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Zika virus: esplosiva epidemia ai Caraibi e in Brasile. Gli esperti sconsigliano alle donne in gravidanza di recarsi in queste aree

di Maria Rita Montebelli

E’ un virus sconosciuto ai più, che potrebbe mettere in ginocchio il turismo di Caraibi e Sud America. Trasmesso dalla puntura delle zanzare, si sospetta responsabile di microcefalia nel neonato se contratto dalla madre nel primo trimestre di gravidanza e potrebbe complicarsi negli adulti con una sindrome di Guillain Barré. I CDC di Atlanta stanno valutando se emettere un warning per i viaggi in queste zone per le donne in gravidanza

14 GEN - La buona notizia del giorno è che ‘Ebola is over’. Con la dichiarazione che la Liberia è un Paese ormai Ebola-free (l’ultimo caso è stato registrato 42 giorni fa) l’epidemia di Ebola in Africa Occidentale, che ha fatto registrare dal dicembre 2013 28.000 casi e 11.000 decessi in Liberia, Guinea e Sierra Leone è stata ufficialmente debellata. Ma per una buona notizia che arriva, se ne registra purtroppo un’altra non troppo simpatica.
 
Il New York Times del 13 gennaio anticipa infatti che i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) potrebbero a breve emettere un’allerta per le donne in gravidanza, sconsigliando loro di fare viaggi ai Caraibi o in Paesi del Sud America come il Brasile. Il motivo è un’esplosiva e insolita epidemia di Zika virus, un arbovirus trasmesso dalle zanzare (Aedes aegypti, la stessa che trasmette la febbre gialla), che può dare danni cerebrali nel neonato e gravi complicanze neurologiche nell’adulto.
 
Sarebbe la prima volta nella storia – fa notare il New York Times – che i CDC consigliano alle donne in gravidanza di evitare una determinata regione durante un’epidemia. Ma alcuni esperti in malattie infettive affermano che il warning dei CDC sarebbe assai auspicabile, per quanto le conseguenze sul turismo di questi Paesi potrebbero essere devastanti. Una decisione definitiva è attesa per questo fine settimana.
 
Lo Zika virus ha fatto la sua prima comparsa lo scorso maggio in Sud America. Di solito dà solo un po’ di febbre e un lieve rash cutaneo, ma se l’infezione viene contratta nel primo trimestre di gravidanza può danneggiare il cervello del neonato, provocando microcefalia.
 
Lyle R Petersen, direttore delle malattie trasmesse da vettori per i CDC ha comunicato che questo virus è stato ritrovato nel cervello di 4 neonati brasiliani, due nati con microcefalia e morti a breve distanza dal parto e altri due morti in utero. In precedenza, alcuni ricercatori brasiliani avevano isolato il virus nel fluido amniotico e nei tessuti di tre feti malformati.
 
Al momento il virus è stato isolato in 14 nazioni dell’emisfero occidentale – ricorda il New York Times – Brasile, Colombia, El Salvador, Guiana francese, Guatemala, Haiti, Honduras, Martinica, Messico, Panama, Porto Rico, Paraguay, Suriname e Venezuela.
 
Oggi il New England Journal of Medicine pubblica sull’argomento un commento di Anthony Fauci e David Morens (National Institute of Allergy and Infectious Diseases, Bethesda) che porta l’allarme ad un gradino più alto, paventando l’estensione dell’epidemia di Zika virus anche agli Stati Uniti e ricorda come negli ultimi vent’anni l’emisfero occidentale abbia dovuto fare i conti con 4 importanti e inaspettate malattie virali trasmesse da artropodi: la dengue (diventata un problema negli anni ’90), il virus del Nilo Occidentale (1999), la chikungunya (2013) e infine il virus Zika (dicembre 2015).
 
Gli arbovirus sono virus prevalentemente a RNA trasmessi da artropodi, soprattutto zecche e zanzare. Fino ad oggi soltanto pochi di questi virus erano noti patogeni per l’uomo (es. gli alfavirus trasmessi dalle zanzare, come il chikungunya e i flavivirus come la dengue e il virus del Nilo Occidentale). Storicamente, il più importante del gruppo è il virus della febbre gialla, responsabile di epidemie mortali di febbre emorragica.
 
Lo Zika è stato scoperto in Uganda nel 1947 e fino ad oggi è rimasto localizzato nella fascia equatoriale di Africa e Asia, circolando tra primati e zanzare arboricole, come la Aedes africanus. Rare sono state le segnalazioni di infezioni ‘spillover’ nell’uomo.
 
Per questo l’attuale epidemia di Zika virus ha colto tutti di sorpresa e desta preoccupazione per almeno due motivi. La prima è che fino ad oggi era nota la trasmissione attraverso la Aedes aegypti , ma gli esperti temono che lo Zika possa presto adattarsi ad essere trasmesso dalla A. albopictus (la zanzara tigre), una zanzara molto più diffusa in almeno 32 stati USA.
 
La seconda è che finora si riteneva che nell’uomo questo virus potesse causare solo una malattia simil-dengue, leggera e non preoccupante. E invece, dati provenienti dalla Polinesia francese hanno documentato una concomitante epidemia di 73 casi di sindrome di Guillain-Barré e si teme che questa possa essere una complicanza portata dallo Zika virus. Ancor più preoccupante, come visto, è l’epidemia di neonati microcefali registrata in Brasile (la CNN riporta 2.400 sospetti casi di microcefalia in 20 stati brasiliani nel 2015, contro i 147 del 2014, ovvero un aumento di incidenza di 20 volte dal 2014 al 2015) e che viene attribuita allo Zika virus contratto dalla madre nel primo trimestre di gravidanza. Una prova definitiva non esiste e non era noto che gli arbovirus potessero avere effetti teratogeni, ma intanto alcune autorità sanitarie hanno cominciato a sconsigliare viaggi nelle regioni interessate dall’epidemia alle donne in gravidanza.
 
Non esistono ancora test commerciali per diagnosticare l’infezione da Zika virus. In più, dato che lo Zika è strettamente correlato alla dengue, ci possono essere cross-reazioni negli esami sierologici. La PCR (polymerase chain reaction) sarebbe un test di certo più affidabile, ma al momento non sono disponibili test specifici per lo Zika.
 
Il trattamento dei casi non complicati consiste in riposo a letto e terapia di supporto. Non esiste un vaccino. La più efficace misura di prevenzione rimane dunque prevenire di essere punti dalle zanzara. O rimanere a casa e rinunciare ai Caraibi, fin dopo la gravidanza.
 
Maria Rita Montebelli

14 gennaio 2016
© Riproduzione riservata

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