L’Italia potrebbe produrre i vaccini ma bisognava pensarci prima
di Carlo Tomino
25 GEN -
Gentile Direttore,
stiamo vivendo purtroppo la più grande emergenza dalla seconda guerra mondiale. In questo clima “da guerra” siamo riusciti, con uno sforzo enorme, ad avere la disponibilità di alcuni vaccini che stanno per essere somministrati alla popolazione. Tutti i Paesi hanno organizzato al meglio la campagna vaccinale e anche l’Italia lo sta facendo.
Leggo con estrema perplessità che il Commissario Straordinario ha emanato un
bando per la realizzazione di “tensostrutture mobili” dove poter eseguire la vaccinazione anti-Covid19. Ma ci rendiamo conto che abbiamo Cinema, Teatri, Aree espositive, Fiere, Stadi, Ippodromi, Terminal di aeroporti (e potrei continuare) chiusi da mesi a causa proprio della pandemia?
Non sarebbe stato più facile organizzare in queste aree (come hanno fatto molti Paesi UE e extra UE (UK) i centri vaccinali di cui abbiamo bisogno? Sono certo che i titolari di tali strutture sarebbero ben lieti di metterle a disposizione, magari avendo riconosciuto anche un piccolo compenso!
Concludo con una riflessione: non scandalizziamoci dei ritardi nelle forniture dei vaccini. Produrre un vaccino è una cosa molto complessa e deve essere fatta rispettando regole rigide imposte dalla comunità mondiale (Good Manufacturing Practices - GMP); il trasferimento della tecnologia ad altra struttura non è cosa semplice.
Semmai doveva essere organizzata per tempo (addirittura inserendola nei contratti con le aziende che detengono la titolarità dei Vaccini), visto che l’Italia possiede una filiera produttiva tra le migliori al mondo, sia per qualità che per quantità.
Ma qui entriamo nella “programmazione delle attività” nelle quali l’Italia non ha mai brillato – ahimè - per lungimiranza.
Carlo Tomino
Farmacologo
IRCCS San Raffaele, Roma
(già Direttore Sperimentazione Clinica - AIFA)
25 gennaio 2021
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