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La sanità secondo Meloni

di Antonio Panti

17 OTT -

Gentile direttore,
la montagna ha partorito il topolino: il Governo ha espresso il suo parere sulla sanità pubblica, lo ha scritto a chiare lettere nel documento politico più importante, la manovra di bilancio. Prima di parlarne teniamo presenti le parole del premier, che in sanità più che le risorse disponibili conta il modo con cui si spendono. La sintesi tra finanziamento e suo buon uso si ravvisa compiutamente nella destinazione delle risorse impegnate nella manovra.

Intanto le risorse sono assai scarse, il Ministro voleva quattro miliardi ne avrà a mala pena uno. E le Regioni, comprese quelle dei partiti al Governo, che ne pensano? Non importa essere esperti per capire che, data l’inflazione, il confronto col 2017 in termini assoluti è fuorviante e sbagliato. Se i costi di gestione del servizio aumentano, basti pensare alla bolletta della luce, e il finanziamento scende rispetto al PIL, il deficit delle aziende non potrà che aumentare, i giochi di prestigio cozzano con la realtà.

Tuttavia è encomiabile voler affrontare la questione delle liste d’attesa che, però, si debellano con una riorganizzazione complessiva del servizio non solo retribuendo di più il personale. Autorevoli interventi, anche su QS, hanno dimostrato che la lunghezza delle liste non dipende dal comportamento dei medici che debbono sì essere pagati meglio, a livello europeo, ma non per questo si rimedia alla carenza di personale, all’aumento della domanda, alle disfunzioni delle ASL.

E poi un’osservazione: nel territorio che succede? E l’accordo dei medici generali? E le case di comunità, cadute sotto la scure della riduzione del PNRR? Come si ridurranno le liste d’attesa in una sanità sempre più ospedalocentrica?

E’ evidente la voglia di soluzioni alla lombarda, ovvero di appaltare, chiavi in mano., spezzoni di servizio al privato. Nella manovra si prevede che una buona parte delle risorse destinate alla riduzione delle liste d’attesa sia utilizzata per incrementare i tetti di spesa del privato!

Per fortuna, annuncia felice Salvini, è stato mantenuto il finanziamento per il Ponte sullo Stretto, così i pazienti potranno più celermente raggiungere gli ospedali del nord dalla disastrata Sicilia.

Ormai la strada è tracciata. Fatalmente diminuiranno i LEA e soldi pubblici saranno destinati a compensare gli investitori privati. Come garantire l’uguaglianza dei cittadini se, inoltre, si sommano i guasti del regionalismo differenziato? Dati i costi incrementali delle innovazioni in medicina, guai ai poveri ma i ricchi non staranno meglio.

Preoccupa l’indirizzo politico che emerge, uno strano mix tra liberismo trionfante, residue istanze sociali, populismo e rigore nei conti, un linguaggio confuso che appanna e sfoca i grandi valori dell’universalità del diritto e dell’uguaglianza delle prestazioni.

La FNOMCeO ha organizzato un importante convegno sulla sanità pubblica e comincia a muoversi un’estesa reazione dell’opposizione, dei grandi sindacati e di molteplici forze sociali che si somma alle grida di dolore che quotidianamente provengono dai medici e dagli esperti. Riusciremo a salvare questa grande conquista di civiltà che è il servizio sanitario nazionale?

La tutela dei beni pubblici esprime il livello di cultura civile di un popolo e sostanzia le idee politiche della classe dirigente. Il Parlamento, luogo principe del dibattito democratico, è del tutto esautorato da questa manovra: il Governo ha candidamente detto che non vuole emendamenti. Per salvare la sanità occorre incidere sul potere, il che è più difficile se non ci sono idee da cambiare. Il movimento dal basso che comincia a delinearsi appare l’unico tentativo concreto per ricuperare un servizio acciaccato ma tuttora valido.

Antonio Panti



17 ottobre 2023
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