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Infermieri. Pro o contro la nostra Presidente. Non c’è nulla di male a parlarne

di Marcella Gostinelli

22 GIU - Gentile Direttore,
sorpresa dal silenzio dei colleghi dirigenti sulle considerazioni fatte in questi giorni anche sul suo quotidiano, ho provato a cercare, nel sito ufficiale dell’Ipasvi, note di riflessione o risposte alle critiche poste, ma non ho  trovato niente. Non amo i social network e quindi non li frequento; , ma cercando su Facebook la cosa si è fatta invece interessante ed alla fine ho potuto prendere atto di come funziona il processo di discussione, condivisione e divulgazione fra  gli infermieri e la Presidente e Senatrice Silvestro.
 
Ho letto tanti post di infermieri ricchi di parole affettuose a sostegno della Presidente/Senatrice. Ho trovato una Presidente prossima alla Sua comunità, una Senatrice vicina al suo popolo anche quando questo la criticava aspramente per il disegno di legge sul ricambio generazionale accusandola  di aver voluto solo occupare e mantenere una poltrona e non di pensare agli infermieri; in questo caso la Presidente ha mostrato indulgenza verso quei colleghi e si è  prodigata in un processo educativo, propedeutico alla comprensione di quanto era in discussione.
 
Fra questi c’è stato anche chi l’ha  offesa, chi l’ha  minacciata di non pagare più l’iscrizione al Collegio, come se l’essere iscritti al Collegio fosse un favore che fanno solo alla Presidente e non anche alla professione ,a loro stessi ed ai cittadini; ma in questo caso si intuiva chiaramente  il  rammarico di colui o colei che minacciava di non pagar più “l’affitto” perché la casa che occupa  non può più contenerlo/a , suo malgrado. Questa vicinanza, questa comprensione, in prima lettura, mi ha fatto piacere, mi ha messo nella condizione di sentirmi nel posto giusto; contenta di averlo trovato, il posto giusto, ho cercato di trovare conferme o smentite e quindi opinioni argomentate sulla leadership dirigenziale, sul progetto di evoluzione  della professione, sul demansionamento, sulla decapitalizzazione del lavoro, sui quesiti posti da Chiara D’Angelo su infermieristicamente, sull’invito di Andrea Bottega a parlare di Noi, a confrontarsi, insomma su argomenti caldi che dovrebbero interessare prioritariamente , oggi, la professione infermieristica e chi la rappresenta. Non ho invece trovato nulla nel merito, nessuna discussione, nessuna dichiarazione solo ringraziamenti per l’informazione che la Senatrice sembra  divulgare puntualmente  sul suo operato politico.
 
Ho invece trovato  colleghi indispettiti dagli articoli del  prof. Cavicchi, di alcuni Presidenti di Collegio che hanno manifestato, secondo loro, profondo, strisciante o sottile dissenso; indispettiti dall’operato di un sindacato che offre opportunità di dialogo, di discussione aperta, leale e che per questo talvolta ha  accolto pareri  critici  nei confronti della dirigenza; colleghi dirigenti arroganti nei confronti di altri infermieri che nei post dichiarano di avere un intimo dissidio o di non approvare quanto è stato proposto, deciso e fatto dalla Presidente/Senatrice; colleghi così indignati da usare un linguaggio scritto pieno di livore, fanatico contro “quei 4 gatti”, cosi li definiscono, che “sparlano  per avere solo un po’ di notorietà”.
 
Di fronte a questo svelato  fatto, ma soprattutto osservando che quel  linguaggio aggressivo, apparteneva anche ad alcuni dirigenti aziendali ho provato una profonda delusione e sconforto, mi sono percepita  a disagio, una di “quei 4 gatti”, straniera in casa propria. Avrei voluto intervenire per dire la mia a “quello “ o “quella” infermiera, dirigente, di turno ,ma non ci sono riuscita, non mi sono sentita autorizzata a farlo.
Io credo che se tutti gli infermieri leggessero  quei commenti, alcuni, forse, ne uscirebbero confusi perché intimamente combattuti fra contrastanti e concomitanti sentimenti: quello di stima e gratitudine per ciò che è stato fatto finora dalla Presidente Silvestro per la professione e quello che si permette oggi  avvenga e quello che non si fa più; si ha la   brutta sensazione reale di essere il bersaglio di messaggi comunicati da un potere assoluto (quello dirigenziale) a chi si crede non debbano mediarli (gli infermieri), e non è appunto  una bella sensazione perché è come se chi comunica pensasse che né fattori psicologici, né le relazioni, né lo spirito critico siano elementi significativi di mediazione tra il messaggio e la coscienza del recettore.
 
Il non essere liberi di esprimersi su di una proposta o di proporla, senza per questo essere considerato un “dissidente”, o “uno” per forza ed in assoluto, “contro”, isola, aliena, e per la paura di ritrovarsi fuori  dalla comunità i più deboli rischiano di rispondere in modo meccanico, acritico, agli stimoli provenienti dai messaggi.
Io sento che l’Infermiere coscienzioso moderno è in preda ad una crisi  di appartenenza; a monte di essa, ad una crisi di senso complessiva che investe il suo darsi forma come infermiere,il suo operare, il suo essere rappresentato ed il suo rappresentare, la sua mentalità di servizio, il suo servire, il suo relazionarsi con un medico sempre meno influente.
 
Questa crisi rende l’infermiere moderno perplesso, confuso,incapace di discriminare e di decidere, e non perché lo sia in assoluto, ma perché sconfortato dalla sensazione della vanità e dell’inutilità di qualsiasi cosa.
Generalizzando e nella generalizzazione si penalizza sempre qualcuno e me ne scuso, io credo che tale situazione sia dovuta ad una dirigenza aziendale, apicale ed intermedia, assente da troppi anni per gli infermieri che pensano a curare e che non hanno cercato il potere relazionale; assente per quegli infermieri che ancora non si rendono conto che “non sono infermieri  oggi”, o se ne rendono conto, ma hanno paura a dimostrarlo oppure non sanno come altro fare; assente per i neolaureati che vengono subito   assorbiti da organizzazioni e modelli inadeguati e per sopravvivere si adeguano; assenti per quegli infermieri anziani e poco scolarizzati, anziani e scolarizzati; assenti sia sul piano del pensiero, sia operativo,sia su quello delle emozioni e dei sentimenti; presenti invece per un oggettivismo di sistema che tende a recidere il legame necessario fra essi ed il mondo; presenti alla cultura dell’atomismo che fa si che gli individui si sentano soli e incapaci di comunicare, perché meno si sa e più facile è decidere se si deve decidere; presenti in un sistema sempre più rarefatto di relazioni dove si tende a smarrire il senso di ciò che si fa e dell’unità con tutto. Sembra che gli infermieri , per la dirigenza, non siano elementi in relazione con il tutto; il tutto sono già loro, i dirigenti appunto.
 
Se questo è vero, e se ci si rende conto di questo, si accentua il senso di estraneità, di alienazione, di forzata solitudine dell’infermiere generalista ma anche dello specialista che verrà e del neolaureato , di quello anziano non scolarizzato o scolarizzato, ma anziano;  perciò, questi,  non possono   sentirsi parte di una  unità organica,  la professione infermieristica tutta: pubblica, privata, giovani, vecchi, scolarizzati, non scolarizzati, tirocinanti,dottori magistrali, collegi, sindacati, presidenti e senatori. La professione infermieristica è culturalmente tutto questo variegato mondo  e di  questo si deve tenere conto per andare avanti in maniera organica ed armonica. Inutile dare oggi ogni responsabilità al sindacato quando non si è mai fatto nulla in questi due ultimi anni  perché questo agisse per la professione e non solo  per i pareggi di bilancio ; ma nelle riunioni sindacali ci sono solo i sindacati o anche i dirigenti infermieristici? E dai coordinamenti regionali che sostegno, che contributo fattivo arriva? Chi c’è nei coordinamenti regionali? Quante volte incontrano, visitano i colleghi nelle linee operative per saperne di più e meglio ?
Il soggettivismo estremo che nasce dalla  tracotanza del potere dirigenziale  , voluto da tutti Noi per crescere , per uscire dal mestiere, conduce  oggi ,invece, allo scetticismo, al senso di isolamento, al disincanto, al demansionamento, alla decapitalizzazione del lavoro.
 
Una dirigenza oggi e da molto tempo, ormai   incapace di porsi in maniera serena , accogliente, armoniosa davanti alla bellezza del mondo infermieristico cosi come oggi non è ,ma come dovrebbe finalmente essere.
La società dirigenziale a tutti i livelli , genericamente intesa,  è chiusa nel suo mondo, sembra aver trascurato  il suo “sé” individuale, non ha evidentemente considerato per molto tempo “alcuni doveri” nei confronti di se stesso individuo, fra i primi  e più importanti quello della cura dell’anima, cura che consiste innanzitutto” nell’essere un uomo di società gradevole” e che “non annoi, prima di tutto, se stesso”( A.F. Knigge, sulle relazioni tra gli esseri umani, Cap “ La confidenza con sé, 1788) “ guai a chi non coltiva il suo proprio io”, sostiene Knigge, “preoccupandosi di cose estranee e diventando straniero in casa propria”.
 
A questa dirigenza cosi attenta ad occuparsi di ciò che è estraneo ad essa ,ad occuparsi delle  professioni “altre “e degli obiettivi “altri “( DG, Governatori, politici) dovrebbe accadere quello che è accaduto a Bettina von Armin ( Il carteggio di Goethe con una bimba, 1807) quando si guardò allo specchio per la prima volta e sentì battere il suo cuore , anche contro la sua volontà, amore (di sé) a prima vista; questo dovrebbe accadere alla dirigenza infermieristica, in modo da poter ritrovare le forze da dedicare e donare agli infermieri anche e soprattutto a quelli che, come diceva la collega  su Facebook   a chi inveiva contro la Silvestro , ” sono ignoranti, non sanno  neanche leggere quanto è scritto sul disegno di legge”. Chi avrebbe dovuto avere  la motivazione professionale ed il dovere etico di  rendere competente, consapevole quell’ignorante? Chiederei alla collega dirigente indignata da tanta ignoranza fra gli infermieri.
 
Oppure dovrebbe accadere a chi, fra i dirigenti infermieristici, organizza convegni, autoreferenziali, sull’assistere oggi,  ed invita la Presidente e Senatrice Silvestro e non invita il Presidente del Collegio locale; perché non hanno sentito il bisogno di rispettare chi, fra gli infermieri, crede in quella carica istituzionale?  Tutti quegli infermieri che ci credono e si sono chiesti: ”come mai non c’è il Presidente del nostro  Collegio?”, fanno bene o male a chiederselo? E poi ci si lamenta perché gli infermieri, alcuni, ancora non hanno capito l’importanza dei Collegi-Ordini e sono ignoranti; quegli infermieri che pagano la tassa annuale e che ci credono e li riconoscono una  istituzione importante per la professione infermieristica  devono essere rispettati . Dovrebbe , quindi,   accadere,di innamorarsi di sé, a chi pensa che  “chi dissente, correttamente o scorrettamente, specialmente se riveste una carica di rappresentanza, debba essere ignorato, ignorando e non rispettando  cosi anche tutti quegli infermieri che non sanno cosa è accaduto e perché”. Se c’è scorrettezza accertata  si dice e si rende nota ,altrimenti, eticamente si va avanti  e le simpatie o le antipatie si lasciano a chi non ha da rapportarsi con i cittadini malati o no. Chi può sentirsi rappresentato da dirigenti che  non soffrono disagio  di fronte a questi limiti personali e non  li supera?
 
Qualcuno  potrebbe obiettare che l’amore per sé la dirigenza ne ha anche troppo; risponderei che quello, quello che appare oggi, è brama di sé, un amore in sé, egocentrismo puro; quando il sé è chiuso in se stesso si autorelaziona e diventa autoreferenziale. Chi si ama invece rende possibili le relazioni con gli altri, ma quando ci si deve fare carico solo di ovvietà e non si ha nessuna altra necessità che quella di perpetuare convinzioni, tradizioni, poteri, rigidità non serve relazionarsi né con sé né con altri.
Io credo che: o Silvestro riuscirà a cambiare il cammino infermieristico moderno tenendo conto della cultura  originaria liberale della professione,  propria di ogni infermiere non contaminato, e quindi attuerà un progetto di cambiamento che interessi prima di ogni altro e di ogni altra cosa la Dirigenza, oppure condurrà altri ciechi e tutti cadranno prima o poi nel fossato.
 
Ma perché ciò avvenga , bisogna che “i ciechi riconoscano di non essere in grado di vedere e bisogna che si affidino alla guida di coloro che vedono, posto che ve ne siano e che ve ne siano disposti a sobbarcarsi tale onere” ( G.Bettetini,2014).
 
Difficile” essere infermieri oggi”, dico al  Prof. Cavicchi, perché penso che  non piaccia a nessuno diventare il Giordano Bruno della professione  infermieristica, neanche a chi la ama tanto.
 
Marcella Gostinelli

Infermiera, Dirigente sanitario

22 giugno 2014
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