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Il caffè allunga la vita. I risultati di uno studio su mezzo milione di europei, italiani compresi

di Maria Rita Montebelli

Sono le conclusioni alle quali è giunto un ampio studio osservazionale pubblicato su Annals of Internal Medicine, realizzato dallo IARC e dall’Imperial College di Londra, che si è avvalso dei dati dello studio EPIC. La ricerca ha anche evidenziato che chi beve caffè ha una migliore funzionalità epatica, immunitaria e un miglior controllo glicemico. Spetterà ora a studi di intervento stabilire la ‘dose’ giusta per ottenere l’effetto allunga-vita. Per ora gli esperti consigliano di attenersi ad un moderato consumo, pari a circa tre tazze di caffè al giorno

11 LUG - Chi beve in media tre caffè al giorno potrebbe vivere più a lungo di chi non ama questa bevanda. A suggerirlo è uno studio appena pubblicato su Annals of Internal Medicine che è anche il più ampio mai realizzato finora sull’argomento.
 
Il lavoro, firmato da ricercatori dell’International Agency for Research on Cancer (IARC) e dell’Imperial Collegedi Londra e finanziato dal Directorate General for Health and Consumers della European Commission e dallo IARC, ha preso in esame i dati di oltre mezzo milione di persone, residenti in dieci diverse nazioni europee, per valutare se il consumo di caffè fosse legato in qualche modo al rischio di mortalità. Il risultato è stato che il chi consuma più caffè presenta un ridotto rischio di mortalità per tutte le cause, ma in particolare per quella cardiovascolare e per la mortalità causata da patologie del tratto digerente.
E si tratta certo di buone notizie, considerato il fatto che ogni giorno nel mondo si consumano 2,25 miliardi di tazze di caffè.
 
La bevanda nera contiene numerosi principi attiviin grado di interagire col nostro organismo: non solo caffeina, ma anche anti-ossidanti e diterpeni.
Gli studi condotti finora sull’argomento  hanno dato risultati contrastanti ma questo appena pubblicato è il più vasto di tutti e dunque quello più vicino di tutti a dare risposte definitive. I risultati sulla riduzione di mortalità sono stati coerenti per tutti i tipi di caffè considerati (anche se certo tra un espresso napoletano e un caffè tedesco le differenze non sono poche).
 
“Abbiamo riscontrato – afferma il principale autore dello studio, il dottorMarc Gunter dello IARC – che un maggior consumo di caffè si associa ad un rischio inferiore di mortalità da tutte le cause e in particolare da malattie cardiovascolari e del tratto digerente. Questi risultati sono sostanzialmente gli stessi in tutte e dieci le nazioni europee coinvolte in questo studio, a prescindere cioè dalle diverse abitudini rispetto al consumo e alla preparazione del caffè. Questa ricerca ha fornito inoltre degli interessanti spunti sui possibili meccanismi alla base dei benefici del caffè per la salute”.
 
Sono stati utilizzati i dati dello studio EPIC(European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), relativi a 521.330 persone dai 35 anni in su residenti in 10 nazioni dell’Unione Europea, comprese Italia, Gran Bretagna, Francia e Danimarca. Le abitudini dietetiche delle persone sono state esplorate mediante questionari e interviste. Il consumo più elevato di caffè è stato registrato in Danimarca (900 ml/die); quello più basso, per quanto riguarda le quantità, in Italia (92 ml/die). I più forti bevitori di caffè erano in genere più giovani, fumatori, consumatori di bevande alcoliche, mangiavano più carne e meno frutta e vegetali. Insomma non erano esattamente dei campioni di dieta sana e di stile di vita.
 
Dopo 16 anni di follow up, in questa grande coorte di pazienti sono stati registrati circa 42.000 decessi (attribuiti a varie condizioni, dal cancro alle patologie cardio e cerebro vascolari). Dopo gli adeguati aggiustamenti statistici relativi a dieta e abitudine tabagica, i ricercatori hanno evidenziato che i soggetti con il più alto consumo di caffè presentavano il rischio più basso di mortalità per tutte le cause, rispetto ai non bevitori di caffè e che anche il caffè decaffeinato presentava questo effetto protettivo.
 
In un sottogruppo di 14.000 soggetti sono stati analizzati anche dei biomarcatorimetabolici e questo ha consentito di appurare che gli amanti del caffè presentavano in genere un fegato più sano e un miglior controllo glicemico dei non bevitori di caffè. “Bere maggiori quantità di caffè si associa ad una funzionalità epatica e ad una risposta immunitaria migliori – spiega Gunter – e questo fornisce ulteriori prove (che si aggiungono ai risultati di studi simili condotti in Usa e in Giappone) degli effetti potenzialmente benefici del caffè sulla salute”.
 
“Questi risultati – commenta il professor Elio Riboli, direttore della School of Public Health dell’Imperial College e iniziatore dello studio EPIC – si aggiungono ad una mole crescente di prove che dimostra come bere caffè non solo è sicuro, ma può addirittura avere un effetto protettivo per la salute. E i risultati di questo ampio studio europeo confermano quanto trovato da precedenti studi condotti in altri Paesi”.
 
Sarà adesso interessante andare a vedere quale (o quali) delle sostanze presenti nel caffè è responsabile di questi effetti protettivi. Anche perché, per quanto interessanti, questi risultati derivano da uno studio osservazionale e non di intervento, con tutte le limitazioni del caso.
“Visti i limiti di questo studio – conclude Gunter – non possiamo ancora raccomandare alla gente di bere una quantità maggiore o minore di caffè. Detto ciò, questi risultati suggeriscono che un consumo moderato, intorno alle tre tazze al giorno, non è dannoso per la salute e che anzi, incorporare il caffè nella dieta, potrebbe avere effetti positivi per la salute”.
 
Maria Rita Montebelli

11 luglio 2017
© Riproduzione riservata

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