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Nature. Ecco i 10 personaggi dell’anno, tra genoma, supervirus influenzale e terremoto de L’Aquila


La prestigiosa rivista scientifica ha stilato un elenco delle dieci più importanti storie di scienza del 2012, incarnate ognuna da un personaggio: oltre a fisici e ingegneri, anche diversi scienziati che si occupano di medicina e di accessibilità e riproducibilità della scienza. E un solo racconto scabroso, quello italiano.

20 DIC - Non è proprio una classifica, quanto più un elenco di Golden boys (and girls) che sono stati personalità importanti nella scienza nel 2012, non solo in senso positivo. Nature non si azzarda però a dire chi sia stato più o meno centrale nel dibattito scientifico: e come si potrebbe d’altronde scegliere tra chi ha annunciato la scoperta del bosone di Higgs, chi ha guidato il rover Curiosity su Marte e chi ha lavorato al sequenziamento genomico? In ogni caso, la copertina dell’importante rivista è dedicata questa settimana proprio alle dieci persone, o meglio alle dieci storie di dieci scienziati che sono state più centrali - nel bene e nel male - nell'ambito scientifico nel 2012. Nel gruppo c’è un posto d'onore anche per la medicina. E anche un po’ d’Italia.
 
Nell’anno in cui sono stati pubblicati i dati del progetto Encode, che ha svelato molti dei segreti del Dna non codificante, non poteva sicuramente mancare nella top 10 un personaggio che incarnasse la ricerca genomica. E infatti il più giovane tra gli scienziati nominati da Nature è Jun Wang, che a trentaquattro anni è a capo del Beijing Genomics Institute (Bgi), il più grande centro al mondo che si occupa di sequenziamento genomico, nato nel 1999 come parte dello Human Genome Project. Con più di 10 mila collaboratori e 128 tra i più innovativi strumenti per lo studio del Dna, l’Istituto può vantare per il solo 2012 più di 100 pubblicazioni. È anche uno dei principali attori del 1000 Genomes Project Consortium, il cui scopo è quello di scovare tutti i fattori genetici collegati in qualche modo alle malattie, comparando Dna provenienti da aree geografiche diverse. “Come uomo immagine dell’Istituto – scrivono di Wang su Nature – usa le sue energie e le sue battute simpatiche ma modeste per mettere in luce le ambizioni del Bgi, che sembrano includere il sequenziamento del genoma semplicemente di tutti gli organismi del pianeta”.
 
Ma Wang non è il solo scienziato che si occupa di medicina ad essere stato inserito nel gruppo. Di un altro scienziato infatti si è parlato moltissimo nel corso di tutto l’anno: Ron Fouchier, l’uomo che per primo ha annunciato di aver trasformato un normale virus di influenza aviaria H5N1 in un supervirus killer, capace di contagiare mammiferi (e dunque esseri umani) per via aerea. La ricerca di Fouchier e del suo team all’Erasmus Medical Center di Rotterdam, era rimasta inedita per diversi mesi, a causa delle preoccupazioni sollevate dal National Science Advisory Board for Biosecurity (Nsabb, organo statunitense che lavora per prevenire che la ricerca biotecnologica possa essere usata per scopi terroristici) statunitense e da parte del mondo accademico: alcuni scienziati avevano infatti paura che lo studio potesse finire nelle mani sbagliate, ed essere trasformato in un arma biologica. Tuttavia, a giugno, dopo una lunga discussione nel mondo accademico, la ricerca è stata pubblicata su Science, con il benestare dell’Oms che aveva  in qualche modo sostenuto l’utilità della ricerca. “L’unico modo per essere preparati è quello di conoscere il nostro nemico”, aveva più volte ripetuto Fouchier nelle interviste rilasciate durante il lungo periodo di stand-by per lo studio, alludendo al fatto che la ricerca potesse essere usata per prevenire la pandemia e non per farla scoppiare.
 
Oltre a questi due scienziati, a Rolf-Dieter Heuer - direttore del Cern di Ginevra al momento dell’annuncio della scoperta del bosone di Higgs da parte dei team dell'italiana Fabiola Gianotti e di Joe Incandela (stranamente nominati quasi solo solo di sfuggita da Nature) - e ad Adam Steltzner che ha guidato Curiosity su Marte, tra le personalità scelte dalla rivista troviamo: Jo Handelsman, la ricercatrice di Yale che ha stabilito in modo inequivocabile che a livello accademico il pregiudizio di genere esiste, in uno studio pubblicato su Pnas; Cédric Blanpain, ricercatore della Université libre de Bruxelles, che ha quest’anno affrontato e forse quasi risolto il dibattito sull'esistenza delle staminali tumorali, cellule che sosterrebbero la proliferazione tumorale; Cynthia Rosenzweig, che grazie al suo lavoro allo US Global Change Research Program aveva previsto con ben dodici anni di anticipo gli effetti che un uragano della portata di Sandy (che si è scagliato sulla costa est degli Stati Uniti tra la fine di ottobre e l'inizio di novembre) avrebbe potuto avere sulla città di New York; Elisabeth Iorns, ricercatrice del Dipartimento di Oncologia della Miller School of Medicine all’Università di Miami, per aver inventato la Reproducibility Initiative, metodo volto a testare la qualità di uno studio scientifico in base alla sua riproducibilità; Tim Gowers, definito da Nature addirittura "il seme del discontento", matematico dell'Università di Cambridge che ha dato il via al boicottaggio del publisher Elsevier per via degli abbonamenti troppo cari che non permettono alle informazioni scientifiche di circolare in ambiente universitario, iniziativa che ha aperto una importante discussione sulla scienza open access.
 
Come già accennato, però, anche l’Italia ha una presenza, seppure racconti una storia che non si può definire una pagina felice per il nostro paese: si tratta di Bernardo de Bernardinis, condannato a ottobre insieme ai membri della Commissione Grandi Rischi per il processo riguardante la comunicazione scientifica precedente al terremoto de L’Aquila del 6 aprile 2009. Durante il processo, conclusosi con una condanna a sei anni per aver dato “ informazioni inesatte, incomplete e contraddittorie” sul possibile rischio di nuove scosse dopo lo sciame sismico dei giorni precedenti al terremoto, De Bernardinis si era sempre detto innocente: “Se è vero che in quanto scienziato comprendo il linguaggio scientifico, la sismologia non è certo il mio campo”, aveva commentato allora. “Mi sono sempre affidato a quello che mi dicevano i sismologi, e ho sempre riportato senza distorsioni le loro parole”. Ma come fa notare anche Nature, “i sismologi non sono affatto d’accordo con questa affermazione”. La storia è sicuramente controversa, ma sia Nature che De Bernardinis – e anche noi – ci auguriamo che possa funzionare da monito per il futuro, e che possa portare finalmente a una gestione, della prevenzione e della comunicazione del rischio migliore nel nostro paese.
 
Laura Berardi

20 dicembre 2012
© Riproduzione riservata

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