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Sostenibilità o insostenibilità del Ssn? Le conclusioni dell'indagine alla Camera

di Ivan Cavicchi

Il documento sulla sostenibilità del Ssn redatto dalle commissioni Bilancio e Salute della Camera offre di fatto giustificazioni alle future politiche del governo. Dal nuovo sistema di ticket a franchigia proposto da Agenas, all'incentivo di quei fondi integrativi che, per loro stessa ammissione, potrebbero determinare "una differenziazione delle tutele offerte dal sistema”

21 MAG - La commissione “Bilancio/Salute” della Camera, istituita un anno fa per indagare sulla sostenibilità del sistema sanitario, come un collettore che raccoglie le acque piovane, ha fatto il pieno ed ora si offre traboccante come una acquasantiera per benedire e giustificare le politiche, presumo, del governo. Quando fu istituita mi permisi di sollecitare una definizione di “sostenibilità”. Spiegai la mia richiesta dichiarandomi dubbioso sulle definizioni assolute degli economisti e dei contro riformatori, sottolineando che non si può dare sostenibilità senza moralità, senza governabilità, senza politiche per il lavoro, cioè spiegai che un sistema sanitario corrotto, disorganizzato, malgovernato, regressivo, è automaticamente insostenibile. (QS, 15 giugno 2013).

Poi fu la volta del Senato, che per non restare indietro, istituì a sua volta una commissione di indagine analoga. In questo ultimo anno entrambe le commissioni hanno convocato i tradizionali “porci e cani” nel senso che hanno ascoltato tutti i rappresentanti formali della sanità ma non per questo ascoltando tutta la sanità (QS 24 giugno 2013). In pratica ad essere convocato tanto alla Camera che al Senato, fu “il senso comune” della sanità e proprio in ragione di ciò, mi permisi di avvisarli sul rischio che correvamo di beccarci l’ennesimo “topolino” partorito da una montagna ormai tutt’altro che primipara anche se piuttosto attempata. Ma non sono stato ascoltato almeno a giudicare dal documento licenziato ora dalla commissione della Camera per la discussione finale.

In questo documento si continua a non definire la sostenibilità ma quel che è sicuro è che il “senso comune” raccolto dal cielo piovoso della sanità ci viene riproposto come tale cioè “senso comune” ma questa volta organizzato come un pacchetto di giustificazioni offerte alle future politiche del governo. Quasi fosse un via libera. Quindi titolo V, sanità territoriale, deospedalizzazione, ticket a franchigia calcolata in percentuale del reddito, defiscalizzazione dei fondi integrativi e delle polizze assicurative. Il tutto immerso nella retorica del valore insostituibile del Servizio sanitario nazionale, della spesa sanitaria bassa rispetto l’Europa, del rischio di compromettere la qualità delle prestazioni se si taglia troppo, della governance garantita a suon di standard, ecc. L’unica eccezione, che personalmente apprezzo, è una velata resipiscenza sui costi standard che secondo la commissione rischiano di essere un problema se non calcolati nel modo giusto e mettendoci dentro tutto quello che andrebbe messo dentro. Come del resto avevamo detto anche noi in diverse occasioni( QS 2 agosto 2013).
 
Signori parlamentari alla fine della vostra eroica impresa ciò che di concreto viene fuori è solo una surrettizia giustificazione istituzionale alla franchigia sui ticket (proposta Agenas), e la defiscalizzazione dell’assistenza integrativa. In pratica ci state dicendo senza avere il coraggio di dirlo chiaramente che la sanità è “relativamente insostenibile” (senza che si sappia cosa sia la sostenibilità) per cui bisogna integrare i finanziamenti pubblici con quelli privati e quindi con un nuovo sistema di ticket e di mutue integrative. Ma lo sapete o no che defiscalizzare le mutue significa togliere soldi al sistema pubblico cioè incentivare con i soldi pubblici dei sistemi sanitari corporativi che si sostituiranno per certe tutele a quelle pubbliche lasciando indietro i più deboli? Personalmente trovo ambiguo, sostenere da parte vostra che “si potrebbe incentivare la sanità integrativa, con il vantaggio di diminuire il numero di prestazioni erogabili dal sistema” e nello stesso tempo avvertirci che bisogna tenere conto dei “diversi profili problematici, atteso che i fondi, per come attualmente composti, potrebbero dar luogo ad una segmentazione della popolazione protetta, determinando una differenziazione delle tutele offerte dal sistema”.
 
Scusate ma se prima avete inneggiato all’universalismo della sanità pubblica e gli “effetti collaterali” dei fondi integrativi sono così nefasti proprio per l’universalismo, perché mai non dite chiaramente, una volta tanto, che sono sconsigliati?

Ivan Cavicchi  

21 maggio 2014
© Riproduzione riservata


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