Medico di medicina generale, di cosa parliamo?
di Ciro Brancati
27 FEB -
Gentile Direttore, sono stato medico di base/ famiglia/medicina generale, per scelta, per oltre 40anni. Oggi sono in pensione, ma continuo ad amare un mestiere che, insieme a tanti colleghi, ho dato un contributo, sia pur minimo, a trasformare in una disciplina specialistica con un suo corpus didattico (dove lo si può studiare oggi?) una sua formazione specifica (oggi, diversa per ogni regione), una sua ricerca (“Lost in translation”). Questo fa sì che mi senta in diritto di scriverle.
Addolorato per lo stato confusionale dei troppi che dissertano di riforma della medicina generale colpiti da amnesia selettiva del principio dal quale origina la figura del medico di base nella legge 833. Uno sguardo al “Libro Bianco sui princìpi fondamentali del SSN”, edito nel 2008 dalla Luiss, Centro di ricerca sulle amministrazioni pubbliche, potrebbe aprire squarci in quel manto nero che avvolge la memoria di costoro.
Ricordo a me stesso che il Servizio Sanitario Nazionale concretizza l’articolo 32 della Costituzione, altrimenti solo utopica dichiarazione di intenti. Ancor più, recepisce il concetto di Salute, che deriva dalla dichiarazione OMS: non più mera assenza di malattia, ma possibilità per ogni persona di vivere una vita dignitosa. Ricordo, ancora a me stesso, la dichiarazione di Alma Ata sull’assistenza primaria del 1978, quella sì pura dichiarazione di intenti, che definì compiti e competenze recepiti dal nascituro SSN. Non più solo cura della malattia, ma presa in carico della Salute di ogni persona.
Nasce la medicina di “base” del SSN che si incarna nel medico di fiducia e, soprattutto, di libera scelta (oggi negata dalla carenza di MMG) del cittadino, che assisterà nel suo percorso di vita. Compiti e competenze diverse e decisamente “culturalmente” più complesse quelle richieste al “Medico di Base”, rispetto ad un “Servizio di Medicina Generale” che si candida ad essere un mero gestore di risorse e fornitore di prestazioni. La differenza sta proprio in quel “prendersi cura”. Difficilmente misurabile e, al contrario, facilmente banalizzabile da chi ne ignora il significato e ne svaluta l’importanza. “Prendersi cura” non è definizione retorica, psicologica, romantica, ma si concretizza in innumerevoli interventi che hanno peso nel quotidiano delle persone.
Concludo, chiedendomi, da ex medico di famiglia e da vecchio: possibile prescindere dai princìpi fondanti del SSN per ridurre la riforma della Medicina Generale in una discussione contrattuale? Ben altre le domande che dovrebbero precederla. Quali compiti e competenze dovrà avere il “mio” medico? In quale modello culturale dovrà operare, umanistico o neoliberista? Dovrà essere medico per la Salute o medico della Malattia. Dovrà farsi carico dei miei problemi o, unicamente, fornirmi prestazioni? Solo a questo punto, ritengo, dovrebbe cominciare una discussione su quale possa essere il rapporto lavorativo più appropriato.
Lo stallo in cui si trova la medicina generale oggi ha cause antiche e molti responsabili. I politici, fuor di dubbio, ma anche troppi rappresentanti istituzionali della medicina generale conniventi quando non asserviti ai governi di turno. Tutti quei MMG che non hanno consapevolizzato e difeso il valore del ruolo “culturale” che avevano da svolgere. Infine, i cittadini stessi che ritengono che i diritti non hanno necessità di essere riaffermati, rivendicati, difesi in ogni tempo, soprattutto, oggi.
Ciro Brancati Medico in pensione
27 febbraio 2025
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Lettere al direttore