Quotidiano on line
di informazione sanitaria
Giovedì 28 MARZO 2024
Lavoro e Professioni
segui quotidianosanita.it

Il problema delle liste d’attesa non dipende dall’intramoenia. Ecco dove è necessario intervenire

di Carlo Palermo

Affermare che quello della libera professione sia il meccanismo principale che impedisce ai cittadini l'accesso equo ai servizi è certamente ingannevole. Serve, piuttosto, una grande campagna di assunzioni nel Ssn, incentivare il ricorso all'istituto della produttività aggiuntiva nell'ambito di accordo contrattuali regionali e aziendali ed estendere ai programmi di abbattimento delle liste d'attesa i benefici fiscali e contributivi previsti per l'incremento della produttività nel privato

18 GIU - Il ministro Giulia Grillo ha posto come obiettivo caratterizzante il suo mandato politico l’abbattimento dei “lunghi ed impossibili” tempi di attesa al fine di garantire un “giusto e democratico” accesso alle prestazioni sanitarie. Lo ha fatto attraverso una circolare inviata alle Regioni in cui chiede informazioni dettagliate sulla metodologia di prenotazione, sulla garanzia dei tempi massimi di attesa e sui volumi di attività in regime di libera professione intramoenia (LPI).

Anche se in modo più velato ed indiretto rispetto ad interventi fatti da altri rappresentanti politici in passato, viene riproposta la vexata questio della correlazione tra tempi di attesa e LPI prospettando che i volumi delle attività in regime istituzionale possano essere influenzati dai medici che esercitano la LPI in modo tale da favorire un prolungamento significativo delle attese.

In realtà, tutta la questione dei volumi prestazionali è stata ampiamente indagata e chiarita nelle relazioni al Parlamento sullo stato di attuazione dell’esercizio dell’attività LPI. Nell’ultimo di questi rapporti, pubblicato nel 2017 e riferito al 2015, emergono dati significativi che chiariscono i nessi, almeno a livello macro.

I dati relativi alla LPI in regime ambulatoriale indicano come essa rappresenti circa il 7% dell'attività svolta in regime istituzionale, mentre quella in regime di ricovero non supera lo 0,31%, esattamente 26.267 dimessi in libera professione contro 8.401.407 in regime ordinario e di day hospital, con un calo di ben 15.300 ricoveri in LPI dal 2010 al 2015. L’attività istituzionale rimane, pertanto, sempre ampiamente prevalente su quella libero-professionale con rapporti molto al di sotto dei limiti massimi indicati dalle leggi e dai contratti (LPI = 100% dell’attività istituzionale).

Se passiamo all’analisi dei DRG più richiesti, ai primi due posti troviamo il parto cesareo (3335 ricoveri in LPI) e il parto per via vaginale (1302 ricoveri in LPI) e ancora una volta riesce arduo comprendere come si possano determinare attese con queste particolari prestazioni sanitarie. Le uniche attese che scaturiscono intorno al parto sono quelle dei genitori e dei nonni per il felice evento. Sul versante delle attività ambulatoriali, la visita LPI più richiesta è quella ginecologica con 558.222 prestazioni, con un rapporto percentuale tra LPI e visite in regime istituzionale superiore alla media (27% contro una media per le altre prestazioni del 7%).

Affermare, come molti hanno fatto in passato, che quello della libera professione sia il meccanismo principale che impedisce ai cittadini l'accesso equo ai servizi è certamente ingannevole. Non è certo ininfluente il rilevante taglio delle risorse destinate al finanziamento del SSN dal 2011 al 2016, 30 miliardi i certificati dalla Corte dei Conti. Tantomeno si possono dimenticare i pensionamenti senza turn over, con la perdita di almeno 50.000 unità di personale dal 2009 al 2017, di cui circa 9000 medici, le gravidanze e le assenze per malattie prolungate lasciate senza sostituzioni, i posti letto evaporati (-71.000 dal 2000).
 
La non corrispondenza tra bisogni dei cittadini e flussi finanziari centrali si traduce nelle singole Aziende sanitarie in fatti molto concreti: oltre al blocco del turn over, limitazioni degli acquisti di beni e servizi (farmaci, protesi, device…), il mancato rinnovo delle tecnologie mediche, i ridotti investimenti in formazione del personale e in ammodernamento delle strutture. Nessuno ha mai sentito parlare di taglio delle sedute operatorie in elezione, magari negli ultimi mesi dell’anno, per evitare deficit di bilancio? Quanto pesa tutto ciò sui tempi d'attesa? E perché mai nessuno ne parla?

L’attività libero professionale è disciplinata da norme rigorose, legislative e regolamentari, che correttamente applicate costituiscono una matrice organizzativa nella quale le distorsioni e le speculazioni difficilmente sono possibili. Il medico pubblico dipendente effettua la libera professione in strutture individuate dalla o con l’azienda sanitaria, in tempi contingentati e documentati, con tariffe concordate e calmierate, una parte delle quali va alla azienda, con imposizione fiscale certa, con regole definite contrattualmente che presuppongono uno stretto rapporto tra volumi prestazionali libero professionali e quelli istituzionali, perfino per la singola prestazione. Senza contare che una parte dei proventi di questo lavoro svolto al di fuori dell’orario di servizio viene destinato dalla legge a finanziare un piano di riduzione delle liste di attesa, al quale il CCNL dei medici ha finalizzato anche 2500000 ore di lavoro annue sottratte alla formazione.

La relazione negativa tra LPI e tempi d’attesa esiste solo in una visione truffaldina dell’attività professionale medica, e se queste due linee, per così dire, si incontrano, è per colpa del sistema di organizzazione ed erogazione delle prestazioni o di carenze del sistema di controllo. La LPI rappresenta, a ben guardare, un valore aggiunto per le Aziende e lo Stato che incassano circa il 50% degli introiti tra copertura dei costi e tasse, e la possibilità per gli utenti di acquisire prestazioni diagnostiche e terapeutiche sicure e di qualità, in quanto garantite dal SSN, ma anche uno straordinario strumento per aggredire le attese.

Il D.Lgs 120/2007 promosso dalla Ministra Livia Turco poneva l’obiettivo di un progressivo allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni nell'ambito dell'attività istituzionale ai tempi medi di quelle rese in regime di LPI, al fine di assicurare che il ricorso a quest'ultima fosse conseguenza di libera scelta del cittadino e non di carenza nell'organizzazione dei servizi. Ebbene, vi è un altro D.Lgs passato nel dimenticatoio di tutti gli amministratori regionali, il 124 del 1998, che all’art.3 comma 13 prevede quanto segue: “…qualora l'attesa della prestazione richiesta si prolunghi oltre il termine fissato……, l'assistito può chiedere che la prestazione venga resa nell'ambito dell'attività libero-professionale intramuraria, ponendo a carico dell'azienda unità sanitaria locale di appartenenza e dell'azienda unità sanitaria locale nel cui ambito è richiesta la prestazione, in misura eguale, la differenza tra la somma versata a titolo di partecipazione al costo della prestazione e l'effettivo costo di quest'ultima, sulla scorta delle tariffe vigenti”.

Non ci sono risorse? Non penso che all’interno del bilancio statale e di un finanziamento pubblico di 113 miliardi di € per la sanità non si possano trovare partite da indirizzare verso la soluzione di questo annoso problema. Mi permetto di indicarne tre, le prime due a invarianza di spesa:
1. Ridurre i benefici fiscali per i fondi integrativi, in realtà spesso sostitutivi delle prestazioni LEA, che oggi ammontano a più di 3 miliardi di €.

2. Favorire una nuova governance della spesa farmaceutica (confezionamento dei medicinali in base alla prescrizione terapeutica, uso più esteso di generici e biosimilari, promozione dell’uso appropriato di antibiotici, farmaci oncologici, farmaci biologici, inibitori di pompa etc) con recupero stimato di oltre 1,5 miliardi di €.

3. Indirizzare verso un grande piano nazionale di abbattimento delle liste di attesa l’ammontare annuale dei ticket versati dai cittadini (circa 2,8 miliardi di €).

In merito poi all'incremento delle prestazioni sanitarie, l'Anaao Assomed ha già presentato le sue proposte che richiedono comunque, come per i punti precedenti, l’assunzione di una responsabilità politica sia da parte del Governo sia delle Regioni. Le riportiamo sinteticamente:
1. Procedere ad una grande campagna di assunzioni nel SSN, applicando standard organizzativi e di personale concordati con le Organizzazioni sindacali e le Regioni finalizzati a garantire il diritto di acceso alle cure da parte dei cittadini;

2. incentivare il ricorso all'istituto della produttività aggiuntiva nell'ambito di accordi contrattuali regionali ed aziendali che coinvolgano tutto il personale;

3. estendere ai programmi di abbattimento delle liste d'attesa i benefici fiscali e contributivi previsti per l'incremento della produttività nel privato, approvando, inoltre, specifiche incentivazioni per l'erogazione dei servizi in orari serali e prefestivi.

Se si vogliono abbattere realmente le liste di attesa bisogna studiare a fondo il fenomeno, avere le idee chiare per puntare decisamente alla rimozione dei fattori determinanti, guardando con sospetto le facili interpretazioni demagogiche. Se da un lato abbiamo bisogno di precise scelte da parte della politica, dall’altra i medici dovranno pretendere standard organizzativi e di personale adeguati nonché la puntuale applicazione della normativa che regola la LPI, esaltando quel ruolo di responsabilità nei confronti dei cittadini e delle istituzioni e di difesa dei sistemi di welfare che caratterizza la moderna dirigenza sanitaria.
 
Carlo Palermo
Segretario Nazionale Vicario Anaao Assomed 


18 giugno 2018
© Riproduzione riservata

Altri articoli in Lavoro e Professioni

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWS LETTER
Ogni giorno sulla tua mail tutte le notizie di Quotidiano Sanità.

gli speciali
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001

Sede legale:
Via Giacomo Peroni, 400
00131 - Roma

Sede operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari

Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto

Tel. (+39) 06.89.27.28.41

info@qsedizioni.it

redazione@qsedizioni.it

Coordinamento Pubblicità
commerciale@qsedizioni.it
    Joint Venture
  • SICS srl
  • Edizioni
    Health Communication
    srl
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013

Riproduzione riservata.
Policy privacy