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Osteopati e Chiropratici: riconoscimento solo per le lauree magistrali

di Nicola Manta

31 MAG - Gentile direttore,
le scrivo in qualità di medico specialista nonché presidente del comitato scientifico di un Istituto provider ECM, erogante corsi di aggiornamento in medicina osteopatica per i professionisti della salute. Da molti anni collaboro con osteopati italiani la cui formazione corrisponda ai criteri OMS, recentemente definiti dalla Norma europea “CEN” oltre che dalle leggi di Paesi come la vicina e simile Francia. Per la precisione: oltre 4500 ore in aula suddivise in cinque anni di studi, comprensive di 1000 ore di tirocinio all’interno dell’Istituto.
 
Questa stessa competenza degli osteopati è garanzia dell’interdisciplinarietà nella cura sanitaria, né alcuna relazione inter-professionale a beneficio dei pazienti potrebbe instaurarsi senza un’adeguata istruzione. Infatti, non può sfuggire a nessuno l’importanza delle conoscenze medico-scientifiche per i professionisti di primo contatto a cui viene richiesta un’anamnesi e una valutazione clinica del paziente; ovvero una “diagnosi osteopatica” riferita alle specifiche indicazioni terapeutiche, ma anche una diagnosi di esclusione che identifichi gli ambiti delle patologie medico chirurgiche. Come accade all’estero, è quindi indispensabile che tali competenze possano acquisirsi in corsi studio di durata non inferiore ai cinque anni (classificazione europea: EQF 7).
 
In considerazione dei miei riscontri professionali negli ultimi vent’anni, posso affermare che il connubio tra medicina specialistica e osteopatia possa comportare vantaggi evidenti in ambito sanitario e socio-economico, grazie al ruolo preventivo, complementare e interdisciplinare degli osteopati meglio qualificati. Al contrario, temo che una formazione autoreferenziale degli stessi professionisti, non corrispondente cioè ai migliori canoni già disciplinati, possa inevitabilmente rendere precario il rapporto tra Sanità e Osteopatia, con rischio correlato per la salute dei cittadini.
 
Verifico in questi giorni un’apprezzabile quanto attesa attività legislativa sul tema. Nel merito, si auspica che i parlamentari tengano in fondamentale conto che l’equipollenza dei titoli ai fini dell'esercizio non possa prescindere dalla contestuale previsione dell’ordinamento universitario. In altre parole, sostengo che senza la definizione di un ciclo di studi come primario riferimento pedagogico e culturale, non si possa prevedere alcuna sanatoria delle formazioni pregresse nel caso in cui queste non siano corrispondenti al medesimo iter formativo.
 
Questo principio di buon senso istituzionale non escluderebbe in prima istanza i professionisti la cui tracciabilità formativa e di esercizio fosse non conforme, bensì consentirebbe loro di abilitarsi mediante supplementi didattici in tempi determinati. Analogamente, i titolari di attestazioni qualificate e qualificanti potrebbero riscontrare immediato accesso al nuovo Albo degli osteopati. Risultato: la Sanità italiana potrebbe annoverare nei propri organici una immediata presenza di osteopati e chiropratici con più alta formazione. Seguirebbe una graduale introduzione di ulteriori professionisti, nei tempi e nei modi da identificarsi per la loro abilitazione.
 
Dott. Nicola Manta
Specialista in Ortopedia e Traumatologia.
Aiuto / Istituto Ortopedico R. Galeazzi – Milano

31 maggio 2016
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