per un mercato che ammonta a 187 milioni di euro all’anno. Pani: “Ci troviamo di fronte a prescrizioni non appropriate, ad esempio per le diete dimagranti, non sostenute dalle evidenze scientifiche”.

12 FEB - La Vitamina D è “un ’sorvegliato speciale’". Lo ha definitivo così Luca Pani, direttore generale dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), ponendo l'attenzione sul trend di crescita costante che le vendite di Vitamina D stanno facendo registrare in tutto il mondo, legato anche, denuncia l'Aifa, al "possibile utilizzo inappropriato da parte dei pazienti”.

In effetti il mercato globale della Vitamina D, secondo i dati resi noti da Euromonitor International e rilanciati oggi dall'Aifa, che al caso Vitamina D ha dedicato uno spazio sul proprio sito internet, è uno dei più lucrativi e in rapida espansione nell’ambito del settore dei cosiddetti “nutraceutici”. Tra il 2007 e il 2012 ha fatto registrare il più alto tasso annuo di crescita composto (20%) dell’intero comparto e ad oggi si attesta a quota 934 milioni di dollari. Secondo le previsioni più recenti potrebbe raggiungere quota 1,3 miliardi di dollari entro il 2017, a fronte dei 315 milioni di vendite globali nel 2007. “In Italia la vitamina D produce un mercato che ammonta a 187 milioni di euro su base annua”, spiega Pani sottolineando che “l’Aifa ha guardato con attenzione i dati e ciò che emerge è che ad essere in aumento è il consumo di vitamina D da sola (+17,6% rispetto al 2012), mentre è in riduzione il consumo di farmaci a base di calcio in combinazione con Vitamina D (-3,6% rispetto al 2012) e quello del calcio da solo è costante”. La crescita del consumo di Vitamina D, secondo gli analisti, sarebbe legata alle indicazioni contenute in diversi studi e alle raccomandazioni degli esperti, che associano l’assunzione di questa sostanza a numerosi benefici in termini di salute. “In poche parole – afferma Pani -  ci troviamo di fronte a prescrizioni di Vitamina D non appropriate, ad esempio per le diete dimagranti, non sostenuto dalle evidenze scientifiche”.

Infatti, spiega l’Aifa, “recentemente alcune revisioni sistematiche hanno sollevato dei dubbi circa l’utilità dell’impiego della vitamina D per prevenire l’osteoporosi, se assunta da sola, oltre che sui suoi effetti sulla salute in generale”. Ad esempio, secondo uno studio pubblicato su The Lancet, quasi la metà degli adulti di età superiore ai 50 anni assume integratori a base di vitamina D come coadiuvante nella prevenzione dell’osteoporosi. I ricercatori, guidati dal Prof. Ian Reid, hanno analizzato, con la metodologia della revisione sistematica, 23 trial clinici (durata media 23 mesi e mezzo, 4082 partecipanti in totale, 92% donne, età media 59 anni). “La conclusione del team di ricerca è stata piuttosto netta – sottolinea l’Aifa -: non esistono evidenze sufficienti a sostegno dell’assunzione di integratori di vitamina D negli adulti che non presentano rischi specifici di deficienza di questa vitamina. L’assunzione abituale di vitamina D non ha dunque mostrato effetti significativi sulla densità minerale ossea e pertanto sulla capacità di prevenire l’osteoporosi”.

Un’altra revisione sistematica pubblicata su The Lancet - Diabetes and Endocrinology, riferisce ancora l'Aifa, ha analizzato 450 studi, prospettici e interventistici, per determinare se vi fosse una relazione inversa tra la concentrazione di calcidiolo (25(OH)D) e l’insorgenza di varie patologie non muscolo scheletriche (tra cui aumento ponderale, malattie infettive, sclerosi multipla, disordini dell’umore e molti altri) arrivando a ritenere che la carenza di vitamina D sarebbe un effetto della malattia e non la causa. Il team di ricercatori  indica nei processi infiammatori, coinvolti nell’insorgenza della malattia, e nel decorso clinico la causa della riduzione dei livelli di 25 (OH) D, spiegando perché bassi livelli di vitamina D vengono riportati in merito a una vasta gamma di disturbi.

“Entrambi gli studi – evidenzia l’Aifa - indicano la necessità di un ripensamento critico, alla luce delle evidenze, dell’utilità terapeutica degli integratori di vitamine e minerali, come peraltro sostenuto con forza da numerosi clinici su Annals of Internal Medicine. In un editoriale titolato in maniera inequivocabile Enough Is Enough: Stop Wasting Money on Vitamin and Mineral Supplement – aggiunge l’Agenzia italiana del Farmaco - , gli autori fanno notare che ‘la prescrizione di integratori di Citamina D, tuttavia, è un’area di ricerca ancora aperta, in particolare per quanto riguarda le persone carenti. Gli studi clinici sono ambigui e talvolta contraddittori’”. Ma aggiungono che “anche se sono necessari studi futuri per chiarire l'uso appropriato degli integratori di Vitamina D, l’attuale utilizzo generalizzato non è basato su prove concrete che i benefici siano superiori ai rischi”.

12 febbraio 2014
© Riproduzione riservata

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