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Il nostro viaggio nelle professioni sanitarie. I Fisioterapisti, intervista al Presidente Piero Ferrante

di Lorenzo Proia

Il presidente sul futuro Ordine: “La Commissione di albo nazionale non ha fatto che prendere atto di un percorso che, prima di noi, l’AIFI e l’intero mondo professionale dei Fisioterapisti hanno inseguito per decenni. Non si tratta di una rivendicazione o di una distinzione, ma di uno strumento di rappresentanza di circa 70 mila professionisti su tutto il territorio nazionale. La fisioterapia è un pilastro importante del SSN ed è pronta a recitare il proprio ruolo”.

10 DIC - Prosegue il nostro viaggio tra le 19 professioni sanitarie, oggi è la volta del Presidente Piero Ferrante, della cda nazionale dei Fisioterapisti all’interno della FNO TSRM e PSTRP.

Presidente Ferrante, partiamo dal Covid-19 e dalle sue conseguenze. Come si è modificato il lavoro del Fisioterapista in questo lungo periodo pandemico?
Prima di tutto, mi consenta un appello: è indispensabile vaccinarsi. Serve alla propria salute, a quella delle persone con cui abitualmente viviamo e, poi, c’è una dimensione di responsabilità collettiva che è innegabile. Riguarda la possibilità di cura e prevenzione, che questo ripetersi di ondate mettono a dura prova. Vaccinarsi è anche un modo bello per dire grazie a tutto il personale sanitario in prima linea, che ormai sente la fatica di questo lungo periodo e, con franchezza, rivendico tolleranza zero nei confronti dei professionisti sanitari “no-vax”.

E, tornando appunto alla domanda iniziale, come è cambiata la vostra professione?
In alcuni settori è cambiata radicalmente, non solo per la necessità di proteggere assistiti e professionisti, ma perché, in alcuni casi, è stata proprio la riabilitazione a pagare le conseguenze della riorganizzazione degli spazi e delle attività nelle strutture, anche a causa della preoccupazione dei cittadini nell’accesso ai servizi: abbiamo dovuto reinventarci spazi e modalità anche nuove.

Si è, poi, aperto un nuovo fronte di operatività, che solo adesso stiamo iniziando ad esplorare ed è il Long Covid, ovvero le conseguenze a lungo termine della pandemia, che lascia profonde tracce nel fisico (e non solo) di coloro che riescono ad uscirne. La frontiera non è solo quella dei vaccini e delle cure, ma anche della riabilitazione rispetto a queste nuove forme di patologie.

C’è però in questo scenario una ulteriore prospettiva positiva che voglio cogliere ed è l’avvio sempre più strutturato della teleriabilitazione, con la sperimentazione in alcuni territori di percorsi riabilitativi a distanza: segna un importante passo per i professionisti e per il nuovo rapporto tra questi e le persone assistite che diventano, a loro modo, soggetti protagonisti del progetto riabilitativo a distanza.

Siamo a quasi trent’anni dalla pubblicazione del DM 741/94, che individua la figura ed il relativo profilo professionale del Fisioterapista: la vostra professione come cambia ancora?
La professione del Fisioterapista, grazie alla competenza ed alla formazione costante dei colleghi, è in continua evoluzione, perché ha sempre come parametro la salute dei cittadini: il Fisioterapista è un professionista sanitario che si mette al servizio della collettività e vuole essere dialogante con le Istituzioni sanitarie locali, regionali e nazionali.

In ossequio al suo mandato istituzionale, c’è un grande impegno della Commissione di albo nazionale per essere attivamente partecipe a tutti i tavoli che in questo momento si stanno aprendo e la professione ad un coinvolgimento sempre più attivo, non solo nel prestare l’attività, ma nel proporre le nuove sfide che la riabilitazione e la prevenzione oggi ci presentano.

Accanto a questo, va indubbiamente riconosciuta l’attenzione che il Legislatore ha, negli anni, riservato alle professioni sanitarie, evidenziata anche nei Piani sanitari ove ci si orienta sempre di più verso la fase riabilitativa e preventiva.

La fine della ausiliarietà, con la legge 42/99, rispetto ad un sistema gerarchizzato, ha liberato risorse e competenze: nessuna contrapposizione, ma neanche rendite di posizione, ormai antistoriche. I Fisioterapisti offrono e chiedono rispetto e leale cooperazione a tutti gli altri professionisti sanitari, a partire dal Medico, allo Specialista, ai colleghi delle altre aree sanitarie e professionali.

Il Fisioterapista è visto spesso come un’attività individuale, ma la sanità moderna si orienta sempre più verso il lavoro di équipe. Intravede contrapposizioni tra queste due letture?
In verità, soprattutto nelle strutture ad alta specializzazione, il Fisioterapista opera già nelle équipe riabilitative, insieme ad altre figure, dagli specialisti ai colleghi dell’area infermieristica. La sfida, adesso, è nel consolidare il lavoro di équipe sul territorio, anche, magari, con modalità diverse.
Sempre ricollegandomi agli effetti propositivi che il Covid impone di considerare, aggiungo che la professione è particolarmente lieta di questa nuova valorizzazione della dimensione territoriale, che è realmente accanto alle esigenze dei cittadini e garantisce una continuità e una complementarietà di approcci, anche insieme ad altre professioni dell’area riabilitativa. Non dobbiamo temere né innovazioni né contaminazioni, perché la sfida del lavoro all’interno di un team esalta i contributi specifici.

Veniamo al Fisioterapista di comunità: è una nuova professione? O un modo nuovo di organizzare la vostra attività?
Con ogni evidenza, non si tratta di un nuovo profilo professionale, ma di un ambito di valorizzazione stabile delle competenze del Fisioterapista rispetto alla dimensione territoriale e di prossimità di cura, riabilitazione e prevenzione, ben prevista anche dal PNRR.

Vale proprio il ragionamento che si faceva prima in relazione al lavoro di équipe: il Fisioterapista non più un “solista chiamato alla bisogna”, ma un professionista che coopera, all’interno di un team, soprattutto negli ambiti sempre più rilevanti della cronicità e delle cure domiciliari.

Parliamo di formazione universitaria.
La sfida della formazione universitaria, ormai non è possibile nasconderlo, si chiama “ciclo unico”. La salute dei cittadini e l’organizzazione di una riabilitazione moderna chiedono che, con tutte le cautele del caso, si proceda verso il superamento del classico percorso triennale, pensando ad una laurea magistrale a ciclo unico anche per i Fisioterapisti. Contiamo molto sul lavoro in sinergia con il mondo accademico, con il quale è iniziato, da subito, un proficuo confronto.

Accanto a questo, potranno (anzi dovranno) svilupparsi percorsi formativi che valorizzino competenze professionalizzanti o manageriali a seconda dei casi e delle necessità, ma è l’intero percorso formativo che deve crescere, naturalmente insieme alla formazione continua, essenziale per non sclerotizzare la professione.

Sulla formazione continua, il ruolo di promozione affidato agli Ordini delle professioni sanitarie, che viene proprio dal portato della legge 3/2018, è importante perché una professione cresce solo se crescono tutti i professionisti e se questi si formano e si aggiornano: serve per una migliore qualità del lavoro e per una competenza e responsabilità sempre più al passo con le richieste di salute che dai cittadini, giustamente, provengono.

Infine, non possiamo che venire all’Ordine autonomo dei Fisioterapisti che avete chiesto al Ministero. A che punto questo complesso percorso?
La Commissione di albo nazionale, devo evidenziarlo per correttezza, non ha fatto che prendere atto di un percorso che, prima di noi, l’AIFI e l’intero mondo professionale dei Fisioterapisti hanno inseguito per decenni.

Non si tratta di una rivendicazione o di una distinzione, ma di uno strumento di rappresentanza di circa 70 mila professionisti su tutto il territorio nazionale. La fisioterapia è un pilastro importante del SSN ed è pronta a recitare, accanto agli altri Ordini delle professioni sanitarie e a tutti i professionisti della salute, il proprio ruolo. Non vogliamo contrapposizioni, anzi proprio l’istituzione dell’Ordine dei Fisioterapisti consentirà al Ssn un equilibrio nella rappresentanza delle diverse professioni sanitarie.

Ora è all’attenzione del Ministro la bozza quasi finale del decreto ministeriale istitutivo: sono certo che, una volta emanato, anche qualche tensione che si è creata sarà stemperata. Tutti dobbiamo impegnarci in tal senso, a livello centrale e nei territori, perché gli Ordini sono strumenti essenziali se dialogano e cooperano.

Lorenzo Proia

Leggi le interviste precedenti: Audiometristi (Cino); Perfusionisti (Scali); Tecnici di neurofisiopatologia (Broglia); Podologi (Cassano); Terapisti occupazionali (Della Gatta); Tecnici ortopedici (Guidi); Ortottisti (Intruglio); Tecnici della riabilitazione psichiatrica (Famulari); Audioprotesisti (Gruppioni); Assistenti sanitari (Cavallo); Dietisti (Tonelli); Terapisti della Neuro e Psicomotricità dell’età evolutiva (Bonifacio); Igienisti dentali (Di Marco); Tecnici della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro (Di Giusto); Educatori professionali (Riposati); Logopedisti (Rossetto); Tecnici sanitari di laboratorio biomedico (Stanziale); TSRM (Galdieri)

10 dicembre 2021
© Riproduzione riservata

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