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Nuovo stop payback farmaceutica territoriale e ospedaliera. Tar Lazio sospende i provvedimenti 2013/2015. Chiesta relazione dettagliata all’Aifa con i calcoli e gli importi per ogni azienda. Nuova udienza a luglio 2017

di C.F.

Pubblicate diverse ordinanze con cui sono state accolte le istanze cautelari presentate da altrettante aziende farmaceutiche. I ricorrenti accusavano l’Aifa di aver ripetuto gli stessi errori e le illegittimità che avevano portato all’annullamento dei provvedimenti di payback del 2013. Aifa avrà tempo fino al 31 marzo per rifare i calcoli. Nuova udienza fissata a luglio 2017. In ballo circa 600 milioni di euro ancora da incassare sul totale di 1,5 miliardi di payback. UNA DELLE 25 ORDINANZE "FOTOCOPIA"

16 SET - Nuova tegola sul payback farmaceutico. Questa volta si tratta di quello relativo agli anni dal 2013 al 2015 per un totale di 1,5 miliardi (di cui ne risultano già incassati poco meno di 900 e circa 600 ancora da incassare) contro il quale hanno fatto ricorso diverse aziende farmaceutiche alle quali il Tar Lazio, sezione terza quater, ha accolto l'istanza cautelare ordinando all’AIFA di fornire una “dettagliata relazione istruttoria a firma del Direttore Generale”, relativa alla specifica posizione debitoria delle aziende ricorrenti, “in cui si dia esplicitamente conto dell’importo del budget assegnato all’impresa per ciascuna delle annualità rilevanti così come dell’entità del ripiano (territoriale e/o ospedaliero) ad essa addebitato, delle modalità del suo calcolo e dei dati e dei documenti su cui detto calcolo si è basato”.
 
Il Tar ha dato tempo all'Aifa fino al 31 marzo del prossimo anno e fissato una nuova udienza per l'11 luglio 2017 e fino ad allora non sapremo che fine faranno quei 600 milioni di payback ancora da incassare.
 
Ma vediamo cosa hanno detto nel dettaglio i giudici del Tar nelle diverse ordinanze (sostanzialmente analoghe) che pongono un nuovo macigno sulla strada del payback farmaceutico.
 
I ricorrenti chiedevano l’annullamento degli atti adottati dall’AIFA l’8 luglio scorso relativi al ripiano per lo sfondamento della spesa farmaceutica ospedaliera e territoriale del periodo 2013/2015.
 
In particolare, come si legge in una delle ordinanze pubblicate che qui riportiamo in allegato, imputando all’Aifa di aver ripetuto “quasi interamente gli errori e le illegittimità già accertate dai competenti organi giurisdizionali in occasione del contenzioso originatosi a seguito delle richieste di ripiano del preteso sfondamento della spesa farmaceutica ospedaliera e territoriale relativa all’anno 2013 inviate dall’AIFA alle aziende farmaceutiche interessate nei mesi di ottobre/novembre 2014 e conclusesi con sentenze di annullamento delle predette richieste con sentenze del TAR Lazio, non appellate ed oramaipassate in giudicato”.
 
A fronte di questa richiesta il Tar Lazio ha deciso di accogliere l’istanza cautelare, sospendendo gli effetti del provvedimento Aifa, “nei limiti di cui al decreto monocratico del 3 agosto 2016 n. 4346 e cioè ai fini del versamento delle somme già iscritte nel proprio bilancio per le causali indicate nella contestata deliberazione dell’AIFA, qualora parte ricorrente non vi abbia già provveduto”.
 
Inoltre i giudici, “considerate le contestazioni di parte ricorrente circa la correttezza dei calcoli eseguiti dall’AIFA e dei dati posti a fondamento della quantificazione (per gli anni 2013, 2014 e 2015): a) della complessiva spesa farmaceutica (territoriale e ospedaliera); b) della individuazione del tetto di spesa farmaceutica; c) del “budget” assegnato a ciascuna azienda (ex art. 21 d.L. n. 113 del 2016); d) della misura dello sfondamento del tetto individuale”, ha rilevato che al riguardo “non sono stati forniti puntuali elementi istruttori da parte dell’Amministrazione, sufficienti a comprovare l’esattezza dell’importo preteso verso l’azienda ricorrente”.
 
Per questo il Tar ha chiesto all’Aifa “una dettagliata relazione istruttoria (da depositare entro il 31 marzo 2017 con esame da parte del Tar nella seduta programmata per l11 luglio 2017 ndr.) a firma del Direttore Generale, relativa alla specifica posizione debitoria” delle singole aziende ricorrenti “in cui si dia esplicitamente conto dell’importo del budget assegnato all’impresa per ciascuna delle annualità rilevanti così come dell’entità del ripiano (territoriale e/o ospedaliero) ad essa addebitato, delle modalità del suo calcolo e dei dati e dei documenti su cui detto calcolo si è basato”.
 
Per il momento nessuna reazione uffciale da parte dell'Aifa, anche se questa nuova infornata di ordinanze ne mette ovviamente in discussione l'operato ancora una volta. A "difesa" dell'Agenzia va però sottolineato che, alla fine, delle 418 aziende titolari di AIC coinvolte nel contestatissimo payback 2013, in pochissime hanno corretto i loro dati di spesa. Il che sembra dimostrare che in realtà tutti questi errori non siano stati commessi.
 
Ma in ogni caso ora l'Aifa dovrà riprendere in mano l'enorme massa di dati e riprodurre i calcoli per ogni singola azienda cercando di fornire maggiori dettagli e delucidazioni come richiesto dal Tar Lazio. Una richiesta incontestabile ma che certo rappresenta solo un tassello del problema del payback farmaceutico. E neanche quello più importante.
 
Perché il vero nodo che sta ostacolando e mettendo a rischio la stessa finalità del payback non sta nei meccanismi di calcolo, considerando che la procedura applicativa è estremamente complessa e qualche decimale può anche sballare, il problema è che il sistema nato nel 2007 per creare una corresponsabilizzazione virtuosa delle aziende al rispetto dei tetti di spesa farmaceutica, evitando interventi tranchant sui prezzi, come si era sempre fatto fino ad allora, può reggere solo se i tetti di spesa oltre i quali scatta il payback sono realistici.
 
Con i tetti attuali, soprattutto quello ospedaliero che viene sistematicamente sottostimato di quasi il 50%, è evidente che, più che di corresponsabilizzazione delle aziende, si può ormai parlare di un vero e proprio cofinanziamento forzato a posteriori.
 
Di fronte a questa realtà la via italiana alla soluzione del problema appare ancora una volta tortuosa e indiretta. Anziché affrontare di petto la questione dei tetti, si svicola verso il cavillo giuridico (anzi aritmetico) con il risultato di mandare tutto in caciara e con il rischio che, alla fine, qualcuno penserà che la soluzione del tutto sia quella di tornare al taglio dei prezzi, costi quel che costi.
 
Cesare Fassari

16 settembre 2016
© Riproduzione riservata

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