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Dermatite Atopica. Lombardia tra le prime a partire con il farmaco innovativo, ma solo nel pubblico

La Regione recepisce la determinazione Aifa sulla terapia biologica innovativa ma lascia fuori, per il momento, i centri con le casistiche più alte. Una patologia nascosta, fortemente invalidante nelle forme moderate-gravi e che necessita di un approccio multidisciplinare organizzato per essere individuata e curata

13 NOV - È cominciato da Milano il viaggio di Quotidiano Sanità nel mondo della governance regionale della Dermatite Atopica (DA), una patologia infiammatoria cronica che, nelle sue forme moderate-gravi, è realmente invalidante sia dal punto di vista fisico sia, forse anche in misura maggiore, psicologico. La DA moderata-grave è una patologia infiammatoria caratterizzata da lesioni della cute che possono coprire la maggior parte del corpo, spesso accompagnate da secchezza, ferite essudanti e prurito intenso e persistente, uno dei sintomi più difficile da sopportare per i pazienti.
A causa del prurito e delle lesioni, spesso localizzate in zone sensibili e visibili, la dermatite atopica compromette pesantemente la qualità di vita dei pazienti, con disturbi del sonno e un aumento di sintomi di ansia e depressione.
 
E sebbene l’esatta epidemiologia non sia del tutto chiara, nelle diverse forme di gravità la dermatite atopica colpisce in Italia un numero significativo di persone: circa il 2-5% della popolazione in età adulta. Una recente indagine sui centri di dermatologia italiani ha individuato circa 30 mila pazienti seguiti, di cui circa 8 mila presentano la malattia in forma grave.
 
Esiste dunque un sostanziale “sommerso”, di difficile e spesso ritardata diagnosi, che tuttavia per i numeri e le correlazioni, patologiche e non, che esprime, ha indotto l’Aifa ad inserire il primo farmaco biologico realmente efficace e disponibile da poche settimane nel nostro paese, tra quelli innovativi non oncologici.
Una “certificazione”, se così possiamo definirla, che impone alle Regioni tutta una serie di azioni concrete che vanno dalla semplice comunicazione alla ben più complessa individuazione dei centri dermatologici che saranno deputati alla presa in carico dei pazienti con DA e alla terapia con il nuovo farmaco.
 
All’incontro di Milano, organizzato da Quotidiano Sanità nell’ambito di un più ampio progetto di inchiesta sul territorio denominato “Idea” (Informare per conoscere la dermatite Atopica) sostenuto da Sanofi Genzyme, hanno partecipato clinici, pazienti e rappresentanti del mondo istituzionale lombardo da un lato per fare il punto sulla generale consapevolezza e conoscenza di questa patologia così impattante e dall’altro per confrontarsi insieme sulle eventuali criticità e opportunità che il sistema sanitario regionale registra per la presa in carico dei pazienti che ne sono affetti nella forma moderata o grave.
 
Al tavolo di confronto Paolo Pigatto, Direttore unità dermatologia Ao Galeazzi, Massimo Castoldi, Direttore sanitario Humanitas Gavazzeni, Antonio Costanzo, Responsabile dell’UO di dermatologia dell’Humanitas di Rozzano, Simona Tironi, Vice Presidente della III Commissione Sanità e politiche sociali della regione Lombardia, Francesca Attilia Brianza, Vicepresidente del Consiglio di Regione Lombardia e Lucia Cattani, rappresentante dei pazienti e portavoce di ANDeA, l’Associazione nazionale dermatite atopica.
 
L’incontro in Lombardia ha preceduto, peraltro, di poche settimane il provvedimento emanato dalla stessa Regione che in ottemperanza alla determina Aifa, ha stabilito il 10 ottobre scorso. “al fine di dare idonei strumenti di verifica e monitoraggio dell’appropriatezza per il farmaco, in ragione della collocazione del farmaco nel fondo dei farmaci innovativi”, di autorizzare, in prima istanza: “I medici specialisti delle strutture complesse e semplici di dermatologia delle strutture sanitarie pubbliche, in quanto il farmaco concorre alla spesa per il fondo nazionale dei farmaci innovativi non oncologici”.
 
Un provvedimento certamente atteso ma che, in buona sostanza, non sembra allineato con la realtà lombarda di cura e presa in carico dei pazienti con dermatite Atopica che, numericamente parlando, vengono seguiti anche e soprattutto da centri di altissima specializzazione del privato accreditato. Probabilmente, questo l’auspicio di alcuni partecipanti al tavolo, l’allocuzione “in prima istanza” contenuta nel provvedimento lascerebbe intendere, come osserva Antonio Costanzo che “la Regione abbia in animo di approfondire in un secondo momento il reale tessuto scientifico e assistenziale della presa in carico dei pazienti con Dermatite Atopica”.
 
Un auspicio parzialmente condiviso, o quantomeno interpretato in maniera meno ottimistica da Paolo Pigatto secondo cui “è quanto meno singolare che le strutture maggiormente impegnate in questo campo terapeutico siano al momento sostanzialmente escluse da ogni possibilità prescrittiva. Senza considerare” aggiunge “il disagio dei pazienti stessi che probabilmente dovranno essere dirottati verso altre strutture senza alcuna considerazione di quanto, per esempio, vista anche la natura stessa di questa patologia, sia importante il rapporto personale medico/paziente, cardine fondamentale della presa in carico e della continuità terapeutica”.
 
L’emanazione del provvedimento di recepimento della determinazione Aifa da parte di regione Lombardia non ha minato in alcun modo le considerazioni condivise in seno all’incontro di Milano. A cominciare dalle difficoltà e dai ritardi diagnostici per i quali, questa l’esperienza condivisa dai clinici, molti pazienti affetti da Dermatite Atopica credono di essere affetti da semplice allergia. Ma quando vi sono dieci o più positività ad allergenici, quella è dermatite atopica. Una patologia subdola che, a differenza di altre malattie dermatologiche che sono una risposta anti - infettiva, presenta la propria carta d’identità come malattia pro-infettiva poiché riduce la possibilità della pelle di combattere i batteri.
 
La difficile riconoscibilità della patologia porta quindi con sé una sottostima più che significativa dei volumi di soggetti interessati. E del resto è sulla stessa lunghezza d’onda l’esperienza dei pazienti molto spesso contraddistinta da smarrimento, dal difficile percorso che hanno fatto prima di arrivare a una diagnosi certa e, infine, dalla difficoltà di approdare a un punto di riferimento clinico in grado di accompagnarla nel percorso di cura. Non meno impattanti, poi lo stigma, l’isolamento e le quotidiane difficoltà - quando non è vero e proprio impedimento - per il lavoro.
 
Il tavolo di confronto ha quindi condiviso la profonda convinzione nel valore della sensibilizzazione, della comunicazione e dell’informazione della malattia, da attuarsi in modo quanto più capillare possibile su tutto il territorio lombardo. Peraltro nella convinzione comune di voler (e dover) dimostrare che Regione Lombardia sia ancora una volta di essere l’eccellenza sanitaria nel panorama nazionale.
Un impegno che tuttavia dovrebbe passare per una corretta quantificazione e geo-localizzazione  dei volumi reali ed attesi di presa in carico del paziente non disgiunti dalla qualità assistenziale offerta.
 
La convinzione espressa dai partecipanti, secondo cui l’Istituzione Lombarda non potrà - e non vorrà - meramente svolgere un atto formale d’individuazione dei centri in risposta ad un obbligo di legge, senza accompagnare tale atto ad una effettiva, integrata e multidisciplinare presa in carico del paziente, sembra scontrarsi con il provvedimento emanato dalla regioni pochi giorni dopo l’incontro di QS. Dinamiche tutt’altro che statiche per le quali, anzi, la sollecitazione motivata dei centri di eccellenza esclusi è in corso.

13 novembre 2018
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