Manca la parola “Prevenzione” nel capitolo dedicato alla sicurezza sul lavoro del Decreto Legge fiscale pubblicato in Gazzetta il 21 ottobre scorso. Nello stesso testo, quando si parla di vigilanza, coordinamento dei controlli, inasprimento di provvedimenti e di sanzioni, sempre riferiti alla sicurezza sul lavoro, non viene minimamente citato l’articolo 5 del Decreto Legislativo 81/2008, “Comitato per l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro”, peraltro tuttora in vigore e pienamente funzionante, come confermato al Ministero della Salute.
Eppure l’organismo istituito all’articolo 5 di quel provvedimento ha una funzione centrale nella gestione delle attività di vigilanza e prevenzione cui sono tenuti i diversi Enti chiamati a svolgere il delicato ruolo di controllori già dalla legge cd “Riforma Sanitaria”, la n.833 del 1978, parliamo delle USL, oggi ASL, Ispettorato del Lavoro, Vigili del Fuoco, Organi di Polizia, dopo la soppressione dell’ENPI, Ente Nazionale Prevenzione Infortuni, dell’ANCC, controllo delle caldaie, delle Sezioni Mediche e tecniche dell’Ispettorato del Lavoro, dei Medici Provinciali e degli Ufficiali Sanitari.
Non a caso, in quella occasione, il legislatore istituì l’Ispesl, Istituto Superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro, organo tcnico-scientifico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), le cui funzioni transitarono all’INAIL con la legge 122 del 2010.
All’articolo 5 del Dlgs 81/08, a conferma della sua importanza, la legge 150/2015 ha affidato, oltre a quelli iniziali, ulteriori delicati compiti, tra cui: stabilire le linee comuni in materia di salute e sicurezza sul lavoro (vale a dire le cosiddette Linee strategiche invocate ad oggi dalla Commissione Europea, cui tuttora sta lavorando il Ministero della Salute), il coordinamento dei Comitati Regionali di coordinamento in materia di salute e sicurezza sul lavoro previsti dall’art.7 del Testo Unico, il coordinamento della vigilanza in materia, l’individuazione delle priorità della ricerca in tema di Prevenzione.
Anche lo stesso Ministro del Lavoro nella relazione depositata a termine della sua audizione alla Commissione Parlamentare di inchiesta sulla tutela della salute sul lavoro dello scorso 6 luglio, ha sottolineato la necessità di potenziare il ruolo di “cabina i regia” del Comitato articolo 5, prevedendo per esso una struttura dotata di un apparato stabile (simile a quello della Commissione Consultiva articolo 6 T.U.), in raccordo con altri soggetti pubblici per garantirne un funzionamento efficace.
Il D.lgs. 81/08 all’ Art. 2 c. 1 lettera n, definisce la prevenzione come: “Il complesso delle disposizioni o misure necessarie, anche secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali, nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno”.
Si tratta quindi di tutte quelle azioni che sono programmate e realizzate con la finalità di eliminare o ridurre la probabilità che un evento indesiderato accada. Le misure di prevenzione possono essere di tipo strutturale o organizzativo, ad esempio la corretta progettazione ed esecuzione d’interventi di manutenzione, d’impianti, di macchinari, ma anche l’informazione, la formazione e l’addestramento dei lavoratori, l’adozione di comportamenti e procedure operative adeguate e così via.
Nella scelta delle misure da adottare, i datori di lavoro devono garantire il principio della massima sicurezza tecnologicamente possibile, in base al progresso tecnico e alle conoscenze scientifiche disponibili per quel determinato settore di lavoro. Tale principio, affermato dalle direttive europee, è stato recepito nell’articolo 15 c. 1, punto c) del TU, che prescrive, tra le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro “l’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico”.
Accanto alla prevenzione non è da meno il concetto di protezione che richiama la difesa contro ciò che potrebbe recare danno e consiste in un’azione o un elemento che s’interpone tra qualcuno che può subire il danno stesso e ciò che lo può causare. Consiste quindi nel complesso delle misure che servono a ridurre le conseguenze di un infortunio/incidente nel momento in cui si verifica. La protezione si può in un certo senso assimilare a quello che in medicina si chiama “prevenzione secondaria”.
C’è poi un terzo processo altrettanto importante da affiancare ai primi due: la promozione della salute sul lavoro, che è definito dalla Carta di Ottawa, siglata nel 1986 dagli stati membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, durante la 1° Conferenza internazionale sulla Promozione della salute come “Il processo che mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e sui suoi determinanti, e dunque di migliorare la salute stessa”. Tale definizione, ripresa nelle conferenze successive, può senz’altro valere anche per quanto riguarda la sicurezza, che, come abbiamo visto, rientra nel concetto più ampio di salute.
Controllare la propria salute e sicurezza significa ridurre il rischio di eventi dannosi e limitarne i danni, per cui anche la promozione rientra nella prevenzione, ma l’aspetto fondamentale che la caratterizza è il riconoscimento della soggettività dell’individuo.
Ecco perché la riduzione degli infortuni e delle malattie professionali sul lavoro si ottiene anche con interventi affidati a specialisti della prevenzione sanitaria identificati nei servizi di prevenzione delle 101 Aziende Sanitarie italiane, dove operano professionisti formati e specializzati per queste attività (medici del lavoro, ingegneri, chimici, tecnici di prevenzione negli ambienti e luoghi di lavoro, ecc.).
Domenico Della Porta
Referente nazionale salute e sicurezza sul lavoro Federsanità ANCI