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Ictus. Lavorare troppe ore a settimana aumenta il rischio. Gli esperti: “Non superare le 48 ore”

di Maria Rita Montebelli

Lo dimostra una ricerca pubblicata su Lancet svolta su oltre 600mila lavoratori. Una setttimana di 55 ore aumenta il rischio fino al 33% rispetto a chi lavora 35/40 ore. Tra le cause ipotizzate l'aumento delle cattive abitudini, come sedentarietà e dieta sbagliata. O anche perché si beve di più e altro ancora. E anche la salute del cuore ne può risentire

24 AGO - Lavorare troppo, aumenta il rischio di ictus. A stabilirlo è un importante studio pubblicato online first su Lancet che prende anche le misure a questo rischio. Una settimana lavorativa di oltre 55 ore, aumenta il rischio di ictus del 33%, rispetto a chi lavora 35-40 ore a settimana. Il superlavoro incide invece sul rischio di infarto in maniera modesta, aumentandolo di appena il 13%.
 
La ricerca, condotta da Mika Kivimäki, Professore di Epidemiologia presso lo University College London (Gran Bretagna) e colleghi, ha interessato oltre 600 mila persone, incluse in una revisione sistematica e in una metanalisi di tutti gli studi pubblicati fino all’agosto 2014, ma anche di dati personali non pubblicati, sull’argomento ‘ripercussioni cardiovascolari del superlavoro’.
 
In una prima tranche, sono stati considerati 25 studi per un totale di 603.838 persone di entrambi i sessi dall’Europa, Usa e Australia, con un follow up di circa 8,5 anni. Dall’analisi è risultato un aumento del 13% del rischio di cardiopatia ischemica (nuova diagnosi di coronaropatia, ricovero, morte) nei workaholic, quelli da 55 ore di lavoro a settimana in su, rispetto ai loro pari impegnati in settimane lavorative standard di 35-40 ore.  L’aumento di rischio permaneva anche dopo aver considerato altri fattori di rischio, quali età, sesso e stato socio-economico.
 
Sono stati quindi analizzati 17 studi, riguardanti in totale 528.908 persone di entrambi i sessi, seguite per una media di 7,2 anni. In questo modo è stato possibile evidenziare un aumento del rischio di ictus pari a 1,3 volte nei superlavoratori, che risultava indipendente dalla presenza o meno di altri fattori di rischio, quali fumo, consumo di bevande alcoliche, grado di attività fisica e fattori di rischio classici, quali ipertensione e ipercolesterolemia.
 
I ricercatori hanno dimostrato che più a lungo le persone lavorano, più aumenta il loro rischio di ictus; così, lavorare da 41 a 48 ore a settimana, aumenta il rischio di ictus del 10%, lavorare da 49 a 54 ore lo aumenta del 27% e oltre le 55 ore del 33%.
 
Non è noto quali siano le cause di ictus, sottese a questa associazione; probabilmente ritengono gli autori, un aumento dei comportamenti a rischio, quali maggior sedentarietà, maggior propensione all’abuso di bevande alcoliche, aumento dello stress per esposizione a trigger costanti.
 
“Mettere insieme tutta questa mole di dati – commenta il professor Kivimäki – ci ha consentito di portare alla luce questa associazione, con una precisione finora inedita. Gli operatori sanitari dovrebbero dunque prendere coscienza del fatto che il superlavoro rappresenta un fattore di rischio per ictus e in parte anche per coronaropatia”.
 
“Il superlavoro – scrive in un editoriale di commento il Urban Janlert del’università di Umeå (Svezia) – non è una condizione trascurabile. Tra gli stati membri dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), la Turchia è la nazione con il più alto tasso di lavoratori impegnati oltre le 50 ore a settimana (43%), mentre l’Olanda è il fanalino di coda con meno del’1%. In media, in tutti i Paesi OCSE il 12% degli uomini e il 5% delle donne lavorano più di 50 ore a settimana. Sebbene esista una direttiva UE del 2003 (EU Working Time Directive 2003/88/EC), che dà diritto alle persone di contenere la loro settimana lavorativa entro le 48 ore, questa non è implementata ovunque. Per questo sono così importanti i risultati di questo studio, che dimostrano come il superlavoro rappresenti un fattore di rischio soprattutto per lo stroke, ma forse anche per le malattie coronariche”.
 
Maria Rita Montebelli

24 agosto 2015
© Riproduzione riservata

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