Il nuovo Piano di Azione Nazionale per la Salute Mentale 2025-2030 (Pansm) è pronto per l’intesa in Conferenza Unificata. Si tratta di un documento ampio e articolato, frutto del lavoro del Tavolo Tecnico istituito dal Ministero della Salute e, soprattutto, dopo la presentazione della prima bozza lo scorso luglio, di un lungo percorso di confronto con le Regioni, che hanno fatto sentire con forza la propria voce, ottenendo l’inserimento di diverse modifiche e integrazioni.
Un passaggio cruciale, che conferma la volontà di costruire una visione condivisa e realmente operativa per affrontare le complesse sfide legate alla salute mentale nel nostro Paese.
Il Pansm nasce con l’intento di superare le disomogeneità territoriali e ridefinire l’approccio alla salute mentale attraverso una prospettiva “One Mental Health”, che integra aspetti sanitari, sociali, ambientali ed educativi.
Accogliendo le richieste delle Regioni, è stato rafforzato l’impianto territoriale e integrato del Piano: il documento ribadisce il valore del modello dipartimentale integrato e inclusivo, ma precisa – su indicazione regionale – che nelle Regioni dove sono presenti Dipartimenti autonomi per le Dipendenze è necessario garantire protocolli interdipartimentali, per evitare frammentazioni nella presa in carico dei pazienti.
Inoltre, è stata chiarita la competenza regionale sull’organizzazione dei servizi, sottolineando che eventuali indicazioni nazionali possono essere formulate solo in presenza di una piena condivisione. Un modo per tutelare le specificità locali senza rinunciare a una cornice comune.
Uno degli ambiti dove le Regioni hanno inciso con maggiore decisione è quello delle dipendenze patologiche. I tecnici interregionali hanno ottenuto l’introduzione di un nuovo paragrafo che sottolinea l’importanza di prevedere un Piano d’Azione nazionale integrato per le dipendenze, da aggiornare periodicamente, e la valorizzazione dei Pdta (Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali) condivisi tra Dipartimenti di Salute Mentale, Dipendenze e Neuropsichiatria Infantile.
Inoltre, è stato completamente riscritto l’inquadramento epidemiologico delle dipendenze con dati aggiornati al 2024. Rispetto al testo originario, che riportava dati superati o non omogenei, il nuovo testo integra le cifre della Relazione al Parlamento 2025, inclusi: la diminuzione dell’uso di cocaina tra i minori (1,8%); la stabilità dell’uso di oppiacei (1,2%); l’aumento delle segnalazioni per reati droga-correlati tra i minori; e l’incremento dei pazienti in carico ai SerD, saliti a oltre 134.000 nel 2024. È stato inoltre eliminato un passaggio allarmistico sui danni cerebrali legati all’uso di sostanze, in quanto privo di riferimenti scientifici precisi.
Un’altra correzione importante riguarda la definizione del disagio giovanile. Le Regioni hanno chiesto, e ottenuto, la rimozione o revisione di alcuni passaggi dove si assimilava il disagio giovanile a disturbi mentali veri e propri.
Nel nuovo testo viene chiarito che il disagio – fatto di crisi identitarie, difficoltà relazionali, isolamento, uso occasionale di sostanze – non equivale a una patologia psichiatrica, e non può essere trattato unicamente con strumenti clinici. Richiede invece risposte educative, familiari e comunitarie. Un richiamo importante contro la patologizzazione eccessiva della sofferenza adolescenziale.
Accolta anche la proposta regionale di rafforzare la rete di psichiatria forense, con l’istituzione di referenti e equipe forensi presso i Dipartimenti di Salute Mentale, e l’obbligo di predisporre un Progetto Terapeutico Individuale Condiviso (Ptic) per i soggetti autori di reato, spesso affetti da doppia diagnosi.
Viene inoltre ampliata la sezione dedicata alle Rems, alla programmazione dei posti letto e alla presa in carico integrata con i servizi per le dipendenze e la giustizia minorile.
Rispetto al testo iniziale, viene chiaramente recepita l’indicazione nazionale sulla figura dello psicologo di assistenza primaria, con l’obiettivo di offrire interventi psicologici precoci, brevi e diffusi sul territorio, accessibili a tutti senza passaggi ospedalieri.
Sul fronte della formazione, le Regioni hanno chiesto – e ottenuto – l’inserimento di un passaggio che impegna il Ministero a creare percorsi strutturati e riconosciuti nel campo delle dipendenze, coinvolgendo non solo medici, ma anche infermieri, riabilitatori ed educatori professionali.
Uno degli ultimi punti sollevati dalle Regioni è la mancanza di indicazioni sulle risorse. Il documento originario non prevedeva una dotazione economica dedicata per l’attuazione del Piano, ma le Regioni hanno sottolineato che senza fondi certi, anche le migliori strategie rischiano di restare lettera morta.