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Demenze. Poco personale nei centri e uno su quattro aperto solo 1 giorno a settimana. L’indagine Iss


In Italia ci sono oltre 500 Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze (CDCD) sparsi sul territorio nazionale ma a livello di personale impiegato e aperture la situazione mostra parecchie problematiche. “ Questi dati fotografano le criticità dell’offerta sanitaria presente in Italia per i CDCD sia per quanto riguarda il numero complessivo di professionisti che per la scarsità di altre tipologie di professionisti diverse dai medici”.

22 MAR -

Negli oltre 500 Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze (CDCD) sparsi sul territorio nazionale, vi lavorano in media 5 professionisti. Un terzo circa di questi centri è diretto dal neurologo, un altro terzo dal geriatra e in poco meno di un altro terzo operano almeno due delle tre figure mediche fondamentali (neurologo, geriatra, psichiatra), mentre nel 5% dei casi a coordinare è lo psichiatra. Scarseggiano, inoltre, altre tipologie di professionisti (infermieri, fisioterapisti, logopedisti, mediatori culturali) nell’organico delle strutture. È quanto emerge dalla survey sui CDCD, condotta dall’Osservatorio Demenze dell’ISS tra luglio 2022 e febbraio 2023, i cui risultati (che fanno riferimento alle attività del 2019), sono presentati oggi nel corso del webinar “Progetto Fondo per l’Alzheimer e le demenze - Risultati della Survey dei Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze (2022-2023)”, rivolto al personale dei CDCD. L’indagine ha inoltre evidenziato che un quarto dei CDCD è aperto un giorno a settimana. Tra quelli aperti 5 giorni a settimana, la maggioranza (43.5%) è al Nord, il 27.5% al Centro e il 24.6% al Sud.

“Questi dati fotografano le criticità dell’offerta sanitaria presente in Italia per i CDCD sia per quanto riguarda il numero complessivo di professionisti che per la scarsità di altre tipologie di professionisti diverse dai medici – osserva Nicola Vanacore, direttore dell’Osservatorio Demenze dell’ISS –. In una logica di sanità pubblica è fondamentale poter disporre nei CDCD, un nodo cruciale per la diagnosi e la presa in carico delle persone con demenza, di un maggior numero di professionisti e di personale con diversi profili al fine di poter valorizzare sempre più un lavoro di equipe interprofessionale e di renderlo disponibile e capillare in tutto il territorio nazionale. Si tratta di dati molto importanti poiché parliamo di un problema che coinvolge in Italia circa due milioni di persone con disturbo cognitivo lieve o demenza e circa tre milioni di italiani, tra familiari e caregiver, che vivono con loro”.

All’indagine hanno partecipato 512 CDCD su 540 (95%). L’80.9% di questi CDCD è presente sul territorio nazionale con sedi uniche mentre il 19.1% ha dei distaccamenti territoriali per un totale complessivo di ulteriori 163 strutture. I CDCD sono localizzati per il 9.2% nelle Università/IRCSS, per il 44.1% nel territorio e per il 46.7% negli ospedali.

Il 25.4% dei CDCD è aperto un solo giorno a settimana, una criticità già rilevata nella survey precedente del 2014-2015. I CDCD aperti per 5 giorni a settimana si trovano per il 43.5% al Nord, mentre al Centro sono il 27.5% e al Sud-Isole il 24.6%.

I professionisti che lavorano nei CDCD sono complessivamente 2568, di cui il 14% non strutturato. Nel 29.7% dei CDCD operano almeno due tra neurologo, geriatra e psichiatra, mentre il 33 % dei CDCD è diretto solo dal neurologo, il 31.5% solo dal geriatra e il 5.1% solo dallo psichiatra. Nel 29.9% dei Centri opera almeno uno neuropsicologo e nel 26.6% almeno uno psicologo. Nel 58.8% dei CDCD è impegnato almeno un infermiere, nel 16.2% un assistente sociale, un amministrativo (8.9%), un logopedista (8.4%), un fisioterapista (6.4%), un genetista (1.6%), un terapista occupazionale (1.1%), un mediatore culturale (1.1%) e un interprete linguistico (1.1%).

Le modalità di accesso

Dall’indagine è emerso – e la possibilità di risposta era multipla - che, per effettuare la prima visita, nel 53% dei casi, l’accesso è avvenuto tramite impegnativa del Medico di Medicina Generale (MMG) per visita specialistica e contatto col CUP regionale; nel 47% è servita la stessa impegnativa e il contatto col CUP dell’ospedale; nel 43% l’impegnativa e il contatto col CDCD; nel 4.5% c’è stata la possibilità di un contatto diretto con il CDCD da parte del MMG o dei medici ospedalieri. La stessa modalità di accesso è stata usata per la successiva visita di controllo: nel 29% dei casi attraverso l’impegnativa e il CUP regionale, nel 30% attraverso l’impegnativa e il CUP dell’ospedale, nel 41% dei casi attraverso il MMG.

I servizi offerti nella fase diagnostica e assistenziale
Nella fase diagnostica il 66.5% dei CDCD ha offerto una PET amiloidea (che valuta la presenza di placche a livello cerebrale) e nel 62.3% dei casi i marker liquorali, mentre nella fase assistenziale il 45.7% dei CDCD ha fornito un servizio di telemedicina e l’80.7% un counseling individuale per i pazienti. Inoltre il 67.4% dei CDCD offre una riabilitazione cognitiva e il 59.2% una riabilitazione motoria.

L’apertura dei CDCD durante la pandemia
Nel 2020 il 63.2% dei CDCD è rimasto parzialmente chiuso, di questi circa il 44% per più di tre mesi. Questo dato si è ridotto nel 2021 al 18.4% con una percentuale di chiusura superiore a tre mesi pari a circa il 40%.



22 marzo 2023
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