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Fondi integrativi. Anche quello dei medici dovrebbe “lavorare” sull’appropriatezza

di A.Donzelli, L.Iaboli, G.Castelluzzo

28 GIU - Gentile Direttore,
la Fnomceo con il suo Presidente è scesa in campo con un’autorevole presa di posizione sulla stima Gimbe di 4 miliardi di euro di agevolazioni fiscali per la Sanità Integrativa: “In un momento di crisi economica duratura, con un SSN definanziato e carenze importanti di personale, non ci si può permettere di usare risorse pubbliche per servizi non realmente essenziali, anzi potenzialmente forieri di disuguaglianze”. Da qui l’Appello “Riconvertire risorse per finanziare il Ssn”.
 
Dopo aver osservato (con implicita critica) la bozza di Patto per la Salute prevede di ‘incrementare l’erogazione di prestazioni integrative’, la Fnomceo ha espresso giusta preoccupazione per la tenuta del SSN: “Invitiamo il Governo e il Parlamento a riesaminare la questione, valutando l’appropriatezza delle prestazioni erogate e riconvertendo quelle risorse a favore del SSN, adeguando i contratti di lavoro e aumentando medici e personale sanitario”, la cui carenza è oggi concausa di lunghe liste d’attesa. Come dargli torto?
 
Si aggiunga che la diversa destinazione dei 4,1 mld di € calcolati da GIMBE non sarebbe solo un immediato aiuto alla sostenibilità del SSN,ma innescherebbe già nel breve-medio periodo recuperi di risorse anche maggiori, grazie a virtuosi recuperi di quell’appropriatezza clinica richiamata a ragione dal Presidente Fnomceo.
 
Infatti basta consultare le offerte “preventive” di moltissimi Fondi e Assicurazioni sanitarie per capire che nessun sistema sanitario e nessun Paese, per quanto ricco, reggerebbe a lungo a una simile inflazione. Per farci capire, iniziamo a documentare esempi concreti.
 
Ad esempio il PSA di screening, di cui è stato appena pubblicato il follow-up a 16 anni del grande trial Europeo ERSPC, su 182.000 maschi di 50-74 anni di 8 Paesi europei, tra cui 14.500 italiani.
Gli autori concludono che “lo screening riduce in modo significativo la mortalità da ca. prostatico” e che “screening ripetuti possono essere importanti per ridurre la mortalità da ca. prostatico a livello di popolazione”. Riassunto per pazienti: “screening ripetuti riducono il rischio di morire di cancro alla prostata”.
 
Benché entrambi i messaggi siano formalmente corretti, non concordiamo con le loro implicazioni, che rilanciano esecuzioni più frequenti del PSA, a livello di popolazione, prescindendo dall’età. Ecco perché:
1) la riduzione di mortalità da ca. prostatico è stata del 20% a 16 anni, ma troppi uomini, e persino dei medici, possono fraintendere intendendola come riduzione del 20% di mortalità da tumori (o comunque sovrastimando molto la riduzione assoluta di mortalità specifica, che è stata solo lo 0,18% a 16 anni. L’aveva già dimostrato il compianto Domenighetti), o persino in una “minor mortalità del 20%” (da ogni causa).
 
In realtà, neppure questo screening ha dimostrato di ridurre la mortalità totale, ed ERSPC, pur con esiti migliori di altri trial sul PSA di screening, lo riconferma (mortalità totale 0,99, IC 95% 0,98-1,01).
 
Perché un uomo dovrebbe aspirare a non morire proprio di ca. prostatico, se comprende che morirebbe comunque di qualcos’altro senza avere la vita allungata (salvo forse in misura irrilevante, ma al prezzo di danni quasi certi per la qualità di vita)? In effetti un trial su 205 assistiti nelle cure primarie (Wolf, Arch Intern Med 1996;156:1333) ha somministrato un messaggio standard oppure un “consenso informato” che tra l’altro riportava “finora non ci sono prove che il PSA di screening consenta di allungare la vita”. Ciò è bastato per ridurre di tre volte l’intenzione di fare il PSA rispetto al gruppo di controllo.
 
2) la mortalità totale e da ca. prostatico non sono uniformi: il dato, pubblicato aggregato, dei gruppi 50-54 e ≥70 anni consente di calcolare un RR di mortalità totale di 1,00522, dunque in tendenza aumentata dello 0,5%, probabilmente a carico dei ≥70, che hanno anche in tendenza aumenti di mortalità da ca. prostatico (+6%). Un forte messaggio dovrebbe essere interrompere il PSA nei ≥70enni, non di farne di più! Purtroppo oggi pare che i massimi consumatori di PSA siano ≥70.
 
3) il caso dell’Italia. A 15 anni di follow-up (mediana) la mortalità specifica era solo -1%, e per evitare una morte da ca. prostatico si son dovuti invitare 44.232 maschi e diagnosticare tumori a 673 (senza cambiare prognosi a 672 uomini, ma rovinando la vita a tanti, oltre a far esplodere i costi sanitari). Questi risultati andrebbero resi noti ai maschi italiani, se no di che consenso informato si parla?!
 
4) i costi-opportunità (cioè costi sottratti ad altri possibili impieghi di risorse) sono spaventosi. Anche per interventi costo-efficaci (e non pare proprio il caso del PSA di screening) i decisori dovrebbero considerare i risultati netti di interventi allocativi, detraendo dai benefici attesi i malefici causati dal negare di fatto altri interventi efficaci.
 
Moltissimi interventi sanitari sono più costo-efficaci del PSA per la salute degli uomini: tra gli interventi di sanità pubblica dimostrati più costo-efficaci (da 100 a 400 € per QALY o anno di vita guadagnato in condizioni di buona salute) si ricordano counseling motivazionale o prescrizione di attività fisica, o 5’ di counseling strutturato antifumo dal curante + un manualetto di autoaiuto).
 
Infine l’efficacia del messaggio del Presidente Fnomceo potrebbe ancora aumentare trasferendo una richiesta coerente al CdA della Società di Mutuo Soccorso Medici-Odontoiatri di cui è stato vicepresidente. Infatti Salutemia oggi rimborsa un PSA annuale per prevenzione del ca. prostatico agli iscritti maschi >45 anni. Alla luce degli ultimi risultati di ERSPC-Italia, potrebbe proporre di evitare questo rimborso, o almeno diradarlo e interromperlo al 70° anno dell’iscritto, invitando i medici a dare comunque sempre informazioni complete anche sui possibili danni di questo screening.
 
Alberto Donzelli
Comitato scientifico Fondazione Allineare Sanità e Salute
 
Luca Iaboli
Gruppo NoGrazie
 
Gianluca Castelluzzo
Specializzando Igiene e Medicina Preventiva, Università Milano-Bicocca

28 giugno 2019
© Riproduzione riservata

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