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Triage Covid. I medici non vanno lasciati soli a decidere

di Massimo Sartori

05 NOV - Gentile Direttore,
dopo che il Comitato Nazionale di Bioetica, nello scorso mese di aprile, ha di fatto delegato ai medici il compito di stabilire i criteri di triage in condizioni di emergenza , essi hanno recentemente espresso la propria posizione ufficiale su come dovranno comportarsi in condizioni eccezionali di squilibrio tra le risorse necessarie e le risorse disponibili.
 
La determinazione è contenuta nel documento congiunto della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici e degli Odontoiatri e della Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva.
 
Il documento, che non ha ricevuto particolare attenzione mediatica, muove dal riconoscimento che durante la prima fase della pandemia di Covid-19 è stato talora necessario procedere a un’allocazione delle risorse scarse “attraverso criteri di triage basati sul principio etico della giustizia distributiva”. Partendo da questa base, esso si propone di fornire alla Consulta Deontologica Nazionale della Fnomceo gli elementi di riflessione da integrare in una prossima edizione del codice di deontologia medica, e di supportare fin d’ora il medico messo di fronte alle decisioni drammatiche, che in circostanze eccezionali non possono essere evitate.
 
Per quanto riguarda il triage in emergenza il documento congiunto prescrive che “Nel caso in cui lo squilibrio fra necessità e risorse disponibili persista, è data la precedenza per l’accesso ai trattamenti intensivi a chi potrà ottenere grazie ad essi un concreto, accettabile e duraturo beneficio. A tal fine si applicano criteri rigorosi, espliciti, concorrenti e integrati, valutati sempre caso per caso, quali: la gravità del quadro clinico, la comorbilità, lo stato funzionale pregresso, l’impatto sulla persona dei potenziali effetti collaterali delle cure intensive, la conoscenza di espressioni di volontà precedenti, nonché la stessa età biologica, la quale non può mai assumere carattere prevalente”.
 
La scelta di erogare i trattamenti intensivi, in condizioni di emergenza e di risorse scarse, sulla base di tale prospettiva clinica ben definita (cioè scegliendo per primo chi ne potrà ottenere un maggior beneficio concreto e duraturo) si presta a mio avviso a due considerazioni: una più tecnica e l’altra di metodo.
 
Dal punto di vista tecnico, i criteri citati nel documento (gravità, comorbilità, età, eccetera) dovrebbero essere integrati in un algoritmo, che, sulla base delle evidenze disponibili, assicuri la massima probabilità di raggiungere, nel singolo malato in esame, l’obiettivo per cui essi sono utilizzati. In altre parole, si tratta di adottare una scala di valutazione validata per lo scopo, in modo che i criteri siano impiegati dappertutto in modo trasparente, omogeneo ed efficace, evitando ogni personalismo.
 
La seconda considerazione riguarda il metodo con cui si sono incaricati i soli medici di decidere a quali pazienti dare la priorità in caso di risorse insufficienti per tutti: per la Fnomceo-Siaarti, come si è detto, la precedenza deve essere data a coloro che dall’intervento intensivo potranno trarre un beneficio più concreto e duraturo. Questa è senz’altro una scelta di buon senso, ma non è l’unica scelta sensata.
 
Infatti, altri sostengono che l’intervento, in carenza di risorse, andrebbe offerto in precedenza a chi ha più probabilità di superare l’episodio acuto per cui esso si rende necessario (vedi le linee guida svizzere della SAMW-ASSM), oppure che esso andrebbe erogato per primo a coloro che hanno davanti a sé più anni di vita corretti per la qualità della vita.
 
Altri ancora potrebbero pensare che, quando per più pazienti un intervento è clinicamente appropriato, per stabilire una precedenza di accesso dovrebbero essere presi in considerazione anche criteri non clinici (a mero titolo di esempio, l’utilità sociale del paziente). In tutti i casi, si tratta di prendere decisioni che implicano scelte di valore e che quindi riguardano anche l’etica.
 
Il Comitato Nazionale di Bioetica ha affidato ai soli medici il compito di affrontare problemi che sono insieme clinici ed etici, e i medici hanno ora fornito la propria risposta. Invece, i medici non dovrebbero essere lasciati soli nel prendere decisioni etiche che potenzialmente riguardano tutti i cittadini.
 
Massimo Sartori
Ex medico ospedaliero
Consulta di Bioetica Onlus, Milano

 


05 novembre 2020
© Riproduzione riservata

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