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Troise (Anaao): “Ma il pubblico impiego è ancora ‘coerente’ con ruolo e professione del medico?”

di Costantino Troise

26 NOV - Gentile Direttore,
gli argomenti trattati nell’articolo di Guido Quici , Vice Presidente vicario della Cimo Asmd, meritano ulteriori riflessioni, a cominciare dalla questione dello stato giuridico dei Medici dipendenti, collegata alla necessità di ripensare l’attuale modello di governance, di fatto un potere monocratico su cose e persone, e quindi i rapporti tra contenuto e contenitore.
 
Indubbiamente oggi all’interno delle aziende sanitarie i Medici si sentono poco amati, controllati, vincolati alle norme che disciplinano l’organizzazione fissando i livelli di subordinazione e limitando, non di rado, la stessa autonomia clinica.
Lo stesso stato giuridico del medico ospedaliero rappresenta un ossimoro peculiare: dipendente, ma dirigente, sia per la natura intrinseca di interprete dei bisogni di salute dei cittadini, sia per il trasferimento di delega della proprietà in quanto gestore di risorse, comportando ogni scelta clinica una decisione etica ed economica di cui il medico è responsabile. Nella attuale crisi della identità professionale forte è la tentazione di chiamarsi fuori per dedicarsi alla purezza della professione, lasciando che sia qualcun altro a pensare alla gestione, anche se la cittadella della autonomia professionale è oggi minacciata, come vediamo, da altre professioni che, curiosamente, sono in cerca di Ordini e di ruolo dirigenziale.
 
L’ossimoro disegnato dal dlgs 229 del 1999 ha, probabilmente, fatto il suo tempo, ma non può risolversi sul versante del dipendente. Perché chi non rivendica responsabilità ed autonomia nell’esercizio di un ruolo accetta di essere gestito, senza alcun potere negoziale nei confronti del management e senza forme di partecipazione ai modelli organizzativi ed operativi aziendali.Occorre riflettere su questa situazione, senza illudersi sulla esistenza di scorciatoie, per dare risposte ad un disagio professionale, esteso e reale, aspetto della eterna “questione medica”, esorcizzata ma non risolta in questi anni, a dispetto del tentativo di normalizzare la categoria con un attacco a tutto campo. I Medici, e gli altri dirigenti sanitari, si percepiscono privi di prospettive e stretti nel contenitore del pubblico impiego che non valorizza le specificitàdi coloro cui è demandata la tutela di un bene prezioso, quale la salute, e nega ogni rapporto con la struttura e le prerogative della professione nonché la garanzia dei suoi caratteri distintivi.
 
Il problema che abbiamo di fronte è, in sostanza, quello di progettare un nuovo sistema, ed un nuovo modello di organizzazione del lavoro, che ricostruendo i valori di appartenenza alla professione privilegi le risorse sociali nei confronti dei valori economici, superando l'attuale modello organizzativo nel quale il professionista è spinto ad identificarsi. Cominciando dai meccanismi di progressione di carriera a realizzare soluzioni, possibili già a normativa vigente, che le Aziende si ostinano a rifiutare nella illusione di costituire maxi-aziende con mini-medici. Non siamo parte del “problema” quanto della soluzione. Inutile, perciò, adattarci alle necessità aziendali tirandoci fuori dai codici etici e deontologici.
Per ri-partire dalla valorizzazione della professione e sciogliere un groviglio di nodi strutturali e sovrastrutturali, la Categoria speciale può rappresentare una soluzione, ma non è l’unica. Occorre sparigliare e trovare la mossa del cavallo.
 
La riflessione è ancora acerba, ma dobbiamo chiederci fin da ora se il pubblico impiego è coerente con la natura professionale, la specificità e la delicatezza dell’attività che i medici svolgono all’interno delle strutture sanitarie. Il medico del SSN oggi è considerato un dipendente che svolge un incarico professionale piuttosto che un professionista che lavora per il Pubblico. Serve una riscrittura ed una ricollocazione del lavoro medico all’interno delle organizzazioni sanitarie con un ragionamento a tutto campo.
In attesa di avere chiaro un orizzonte occorre valutare tutte le possibilità per recuperare un ruolo professionale, sociale e politico che risponda al diffuso disagio ed alla crescente insofferenza verso il modello aziendale e della pubblica amministrazione, dopo avere inseguito, per anni e vanamente, un provvedimento legislativo che attuasse il mitico governo clinico.
 
Qualsiasi processo di trasformazione non può prescindere da una partecipazione convinta della maggioranza dei medici italiani. Che non si rassegnano all’idea che un Paese civile possa rinunciare a quel valore fondamentale costituito da un sistema sanitario pubblico e nazionale e dal lavoro dei professionisti al suo servizio.
 
Costantino Troise
Segretario Nazionale Anaao Assomed

26 novembre 2013
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