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Alimentazione. Ecco perchè non bisogna lavare il pollo prima di cucinarlo. Aumentano i rischi di batteri

di Viola Rita

Lo dice la Food Standards Agency britannica, che durante la recente Food Safety Week 2014 ha lanciato lo slogan ‘Don’t wash raw chicken’. Solo la cottura completa elimina i batteri, mentre l’acqua, con cui spesso si sciacqua il pollo crudo prima di cucinarlo, può diventare, attraverso gli schizzi, un veicolo per la diffusione dei batteri, come il Campylobacter, su mani, stoviglie, alimenti e altri utensili circostanti. IL VIDEO della campagna

02 LUG - “Don’t wash raw chicken” – “Non lavare pollo crudo”- è lo slogan della Food Safety Week 2014, una campagna condotta dalla Food Standards Agency (http://www.food.gov.uk/), ente britannico per la sicurezza alimentare.
“Vogliamo proteggere te e la tua famiglia da intossicazione alimentare nella tua casa, soprattutto quando si maneggia il pollo. Così, per la Settimana per la sicurezza alimentare, quest'anno vogliamo dire: 'Non lavare il pollo crudo'. Questo a causa della presenza di un germe alimentare chiamato ‘campylobacter’, la causa più comune di intossicazione da cibo nel Regno Unito. Esso può essere fatale”, si legge in apertura della pagina web della Food Standards Agency.
 
Secondo l’ente, quando sciacquiamo il pollo in acqua fredda nel lavandino, prima di cucinarlo, il rischio è che alcuni batteri, tra cui appunto il campylobacter, possano diffondersi attraverso gli schizzi di acqua, senza che ce ne accorgiamo (dato che si tratta di organismi microscopici), su utensili, alimenti e stoviglie circostanti, nonché sui nostri abiti (secondo l’immagine riportata qui accanto); mentre una cottura completa è l’unica ‘arma’ per eliminare ogni batterio presente.
Una goccia ‘infetta’ può viaggiare circa 50 centimetri in direzione parallela rispetto al piano del lavandino e fino a 60-70 centimetri in direzione perpendicolare a tale piano.
 
Lo slogan ‘Non lavare il tuo pollo’, inoltre, era già stato diffuso l’anno scorso, nel 2013, da un gruppo di ricercatori della Drexel University, mediante una campagna di sensibilizzazione sul tema (con il relativo video).
 
A tal proposito la Food Standards Agency  diffonde le quattro regole per evitare che il campylobacter possa portare un’intossicazione alimentare:  
1. “Copri e raffredda il pollo crudo” è la prima regola: coprire conservare questa carne nella parte posteriore del frigorifero (a 5 gradi centigradi o meno) fa sì che i suoi liquidi non possano sgocciolare su altri alimenti, contaminandoli con eventuali batteri.
2. “Non lavare il pollo crudo”, che è anche lo slogan della campagna di sensibilizzazione: mentre la cottura elimina il campylobacter e tutti i batteri, il risciacquo può consentire la diffusione dei germi attraverso gli schizzi.
3. “Lava gli utensili utilizzati”: il lavaggio e la pulizia di tutti gli strumenti di cucina usati (dalle posate ai piatti, dal tagliere alle superfici su cui è stato poggiato il pollo crudo, come anche lavarsi le mani con acqua calda e sapone sono azioni importanti per evitare il problema e una cross-contaminazione da campylobacter.
4. “Effettua una cottura completa del pollo” è l’ultima regola diffusa dalla Food Standards Agency: è importante che il pollo sia ben cotto in tutte le sue parti. Per assicurarsene, bisogna tagliare il pollo nella parte più spessa e verificare che la carne non sia rosa e che i liquidi scorrano liberamente.
 
Il rischio di cui si parla è legato alla cross-contaminazione (contaminazione incrociata), un fenomeno che si verifica quando batteri come il campylobacter vengono diffusi tra i cibi, le mani, gli utensili, le superfici di appoggio ed altri strumenti utilizzati. La Food Standards Agency raccomanda di “evitare la contaminazione incrociata, mantenendo separati i cibi crudi da quelli cotti, e di lavare gli utensili dopo averli utilizzati per la carne cruda e le verdure non lavate. Questo evita che i batteri si diffondano su altri cibi pronti da mangiare”.
 
Le intossicazioni alimentari da campylobacter, che in alcuni paesi europei sono notificate più frequentemente di quelle da Escherichia coli, listeria e salmonella, causano una serie di sintomi, tra cui dolore addominale e diarrea, febbre e talvolta vomito, per la durata da due a cinque giorni, riferiscono gli esperti, ma possono trascorrere anche 10 giorni prima di sentirsi meglio. Inoltre, la contaminazione può determinare anche sintomi più gravi, tra cui la sindrome di Guillain-Barré, una condizione del sistema nervoso che può essere letale. Molte persone guariscono senza necessità di trattamenti nell’arco di 2-5 giorni. Tra le terapie, invece, trattamenti per combattere la disidratazione e nei casi più severi la terapia antibiotica. 
In base al report annuale del 2012 sulle zoonosi, Trends and Sources of Zoonoses, Zoonotic Agents and Food-borne Outbreaks in 2012, pubblicato lo scorso febbraio 2014 dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) in collaborazione con il Centro europeo per il controllo malattie (ECDC), la campilobatteriosi nel vecchio continente tra le zoonosi è la più notificata con circa 214mila casi, mentre la salmonellosi, la cui notifica è in diminuzione, conta circa 91mila casi.

Viola Rita
 

02 luglio 2014
© Riproduzione riservata

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