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Terapia genica. Dall’Italia le “pallottole molecolari” contro le mutazioni di splicing


Fibrosi cistica, ma anche atrofia muscolare spinale ed emofilia B: tutte patologie causate dallo stesso tipo di alterazione genetica. Come trattarle attaccando al DNA genico alterato un piccolo frammento di RNA, specifico per quella data mutazione e capace di correggerla. Lo studio da Trieste.

02 MAR - Un unico tipo di difetto genetico può essere presente in numerose malattie, e concorrere alla loro nascita e diffusione. Ad esempio, un particolare esempio di alterazione genetica, detta ‘mutazione di splicing’, è presente nei pazienti affetti da fibrosi cistica, ma oltre a questi riguarda anche persone affette da diverse altre malattie genetiche, come l’atrofia muscolare spinale (Sma) e l’emofilia B.
Uno studio finanziato dalla Fondazione Italiana per Ricerca sulla Fibrosi Cistica e dalla Fondazione Telethon, e coordinato da Franco Pagani del Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologie (Icgeb) di Padriciano-Trieste ha però dimostrato le potenzialità di un intervento terapeutico proprio contro questo tipo di mutazione, che modifica la forma e le caratteristiche delle proteine codificate dai geni che ne sono affetti. Lo studio che ne parla è stato pubblicato su Human Molecular Genetics.

“Un gene con sequenza normale del DNA sintetizza la proteina normale di cui è responsabile; un gene mutato produce invece una proteina alterata (o non la produce affatto) e questo può tradursi (a seconda del tipo di gene) in  sintomi di malattia”, ha spiegato Gianni Mastella direttore scientifico della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica. “Ci sono mutazioni particolari dette ‘splicing’ che intervengono nel meccanismo per cui il gene si priva di alcuni tratti della sua sequenza e unisce insieme i rimanenti: questi sono quelli capaci di tradurre il suo specifico messaggio e predisporre così la sintesi della proteina di cui è responsabile. Nel caso della fibrosi cistica, questa proteina si chiama CFTR ed è deputata ad assicurare la giusta idratazione di molti organi. Se lo splicing è alterato, può succedere che vengano persi anche tratti  importanti di sequenza, perché impropriamente eliminati, e perciò la proteina che ne deriva risulta alterata. Nella fibrosi cistica le mutazioni splicing sono circa il 12% di tutte quelle conosciute”. 
I ricercatori hanno dimostrato che si può attaccare la malattia accostando ad uno specifico segmento del DNA genico un piccolo frammento di RNA, già definito dagli scienziati ‘pallottola molecolare’, con assoluta specificità per quella mutazione  splicing  (è chiamato “Exon Specific U1 snRNA” o  “ExSpeU1”). Si tratterebbe in sostanza di una particolare forma di terapia genica. L’importanza della scoperta sta anche nel fatto che le mutazioni di splicing sono responsabili di altre malattie genetiche  oltre alla fibrosi cistica e che, in alcune di queste, i ricercatori  hanno provato che l’inserimento di ExSpeU1 può funzionare. Si è così aperta una strada assolutamente nuova e inedita nella ricerca di base grazie ad una strategia terapeutica che può correggere il difetto genetico direttamente nella cellula, consentendo così al gene di  mantenere l'intero sistema naturale di regolazione, diversamente da quello che rischia di avvenire con la classica terapia genica.

L’importanza della scoperta sta anche nel fatto che le mutazioni di splicing sono responsabili di altre malattie genetiche oltre alla fibrosi cistica e che, in alcune di queste, i ricercatori  hanno provato che l’inserimento di ExSpeU1 può funzionare. Si tratta di malattie severe come l’atrofia muscolare spinale e l’emofilia B. “Ma l’elenco potrebbe anche allungarsi in futuro, perché il bersaglio di queste che potremmo definire vere e proprie ‘pallottole molecolari’ è un meccanismo cellulare fondamentale, lo splicing, che risulta compromesso in tantissime patologie di origine genetica”, ha commentato Pagani.
E infatti, il prossimo step sarà quello di studiare l'intero gene identificando un piccolo RNA per ogni gruppo di mutazioni genetiche di splicing. “Dovremo perfezionare ulteriormente questa tecnica e verificarne l’efficacia anche in  modelli animali di queste malattie, veicolando i piccoli RNA attraverso vettori virali, come AAV (Virus Adeno-Associati)”, ha concluso il ricercatore. “Potenzialmente sono davvero tante le patologie di origine genetica dovute a problemi di splicing: la nostra speranza è quindi quella di mettere a punto una strategia non solo mirata ma anche ad ampio raggio d’azione”.

02 marzo 2012
© Riproduzione riservata

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