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Fno Tsrm e Pstrp: “In sanità teniamo ben distinte le attività di educatori professionali socio-pedagogici e pedagogisti”


“In ambito sanitario, socio-sanitario e socio-assistenziale possono certamente operare professioni differenti da quelle sanitarie, a patto che le loro attività siano diverse da quelle che più di una legge dello Stato riserva alle ultime; in caso contrario il loro agire si configurerebbe come esercizio abusivo della professione”

17 NOV - “Esprimiamo una forte preoccupazione sulle modalità con cui gli Educatori professionali socio-pedagogici e i Pedagogisti intendono operare in ambito sanitario, socio-sanitario e socio-assistenziale, in assenza di una chiara definizione della loro attività tipica che, per norma, nei predetti ambiti deve necessariamente essere diversa da quelle riservate alle professioni sanitarie, appositamente regolamentate e ordinate”.

È quanto chiara la Federazione nazionale degli Ordini dei Tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (Fno Tsrm e Pstrp), insieme alle 19 Commissioni d’albo nazionali e a nome degli oltre 200mila professionisti sanitari iscritti.
 
“Quel che a qualcuno non risulta ancora chiaro – sottolinea la Federazione – è che in ambito sanitario, socio-sanitario e socio-assistenziale possono certamente operare professioni differenti da quelle sanitarie, a patto che le loro attività siano diverse da quelle che più di una legge dello Stato riserva alle ultime; in caso contrario il loro agire si configurerebbe come esercizio abusivo della professione. Ad esempio, pur non essendo una professione sanitaria, il Mediatore culturale esercita anche negli ambiti richiamati, nella misura in cui la sua opera non si configura come parcellizzazione o sovrapposizione di quella di una o più professioni sanitarie, tutte regolamentate e ordinate e alle quali è riservato di occuparsi della salute delle persone, comprese quelle portatrici di disagi e patologie più o meno invalidanti. Modelli alternativi metterebbero in discussione, sino a negarla, la ratio che nei decenni ha generato un ampio e coerente complesso normativo, tutto a garanzia dell’erogazione di prestazioni sanitarie sicure e qualificate a favore degli individui assistiti (art. 32 della Costituzione).

Negli ultimi mesi, al fine di legittimare oltremodo la presenza degli Educatori professionali socio-pedagogici e dei Pedagogisti in ambito sanitario, socio-sanitario e socio-assistenziale, alcuni esponenti politici hanno esercitato le loro legittime prerogative parlamentari al fine di fondere ciò che di più conveniente per loro esiste, all’interno di due differenti e volutamente ben distinti status normativi: professioni non organizzate ai sensi della legge 4/2013 e professioni sanitarie ordinate ai sensi (anche) della legge 3/2018. Tale iniziativa parlamentare (art. 33 bis della legge 126/2020) è stata affiancata da una vera a propria campagna di disinformazione e discredito nei confronti dell’intero sistema ordinistico delle professioni sanitarie, quindi della sanità, quindi della tutela della salute degli individui.
Inoltre, a opera di un numero rilevante di sigle dell’imprenditoria sociale e di associazioni di tali professionisti, viene paventata l’ipotesi di voler istituire una figura unica, che vedrebbe accorpate le professioni di area socio-educativa con alcune di quelle di area socio-sanitaria (Educatori professionali di cui al DM 520/98) e sanitaria (Tecnici della riabilitazione psichiatrica di cui al DM 182/2001 e Terapisti occupazionali di cui al DM 136/97). Tenuto conto che i percorsi di studi universitari non sono sovrapponibili (le prime si formano presso Scienze della Formazione, le seconde presso le Scuole di Medicina), nell’agire quotidiano non può esservi interscambiabilità, della quale a pagarne le conseguenze negative sarebbero le persone assistite, specie quelle con disabilità psico-fisica e psichiatrica e quelle che si trovano a rischio di sviluppare disagio e/o patologie conclamate.
La riforma dell’art. 4 della legge 3/2018 si è resa necessaria per adeguare il nostro ordinamento ai modelli internazionali più avanzati, in cui, seppur in forme diverse, l’esercizio delle professioni che operano in ambito sanitario e socio-sanitario è subordinato all’iscrizione a pubblici registri/albi o ad associazioni accreditate la cui periodica verifica delle competenze dei professionisti è molto rigorosa. È con questo spirito – conclude la nota – e a tal fine che è stato istituito l’Ordine delle professioni sanitarie, col principale compito di consentire l’esercizio professionale ai soli soggetti adeguatamente formati e abilitati, a oggi la modalità più efficace per garantire la tutela del diritto costituzionale alla salute e la sicurezza delle cure di cui alla più recente e, anch’essa, coerente legge 24/2017.La salute è una cosa seria, la cui garanzia e tutela non sono negoziabili o subordinabili a interessi di parte”.
 

17 novembre 2020
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