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La lotta alle liste d’attesa nel Lazio. Intervista a Bartoletti (Fimmg): “La vera novità non è la sospensione dell’intramoenia ma l’obbligo per lo specialista di prenotare le analisi che prescrive”

Il leader della Fimmg Roma, che ha partecipato alla realizzazione del Piano della Regione, accende i riflettori sulla creazione di una agenda distrettuale che permetterà ai medici di famiglia di richiedere direttamente le prestazioni necessarie per la diagnosi, e sull’obbligo per gli specialisti di farsi garanti della richiesta di prestazioni attraverso la propria struttura.

12 APR - “Basta guerra all’intramoenia. Le minacce di soppressione dell’attività intramuraria è solo una risposta ideologica al problema delle liste d’attesa”. E “neanche l’apertura prolungata degli ambulatori e i codici di priorità sono interventi risolutivi”. La soluzione è “l’eliminazione di un paradosso: quello che permetteva alle strutture di eccellenza e ai medici che vi lavorano di richiedere prestazioni senza curarsi di come queste dovesse essere garantite. Ed è per questo che il Piano contro le liste d’attesa varato dalla Regione Lazio funzionerà, perché da oggi si realizzerà la vera presa in carico del paziente attraverso la responsabilizzazione dei medici e la creazione di due canali di prenotazione: quello distrettuale del medico di famiglia, che potrà prenotare gli esami di cui ha bisogno per determinare la diagnosi; e quella dello specialista, che dovrà richiedere la prestazione nell’ambito del Pdta (Percorso diagnostico terapeutico e assistenziale) attraverso la propria struttura”.
 
Così Pier Luigi Bartoletti, segretario della Fimmg Roma e vicesegretario nazionale vicario Fimmg, commenta il nuovo Piano contro le liste d’attesa del Lazio e accende i riflettori su quello che, a suo parere, è il vero aspetto innovativo del provvedimento.

Per la Fimmg Roma, che ha partecipato ai lavori di elaborazione del Piano, la Regione Lazio ha messo in campo un cambiamento “strutturale” che abbatte “la filosofia malata alla base delle liste d’attesa.

“A differenza di quanto accaduto fino ad ora – spiega - il medico di famiglia potrà prenotare solo le prestazioni che prescrive lui stesso, e non quelle che lo specialista richiede. In questo modo buona parte del lavoro del medico di medicina generale che oggi è di mera segreteria per conto terzi (gli specialisti, ndr), potrà essere riconvertita in attività clinica, a tutto beneficio dei pazienti. Dall’altra parte, lo specialista e la struttura in cui esercita saranno chiamati a garantire che tutte le prestazioni di cui ha bisogno il paziente siano prenotate e garantite dalla struttura stessa, realizzando così la reale presa in carico del paziente e del Ptda previsto per quella patologia”.

Le prenotazioni, ovviamente, non saranno prese direttamente dai medici, ma su richiesta dei medici attraverso un’agenda distrettuale e un desk nel caso del medico di famiglia, e attraverso il centro di prenotazione della struttura nel caso del medico specialista.

Nel dettaglio, il Piano della Regione Lazio per le prenotazioni richieste dai medici di famiglia riguarderà, per il momento, solo le ecografie per le patologie “nuove” (quindi non per i follow up), che dovranno essere effettuate entro 10 giorni.

D'accordo, ma se non vi fosse posto, entro 10 giorni, per effettuare quell’esame?
Il posto deve esserci, perché abbiamo realizzato uno studio sulla produzione degli ecografi e sui volumi prescritti che conferma la possibilità di effettuare questi esami entro i termini stabiliti. Il punto chiave sta nel fatto che con la definizione degli ambiti si inizia finalmente ad allineare il fabbisogno di un area con la domanda che arriva da quella stessa area. In questo modo diventa possibile programmare e garantire risposte in tempi certi.

Sarà invece possibile per le strutture ospedaliere garantire l’erogazione delle prestazioni?
Nel corso degli ultimi anni quasi tutti i centri ospedalieri specializzati hanno adottato i Pdta. Il modo di gestire le prestazioni richieste previsto dal Piano laziale non è altro che l’applicazione pratica dei Ptda. La struttura diventa responsabile del percorso, ed è così che deve essere.

La presa in carico dovrebbe poter contare anche su una forte integrazione tra ospedale-territorio. Il progetto del Lazio tiene conto di questo?
Certo. Si punta molto sul rapporto ospedale-territorio, perché creare un legame tra i due mondi è la vera sfida per far funzionare il sistema sanitario e garantire ai cittadini la migliore assistenza possibile. Non ci illudiamo che da domani tutti i problemi della sanità laziale saranno risolti, ma con questo provvedimento tutte le parti coinvolte hanno avuto il coraggio di osare. Pur con i suoi limiti, si tratta di un Piano davvero innovativo che punta sulla presa in carico e l’integrazione ospedale-territorio. Ci vorrà tempo, ma potrà dare molti frutti.
 
Lucia Conti

12 aprile 2017
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