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Ricerca sul cancro: la grande guerra degli Usa. Da Nixon a Obama, 45 anni di investimenti 

di Maria Rita Montebelli

La lotta al cancro è uno dei fiori all’occhiello della ricerca stelle e strisce e a scendere in campo sono stati ben due presidenti: Nixon e Obama. Ma nel 2016 restano ancora tanti gli obiettivi da centrare: dalla riduzione delle disparità nell’accesso a cure e prevenzione, al coordinamento di tutti gli sforzi di ricerca per evitare ‘doppioni’ inutili e dispendiosi, realizzando al contempo una sinergia di tutti gli attori coinvolti 

06 APR - Era il 1971 quando Richard Nixon lanciava la campagna ‘War on Cancer’. Un presidente degli Stati Uniti per la prima volta nella storia dichiarava guerra al cancro. E da allora, di questa guerra sono state vinte tante battaglie, con il risultato che i tassi USA di mortalità per il cancro si sono ridotti del 23% negli ultimi 25 anni. Merito di cospicui investimenti in ricerca clinica, di base ed epidemiologica e dei conseguenti progressi nel campo della prevenzione e della diagnosi. Ma la gente di cancro continua ad ammalarsi. E a morire.
Anche per questo, a distanza di 45 anni da quella dichiarazione di guerra, un altro presidente degli Stati Uniti, Barack Obama e il suo vice Joe Biden, tornano a invocare una call to action contro questo male, fatto di cento malattie diverse, che alla fine di quest’anno si sarà portato via 600.000 americani, 1.600 al giorno.
 
“Riteniamo – scrivono sul New England Journal of Medicine Douglas R. Lowy e Francis S. Collins rispettivamente del National Cancer Institute (D.R.L.) e dei National Institutes of Health – che i tempi siano maturi per una rinnovata levata di scudi contro il cancro, perché grazie alla coalescenza delle nuove scoperte scientifiche e delle innovazioni tecnologiche, le prospettive di successo sono oggi le maggiori di sempre”. A dare un’accelerazione notevole in questo senso sono stati gli strumenti e le tecnologie derivanti da Human Genome Project, i dati del Cancer Genome Atlas e gli studi che hanno chiarito una volta per tutte che il cancro è una malattia del genoma.
 
Conoscere le mutazioni alla base di un particolare tumore è infatti ormai più importante che sapere da qualche organo quel dato tumore ha avuto origine. E sebbene ogni tumore rappresenti un unicum da un punto di vista molecolare, ad essere ripetutamente colpite sono sempre alcune vie in particolare. “Tutto ciò – ricordano i due scienziati – ha consentito di progettare e di utilizzare una nuova generazione di farmaci indirizzati proprio contro questi pathway”.
 
Un’altra area di ricerca in rapida evoluzione  non guarda direttamente al tumore, ma al suo microambiente cioè alle cellule stromali e a quelle immunitarie, che hanno una grande influenza sulla progressione del tumore. E finalmente, dopo decenni di ricerca, l’immuno-oncologia è diventata una realtà clinica, grazie agli inibitori dei checkpoint immunitari e alle terapie ‘CART’ (chimeric antigen receptor T-cell), in grado di indurre remissioni anche in forme di melanoma, leucemia e linfoma resistenti al trattamento come anche nei tumori della mammella tripli negativi, nel mesotelioma, e nei tumori di ovario, polmone e rene in stadio avanzato.
 
Di certo, i progressi della terapia dovranno andare di pari passo con quelli nel campo della prevenzione, degli screening e della diagnosi precoce. E la nuova ‘guerra al cancro’ lanciata da Obama mira proprio a fare la differenza in queste aree, partendo da due priorità assolute: aumentare le risorse a disposizione contro il cancro e abbattere i ‘silos’ esistenti, per mettere insieme tutta la comunità impegnata nella lotta al cancro. Una speciale Task ForceCancer Moonshot’ trasversale a molti dipartimenti e guidata dal Vice Presidente Biden è appunto impegnata in questo immane sforzo di coordinamento.
 
Anche i fondi destinati a questa ‘guerra’ sono imponenti: i National Institutes of Health nell’anno fiscale 2017 riceveranno ulteriori 680 milioni di dollari da destinare alla ricerca sul cancro; a questi si aggiungeranno anche altre risorse provenienti dall’FDA. La prossima estate il National Cancer Advisory Board deciderà a quali filoni di ricerca destinare il grosso di queste risorse; alcune delle possibili aree sono i vaccini, le tecnologie per la diagnosi precoce, le analisi genetiche da singola cellula, l’immunoterapia, la facilitazione del data sharing e i tumori pediatrici.
 
Saranno inoltre valutate nuove opportunità di collaborazione tra le agenzie governative e settori pubblici e privati. Verrà inoltre considerata l’ipotesi di istituire un Exceptional Opportunities in Cancer Research Fund per finanziare ricerche in aree considerate attualmente ‘intrattabili’.
“Un simile investimento – spiegano gli scienziati – aiuterà a far sì che gli scienziati più creativi del nostro paese abbiano a disposizione  le risorse necessarie per perseguire indagini, che potrebbero portare a delle grandi scoperte”.
 
Un ulteriore obiettivo di questa grande iniziativa, affidato alla leadership della Cancer Moonshot Task Force, è quello di superare le barriere che ostacolano la collaborazione e la condivisione delle informazioni tra i vari gruppi di ricerca. I Cancer Genomic Data Commons e i Cancer Genomics Cloud Pilots del National Cancer Institute stanno studiando nuove modalità per facilitare il data sharing, nuovi algoritmi, software e tutto quanto possa facilitare questo compito.
 
Un altro impegno preso da Biden è quello di assicurare che tutti i cittadini americani, poveri o abbienti che siano, abbiano accesso alle cure oncologiche più moderne, così come agli screening e alla prevenzione.
 
Un punto fermo di questa iniziativa – concludono gli esperti – è insomma quello di ispirare una nuova generazione di visionari americani, capace di sfidare i confini delle conoscenze attuali sul cancro. Sguinzagliare  i talenti della comunità scientifica, fornendo loro un importante e costante flusso di risorse dovrebbe permettere alla ricerca biomedica di accelerare i progressi nella lotta contro il cancro”.
 
Maria Rita Montebelli

06 aprile 2016
© Riproduzione riservata

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